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SoleE Meditazione INTRODUZIONE LaMagia Si Ha Quando Sei Dentro Una Trinità , quando hai un cuore chepulsa tra lo ying e lo yang , tra il bene ed il male tra gli angeli ei demoni . Ad esempio ora ho fatto un pò di meditazione è uscito ilsole ma per un pò dopo che me ne sono accorto non ero più unatrinità ed il sole è andato via .... Ma quando sei consapevole diessere un essere divino e cerchi la trinità nulla ti può fermaretranne il diavolo ed i demoni , allora in quel momento la tuamente è offuscata dai pensieri dal passato e dal futuro megliovivere sempre nel presente e godersi questo Sole!!!! Questoè l'esempio di come una cosa come la magia può essere insitanell'uomo essere sciolti e assolti allo stesso tempo ti fa meditaremeglio quante volte nella nostra quotidianietà facciamo delle coseche riusciamo a superare giorno per giorno , affiniamo sempre di piùla tecnica dallo stare davanti a un computer a cucinare un piatto dipasta cosi dovremmo fare anche nel nostro mondo interiore . Lafelicità si ottiene alla fine quando ci libereremo del nostro corpomateriale ed è per questo che Tutti Noi abbiamo una Missione , nonsiamo qui per caso ;il nostro obbiettivo è farci questo viaggio perpoi tornare nelle mille Fantasie Di Una Sorgente....essere alcospetto di Dio che ti farà vedere i tuoi momenti filosofici estrategici della tua vita...se ne potrebbe parlare molto di questo cisarà qualcuno che ci giudicherà là fuori nel mondo eterno? Abbiamocostruito dei credo per convivere con qualcosa che forse è piùgrande di noi ,abbiamo dovuto creare di nuove le barriere comepossono essere il sapere esoterico ed il sapere essoterico ?odobbiamo far si che la risposta di dio sia dentro di noi Come stavodicendo noi tutti abbiamo un compito non ci possiamo affidare al Casose no sarebbe un illudevole anarchica pazzia. Bisogna salire pianpiano qualche gradino per essere una vera divinità se no i conti conDio ed il tuo Karma ti fanno allontanare dal tuo obbiettivo di Vita...ok per questo penso che Per arrivare alla vera sorgente percompiere nuovi lavori nella tua prossima vita Tu debba essereveramente Pronto. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Solo Interrompendo il dialogo interiore con se stessi Si Può trovare la Sorgente Ovvero Dio Fedelissimo Sole Quando Medito Tu Esci , quando esco Tu Risplendi!!!! Namastè Provare amore incondizionato per la Natura, e una saggia strada per incominciare ad essere Divini Eroin meditazione quando Dissi a Brahamn Il Padre tu sei sulle vette dell'himalaya sei in tutto , come devo fare adesso? Devi Operare con il Fuoco disse Brahaman !!! Ilfuoco che avvalora la tua Virtù ,il fuoco che forgia dall'essere materiale a quello spirituale profumo d'incenso sei vuoi è qui conte il fuoco che trasforma tutto in oro della mente ... non c'è una regola basta amare Gesù:"SONO VENUTO A GETTARE IL FUOCO SULLA TERRA, E QUANTO VORREI CHE FOSSE GIA' ACCESO!" C'è una linea sottile in tutte le nostre case....inutile fare i bravi c'è gente che non fa la brava a casa tua ...via i mercanti del tempo dai telefoni!!!!via i mercanti della comunicazione sono un essere divino e solitario inutile farmi perdere la mia Abnegazione! La Risposta Di Dio è Dentro Di Te , Cerca di non renderla Labile... Non si chiede ad un'altra Divinità i tuoi desideri, ci sono gli angeli per quello; loro ti portano in un mondo parallelo , il tuo scopo deve essere servire Dio, non fare i tuoi comodi . AH SE PER OGNUNO DI NOI FOSSE FATTO UN LIBRO! Se vuoi la fortuna dalla tua parte cerca di migliorare giorno per giornoil tuo percorso di Crescita Personale, così mi disse Brahaman a quel punto io pensai "migliorare giorno per giorno non significa oziare con lo spirito ma mantenere una retta via Spirituale ". Un Giorno Dopo aver detto il Padre Nostro, e aver fatto tre saluti al sole ,cioè il Namastè, chiesi a Brahaman perchè lui ed i suoi angeli ci tenessero tanto all'età del bronzo, e alla Geometria Sacra a lei annessa .La risposta dell'angelo fù che "tu con la geometria sacra puoi vedere dove vuoi anche al di là delle nostrepercezioni di terza dimensione o quarta dimensione che sia ...." Il mio angelo custode mi dice spesso che sarò un cavallo nella prossima vita e lei la mia puledrina , vivremo assai sulla pietra del nuovo pianeta che sarò stato sempre io ....bhe in questa vita mi accontento di accarezzare un asinello mentre nella prossima sarò un cavallo sposato!!!!! Quando sei spiritualmente assolto ....anche nelle piccole cose ci troverai il divino e passare la giornata non sarai mai noioso , mi è bastato vedere il mio terzo occhio tramite il sole egli subito mi ha salutato ed io l'ho salutato... Sto scoprendo sempre di più di essere stato Chefren in una mia vecchia vita.... Fusione1_Pietra Fusione2_Cavallo Fusione3_Dio Donare La Vita, Creare ....l'essere meraviglioso che esce da una Madre o vi prego Dio e gli Angeli Perdonatemi.. Come Dice L'antica sapienza Indigena il tempo è ciclico ,le epoche sono cicliche ,ci sono stati i dinosauri, Lemuria Atlantide ,le divinità, è bello fare i viaggi attraverso i pianeti; oramai ci sei e vale la pena farlo ,oramai dal non io sei nell'io,, e vale la pena farlo .La Terra non finirà mai cosi perchè ti riincarnerai nel tempo dall'egitto al medioevo per passare tra l'illumismo ed il novecento.in Questo via vai di anime gli atlantidei e i lemuriani hanno scelto anche altri posti in cui stare ;ogni tanto ci fanno visita spero..... Non sono come certi amici miei che il loro onore li ha portati ad abbandonarmi sono solo un soldato in marcia mai fiutare la robba o comportarmi da asino ma questi soggetti si chiedono ogni tanto cosasia la vita io non lo so Se siete sotto stress e la vita tra virgolette vi va contro ,fermatevi dedicate il vostro tempo ad amare Dio, fate meditazione provate a stare un mese senza mangiare ne carne ne uova e ne pesce , mettetevi di nuovo in sintonia con la natura così si hanno le più belle guarigioni il corpo senza lo spirito s'indebolisce miracommando E 'BELLO FARE MEDITAZIONE E' BELLO PORTARE GLI EMBLEMI DELLA PACE... SONO STANCO DELLE FALSE MESSE IN SCENA DELLA TV , DELL'INFORMAZIONE E DI INTERNET TUTTO QUESTO MI FA' MALE , INUTILE DISTRUGGERE CONTINUAMENTE , L'IMPORTANTE E' STARE BENE NELL'UNO , NELL'UTOPICO PERFETTO! La Vera Libertà è Nel Farla Aquisire Agli Altri Avete fatto caso che esistono dei nostri abiti che sono uniti a noi ,ad esempio, se vi mettete una camicia che vi rappresenta in quel giorno siete fortunati ,oppure vi innamorate, o incontrate la persona della vostra Vita? Che film delusione Into The Wild perchè il protagonista uccide tutti quegli animali? ERO IN MEDITAZIONE QUANDO CHIESI A BRAHAMAN COME AVESSE GENERATO CRISTO KRISHNA E TUTTI GLI ESSERI CRISTICI ...HA DETTO CHE IN QUEL MOMENTO FECONDA ALTRI UNIVERSI QUINDI BRAHAMAN O DIO O JAVEHEE GERARCHICAMENTE E' UN DIO SOLO IN QUESTO UNIVERSO..... POI HO CHIESTO PERCHE' QUESTO MIO INTERLOCUTORE (Brahaman) CI TENESSETANTO ALL'ERA DEL BRONZO E LUI MI HA RISPOSTO "Perchè lì è dove ho vinto!" Saturno Caca Saturno! PURTROPPO RIESCO A SENTIRE CHI MANGIA LA CARNE ATTRAVERSO GLI ODORI MA NON SI TRATTA DI SANGUE NORMALE MA DI SANGUE INFETTO: LO SENTO VICINO AGLI OSPEDALI , ALLE BANCHE , NEI SALUMIFICI PACCHIANI , QUESTO ODORE è SIMBOLO DI QUANTO SIA FALLACE L'UOMO NEL DIVENIR PURO CHE NON PUZZA QUINDI SE NE VOGLIAMO PARLARE DIVINO ;ATTENZIONE VADE RETRO NON SI SACRIFICA LA CARNE DI UN ANIMALE! C'E' UN SOGNO IN PARTICOLARE DI CUI MI RICORDO UNA VITA PASSATA , SONO IN UNA STANZA , E DELLE ANIME DI LUCE NEL SOGNO MI APRONO LA PORTA E MI RITROVO SU DI UNA SPIAGGIA ,CON IL MARE, ASSOLATISSIMA E POI VADOA TRASCORRERE LI' LA GIORNATA ......WOW CHE SOGNO! LO FACCIO SPESSO Certo che i frequentatori di gruppi esoterici e di crescita personale sono molto scettici sono i primi a voler fare La Prova Di San Tommaso! Vi sembra Normale? IL SAPERE ,IL PARANORMALE ,LA MAGIA DOVREBBERO ESSERE COSE CONDIVISE SECONDO ME ,DEVONO ANDARE SOPRATUTTO ALLA POPOLAZIONE POVERA! EBBE' GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI! Se non Ami il Presente non passa Mai! Non sò ma mi sa tanto che l'evoluzione darwiniana incominci a mostrare delle lacune , sulla Terra c'è sempre stata acqua quindi è facile che già esistevamo prima dei dinosauri, che la Terra fosse un paese vecchissimo che ha avuto prima delle persone divine come gli atlantidei e i lemuriani ...non so ma lo aggiungo alla mia consapevolezza! ERicomincia L'attesa del tuo Sguardo, Isabelle non Vedo L'Ora di portarti Nell'Eterno !!!! Ci sono dei posti che sono molto magici nella nostra vita in special modo i paesini ...ebbene il mio paesino: Deliceto ha una montagna chiamata Le Serre dove puoi trovare ancora i fossili del neolitico e la loro sabbia..il paese è magico perchè si dice che lì SantAlfonso del Liguori scrisse Tu Scendi Dalle Stelle...e nella chiesa dell'Annunziata vi è un Quadrato Magico ..che non è altro che un Palindromo, cioè una frase di cinque iniziali, che si leggono, datutte le parti allo stesso modo ,l' iscrizione dice Sator Tenet Opera Rotas cioè il seminatore tiene l'opera della Ruota ...Arepo è l'unica incognita che può essere un nome contratto di origine anglosassone (I quadrati magici si trovano in tutto il mondo ma sono rari).Dall'altro lato della chiesa vi sono i meridiani che scandiscono lo spazio dei cielo e il tempo materiale ...ma non finisce qua Deliceto è magica perchè sogno sempre di portare dei bambini in posti sicuri della natura tipo le serre dagli alieni. unaltra volta invece in un sogno gli alieni sono scesi proprio lì a Deliceto...scendevano con i loro equipaggio verde per le colline del Paese Dell'Appenino Dauno. "Nassim Haramein è nato nel 1962 a Ginevra, in Svizzera, è uno storico e ricercatore scientifico multidisciplinare, filosofo e leader delProject Resonance o Progetto di Risonanza. Nassim è noto per la sua ricerca e la costruzione di una teoria unificata della struttura dell’Universo chiamata appunto Teoria della Grande Unificazione di Campo.Nassim asserisce che il Sole nel creare le macchie solari,che sono come piccoli fori neri, non sono macchie come tutti possono pensare, ma riflettono il vero aspetto di un buco nero nel Sole, unasorta di vortice spazio-temporale che dura per settimane o mesi e poisi chiude. Questo buco nero o “finestra” spazio temporale non sarebbe altro che una sorta di porta o Stargate, attraverso il quale si può viaggiare attraverso mondi e dimensioni sconosciuti all’Uomo." Questa notizia del ricercatore Nassim sembra molto interessante , anche io quando ebbi a che fare con l'autoiniziazione al Sole nell'Estate Indiana del 2011 a Deliceto , ebbi la netta sensazione di vivere delle vite che in ogni momento varcavo ..una specie di esperienza di vita nel cosidetto multiverso cioè i tanti universi e i tanti cambiamenti che si possono avere nella fisica quantistica. Si può cambiare il passato? avete mai pensato a civiltà evolute che già hanno compiuto questo passo ? se si pensate a provare la meraviglia di riscoprire le proprie vite passate, e tornare alla sorgente ,per chiedere al Padre di farvi riincarnare e compiere i propri doveri per riscrivere la storia ,secondo me una delle risposte del karma è proprio questa aiutare il tuo prossimo Fa Bene !!!! IL PIACERE DI CONDIVIDERE PENSIERI ED EMOZIONI E' PIU' FORTE SIA DEL TUO PASSSATO CHE DEL TUO AVVENERISTICO FUTURO.....ORA Pensate se i giocatori di Calcio o di qualunque altro sport si alzassero di frequenza facendo meditazione trascendentale e praticando digiuni e vegetarianesimo e veganesimo fossero molto più Forti di Ora!!!! Vi Ero Così Vicino , Vicino a Quella finestra (Che Giusy e Gamatri mi proteggano) Mi stavo buttando Giù per Amore e non è GIUSTO! Libertà, Pace , Ricostruzione , Tibet , Universo e Cuore!!! La Risposta Di Dio è Dentro Di Te , Cerca di non renderla Labile... Perchè prostrarsi con delle domande , quando noi sappiamo che abbiamo una risposta insita nel nostro naturale spirito e anima . Questa frase può essere da esempio verso alcune persone che credono in Dio ma la mancanza di felicità li fa allontanare dalla risposta primaria che Dio è dentro di noi. Ed A' anche ciò che accade nel settimo vizio capitale l'accidia ….se rendiamo labile il nostro cammino verso la verità come possiamo inoltrarci nelle nostre prossime vite con un karma del genere? Quindi noi nel cercare Dio dobbiamo essere Naturali è solo così che ci si arriva! E Se il big bang o la semplice estinzione dei dinosauri fossero volute da civiltà aliene e Luce ? Pitagora l'inventore della musica occidentale era un Alieno? chi gli ha detto delle armoniche delle corde e del calcolo di Fibonacci ...ma la musica è aliena? e perchè su certi pianeti dicono che è vIETATA le prime forme di Synth fatti dagli umani erano i Carillion! per chi nonlo sapesse .... Con una Bella risata Dici Tante Verità! Come un guerriero nell'ombra rivedrò il Sole Sorgente che mi riempirà di Gioia ,non cerco la gloria ,il successo; sono solo un guerriero scrittore ,che va avanti per la sua strada caccerò ogni tipo di Successo....per Servire la Sorgente (DI(O) Ed ora Digiuno per le vittime delle guerre come avrebbe fatto Gesù o Ghandi...sono "piccolo " ma lo faccio lo stesso L'Occidente debole e malato .....L'Oriente Dilaniato dalle guerre QUANDO UN MONDO E ' COMPETITIVO E CATTIVO COME LA MUSICA ;BISOGNA SOLO DIRE GRAZIE AI SUOI GRANDI ARTISTI CHE CERCAVANO LA LIBERTA' · CHI PENSA CHE PER ARRIVARE A DIO CI SIANO DELLE FORMULE MATEMATICHE HA COMPLETAMENTE SBAGLIATO STRADA... L'UNICA FORMULA DI DIO è L'AMORE...LA MATEMATICA SI è FERMATA AD EINSTEIN E ALLA VELOCITà DELLA LUCE C'è GENTE COME GESù CRISTO CHE LE HA GIà SUPERATE MA NON CON LA SCIENZA QUELLI SONO SOLO SOLDI CHE GIRANO E NON TI AIUTANO SE EINSTEIN ERA COSI GRANDE PERCHè NON HA CREATO LA FORMULA DELL'AMORE DICO IO cosi come la televisione sposta l'attenzione sui goals dagli avvenimenti importanti cosi facebook la sposta sulla fottuta musica (E lo dico da musicista che fa un sacco di ascolti)

CAPITOLO 2
Pierre Shaffer e “Les traites des objeux musicaux”

2.1 Biografia Pierre Saheffer Pierre Shaeffer.

È stato tecnico e dirigente presso l'ente radiofonico francese, dove svolgeva attività di ricerca assieme al G.R.M.C.(gruppo di ricerca sulla musica concreta) nell'ambito della musica concreta, da lui teorizzata, praticata e illustrata nel suo trattato sugli oggetti musicali del 1966. Tra il 1949 e il 1950 Schaeffer compone la Symphonie pour un homme seul, in collaborazione con Pierre Henry (una sorta di poema concreto sulla giornata di un uomo, con respiri, passi, porte sbattute), nel primitivo Studio d'Essai, dove la rudimentalità delle apparecchiature (tre giradischi) non permette di de-naturare i rumori che mantengono così tutta la loro originaria pregnanza semantica.

Nella musica concreta pura il materiale di base è sempre precostituito: i suoni e rumori provenienti da qualsiasi contesto, cioè ricavati dalla quotidianità, dalla natura, nonché da voci e strumenti tradizionali, vengono registrati con il magnetofono (registratore a nastro), immagazzinati e successivamente elaborati e denaturati mediante varie tecniche di montaggio.

Al contrario la musica elettronica pura si avvale soltanto di suoni generati direttamente dalle apparecchiature elettroacustiche, nelle quali le vibrazioni elettriche divengono vibrazioni sonore. I suoni che ne derivano sono dunque totalmente nuovi, sintetici.

La notorietà di Pierre Schaeffer presso la critica e il pubblico internazionale è dovuta quasi esclusivamente alla sua intensa attività di teorico e compositore di musica elettroacustica e, in particolare, all'introduzione di un nuovo modo di concepire l'arte dei suoni (registrati e non) che egli stesso battezzò musica concreta'. Meno conosciuti sono gli altri numerosi ambiti coperti dalla ricerca schaefferiana che, lungo l'arco di un cinquantennio, lo portò a confrontarsi con una moltitudine di tematiche cruciali per la cultura contemporanea, anche al di fuori dell'ambito prettamente artistico, muovendo sempre da posizioni originali e irrompendo spesso in modo fortemente polemico nei più accesi dibattiti della cultura internazionale. All'interno di questo variegato panorama non poteva mancare, e occupa anzi un ruolo centrale, un'approfondita riflessione sull'impiego creativo delle tecnologie di registrazione e riproduzione audiovisiva, delle quali Schaeffer esaltava primariamente la capacità di istituire un anello di congiunzione fra «due termini tanto irriducibili: il corso torrenziale del tempo attraverso ogni spazio e la durata, come cristallizzata, di una coscienza immobile».

Pur accompagnando l'intera parabola schaefferiana, l'indagine sulla componente audiovisiva all'interno delle cosiddette arts-relais - termine di ardua traduzione, che potrebbe forse essere reso con la locuzione arti di collegamento' o indirette (Palombini 1998) - non si è mai cristallizzata in una teoria uniforme e, a eccezione di una manciata di scritti esplicitamente consacrati a tali problematiche, la maggior parte degli spunti proposti dal teorico si trova integrata a digressioni di argomento più generico (teoria dei mass-media e politiche culturali) o più specifico (radiofonia e analisi delle tecnologie di riproduzione mono-mediale), che saranno brevemente ripercorse nelle pagine che seguono.

1. Fra estetica e tecnica: le arts-relais

L'interesse di Schaeffer in materia di audiovisione precede di molto la nascita della musica concreta e può essere ricondotto alla seconda metà degli anni Trenta, all'epoca delle prime collaborazioni del teorico con le strutture della radiofonia francese. La sua doppia formazione di musicista e ingegnere contribuì a offrirgli un punto di osservazione privilegiato e, all'epoca, pressoché unico, sulle problematiche connesse alle nuove arti basate sulla ripresa diretta di immagini visive e sonore - e in particolare al cinema e alla radio - che egli vedeva come accomunate da molteplici aspetti, estetici prima ancora che tecnologici. Proprio a questi temi è dedicato il primo saggio di ampio respiro redatto dall'autore fra il 1941 e il 1942, Esthétique et technique des arts relais, in cui prende forma un nucleo teorico destinato ad informarne le riflessioni degli anni a venire, dalla ricerca musicale a quella sui mass-media, alla sociologia e alla semiologia dell'audiovisione.

Una delle peculiarità del pensiero schaefferiano, in controtendenza rispetto alla maggior parte delle proposte teoriche coeve (e di molte di quelle attuali), consiste nella volontà di mettere in questione l'importanza comunemente accordata al mero dato tecnico della produzione audiovisiva (la riproduzione meccanica dell'immagine e del suono), negando che l'apporto delle nuove tecnologie rappresenti una condizione necessaria per il conio di categorie epistemologiche diverse da quelle già impiegate dalla critica d'arte. A questo scopo, il teorico

propone un'analisi del processo che conduce alla nascita di una nuova forma artistica, sia essa diretta' (come pittura, scultura e musica) o indiretta' (le arts-relais), identificando tre fasi in cui, rispettivamente, lo strumento deforma, trasforma e informa l'arte. Viene così definito un percorso di progressiva acquisizione di consapevolezza circa i limiti e le possibilità dei mezzi espressivi di cui ogni manifestazione del pensiero artistico si serve: a un primo periodo di apprendistato, in cui «[... ] si perdona tutto allo strumento perché se ne ammira la novità», segue uno stadio di perfezionamento tecnico, caratterizzato dalla necessità di riproporre modelli già sperimentati in altri campi.

È il caso, per esempio, dei numerosi cliché teatrali riproposti in ambito cinematografico e delle opere pittoriche moltiplicate dalla fotografia, emblemi per Schaeffer di una deviazione arbitraria, ancorché provvisoriamente necessaria, delle specificità della nuova forma d'arte: «[... ] si chiede allo strumento [... ] non solo ciò che non può dare, ma ciò che non è nella sua natura di dare». Viene infine una fase classica', quando tutti i principali problemi pratici sono stati risolti e si verifica compiutamente la conquista di modalità espressive autonome per la produzione di opere originali (si veda anche Palombini 1998). Come si vede, è solo abbandonando ogni velleità di addossare ai vari espedienti tecnologici la responsabilità di ampliare la sintassi di linguaggi già consolidati che le nuove arti scoprono la propria essenza. Quella che affiora è dunque l'ipotesi di una corrispondenza di principio fra l'idea, messaggio o contenuto, e le procedure che permettono la sua attuazione, le quali a loro volta appartengono al contesto sociale in cui si sviluppano.

Se è tipico dell'arte in sé, e non solo della radiofonia e della cinematografia, il servirsi di determinati strumenti al fine di generare oggetti dotati di particolare significato, è vero però che la rappresentazione del reale promossa dalle arti indirette trascende il comune concetto di verosimiglianza per dar vita a emulazioni talmente aderenti da essere scambiate per il reale stesso. Nell'ottica di Schaeffer il processo imitativo dell'opera d'arte rivela, grazie ai processi rappresentativi attivati da cinema e radio, il proprio carattere puramente illusorio: le immagini visive e sonore che i dispositivi di ripresa trasducono in segnali depositati su un supporto fisico non sono altro che simulacri della realtà di cui l'artista si serve, manipolandoli, per comporre la propria opera. Ne consegue che, anche da questo punto di vista, non esiste nessuna differenza di principio fra un dipinto raffigurante un volto e una fotografia dello stesso soggetto: entrambi si distanziano inesorabilmente dall'originale e, raffigurandolo, ne pongono in luce alcune caratteristiche occultandone altre.

Semmai, la rappresentazione diretta e quella indiretta si distinguono per l'uso che l'artista fa di tali simulacri: se nel primo caso la riproduzione è l'opera, nel secondo essa corrisponde piuttosto al materiale di cui l'opera si compone, analogamente a ciò che il colore rappresenta per il pittore, il marmo per lo scultore o la nota musicale per il compositore. «Il cinema - dirà in seguito Schaeffer - si presenta come produzione di opere a partire da tali simulacri [... ]. Il pubblico, ma anche molti professionisti, hanno misconosciuto questa evidenza. Mettendo tutto l'accento sulla fedeltà della ―riproduzione, hanno accantonato il paradosso secondo cui la realtà così trattata era allo stesso tempo assai simile e assai differente». Si profila dunque una concezione dell'opera d'arte audiovisiva fortemente sbilanciata verso un'interpretazione formalista, che intende l'essenza dell'opera stessa come costrutto di elementi preesistenti', secondo una definizione che diverrà classica negli ambienti della musica elettroacustica.

Lo iato che separa le arti classiche da quelle moderne non può dunque essere individuato nelle tecnologie impiegate né nelle forme della rappresentazione; qual è dunque la caratteristica che accomuna le arts-relais distanziandole da tutte le altre forme espressive? Secondo Schaeffer la risposta a questa domanda è da cercarsi in una maggiore predisposizione di cinema e radio a valorizzare l'aspetto più immediato ed evanescente del fenomeno rappresentato, mentre le altre arti manifestano una tendenza comune a muovere dal particolare per guadagnare quanto più possibile una dimensione universale. Tutte le forme di rappresentazione del passato recano, secondo Schaeffer, la traccia indelebile di una vocazione logocentrica, imposta dal bisogno di superare le contingenze della quotidianità per definire ed esprimere concetti assoluti.

Tale necessità è però sconosciuta al cinema e alla radio i quali, al contrario, si giovano di una straordinaria facilità nella descrizione immediata e nell'evocazione; al posto di raffigurare un'idea, essi carpiscono dalla continuità del flusso temporale bagliori unici e irripetibili, cogliendo e offrendo allo spettatore l'aspetto vivente del reale: il linguaggio delle cose. Il punto di vista di Schaeffer s'inscrive apparentemente nel solco di quella tradizione critica che, fin dalla nascita del film sonoro, si oppose all'eccessivo impiego della parola, e che Sigfried Kracauer sintetizza così: «[... ] tutti i tentativi riusciti d'integrazione del linguaggio parlato hanno una caratteristica comune: cercano di diminuire l'importanza del dialogo allo scopo di aumentare quella delle immagini visive».

Rispetto a questa tradizione, però, Schaeffer compie un ulteriore passo avanti giungendo a rifiutare in toto la logica argomentativa come supporto della costruzione audiovisiva in favore di un'organizzazione analogica' dei materiali: «Questo gioco è il vero e proprio scontro che evochiamo e che potrebbe essere chiamato la battaglia fra logos e kosmos: linguaggio realista affinché l'astratto si sforzi di raggiungere il concreto. L'idea che l'uomo si fa del mondo, le parole con le quali nomina le cose si compongono insieme e tendono a creare un mondo che sia reale. Le arts-relais apportano delle immagini, dei suoni, che sarebbero tanto informi quanto il mondo stesso, se non ci sforzassimo di far dire loro qualche cosa e di ricondurre ad esse le Il contributo di Pierre Schaeffer alla teoria dell'audiovisione. Incontrare il concreto a partire dall'astratto, questa è la grande invenzione del linguaggio elaborato; incontrare il pensiero a partire dalle cose, questa è l'invenzione del cinema e della radio».

È opportuno sottolineare che l'aggettivo 'concreto' non indica per Schaeffer un rimando diretto agli eventi del mondo, i quali, come si è detto, non possono che essere emulati in modo imperfetto; esso riguarda piuttosto tutta quella serie di aspetti marginali' di un'opera che non appartengono direttamente all'espressione di un'idea ma che, non per questo, partecipano meno alla definizione complessiva delle forme sensibili dell'artefatto. Le numerose precisazioni su questo punto che si possono rinvenire nella teoria musicale schaefferiana valgono a pieno titolo anche per le arti indirette: la sfumatura, il gesto, il respiro, il tocco, ma anche l'imprecisione, l'esitazione e, in generale, ogni aspetto che contribuisce a caratterizzare l'immanenza di un particolare oggetto della rappresentazione rispetto al suo corrispettivo ideale sono tutti tratti potenzialmente espressivi, a patto che lo spettatore sia predisposto a coglierne le sottigliezze.

I materiali delle arti 'indirette’ sono dunque oggetti estetici (immagini e modulazioni) organizzati secondo una sintassi basata sulle loro qualità sensibili; tali qualità sono poste in risalto, rivelate dalla macchina da presa e dal microfono. È la caratteristica che Walter

Benjamin indicava come riduzione della lontananza' dell'opera d'arte riprodotta (categoria entro cui faceva rientrare di diritto anche il cinema) e che Adorno definiva come 'cosalità'.

Ma, significativamente, per i due filosofi, quest'aspetto eminentemente ostensivo dei prodotti audiovisivi è da interpretare come limite delle arti meccaniche, rappresentando per il primo il motivo principale della decadenza dell' aura' e sancendo per il secondo l'impossibilità di una costruzione assoluta in cui gli oggetti della scomposizione possano essere manipolati come valori puri. La soppressione del dominio del logos, invocata a più riprese da Schaeffer, è dunque vista dai due filosofi come una rinuncia al linguaggio e al senso; nelle parole di Adorno, «[... ] che dal materiale riprodotto come tale - nella rinuncia a qualsiasi significato, soprattutto, nella rinuncia, fondata sul materiale, alla psicologia - scaturisca un senso appare illusorio». È per questo che per entrambi i pensatori l'immagine riprodotta finisce inevitabilmente coll'evocare un rimando alla società o alla politica, intese in un certo senso come complemento o antidoto all'eccesso di realismo consegnato allo schermo.

Al contrario, nel sistema concettuale di Schaeffer, le caratteristiche morfologiche del colore, della luce, delle altezze e delle intensità, sono i tratti semantici elementari di un secondo linguaggio, senz'altro vago e imperfetto, ma capace di sostenere comunque il peso di costruzioni formali e di veicolare altri livelli di senso. È all'interno di questa ambivalenza fra la necessità di una costruzione architettonica basata sulla manipolazione di oggetti e la nobilitazione della concretezza dell'effimero che risiede l'identità caratteristica dei prodotti delle arti meccaniche, grazie alla quale queste ultime si separano definitivamente dal romanzo, dall'opera, dal concerto e da tutte le forme di teatro filmato o radiotrasmesso per affermarsi finalmente come linguaggio indipendente, tanto singolarmente nel campo delle immagini in movimento e del suono riprodotto, quanto, a maggior ragione, in quello dell'audiovisione.

2. Frammenti di una teoria: il contrappunto fra suono e immagine Il cinema degli esordi e l'arte radiofonica anticipano e predispongono l'avvento dell'era audiovisiva. Il processo evolutivo innescato da queste due creature del XX secolo è visto a posteriori da Schaeffer come una sorta di laboratorio in cui si pongono i presupposti per la fondazione di un nuovo linguaggio propriamente intermediale: muta (e sorda) la prima, cieca la seconda, entrambe impongono ai propri adepti il duplice sforzo di liberarsi dalle pastoie dell'imitazione pedissequa di altre forme artistiche (soprattutto pittura, teatro, narrativa) ed elaborare modalità espressive originali che trasformino le rispettive menomazioni' in altrettanti punti di forza. Conseguentemente, la lettura schaefferiana del cinema sonoro e delle altre forme d'interazione fra suono e immagine evidenzia in primo luogo l'importanza di una compenetrazione non superficiale fra le proprietà di quelle arti. Tuttavia, l'analisi della comunicazione audiovisiva si spinge ben oltre il semplice computo di una sommatoria di caratteristiche importate dai singoli media, sforzandosi di pervenire a soluzioni interpretative spesso intrecciate a prese di posizione di natura squisitamente poetica.

Gli scritti che Schaeffer consacra all'incontro fra suono e immagine appartengono tutti a momenti di svolta della sua carriera: il già citato saggio sulle arts-relais, ad esempio è il frutto di un periodo di astensione forzata dall'attività radiofonica e precede di pochi mesi l'inaugurazione del Club d'Essai, laboratorio di ricerca e sperimentazione da cui discenderà il più noto Groupe de Recherches Musicales, tuttora in attività. Quattro anni più tardi, subito dopo la conclusione del colossale radiodramma La Coquille à Planetes, saranno pubblicati due

contributi, Propos sur la coquille dedicati, rispettivamente, all'estetica della radiofonia e allo studio della componente sonora in ambito cinematografico.

Quest'ultimo, in particolare, riprende ed approfondisce quella visione costruttivista del documento audiovisivo secondo la quale, indipendentemente dal soggetto narrato, il messaggio estetico sarebbe interamente veicolato dall'organizzazione formale degli oggetti, immagini visive e modulazioni sonore. Procedendo alla consueta tripartizione della traccia sonora in rumore, voce e musica, Schaeffer giunge a dimostrare come tutto il decorso acustico sia in realtà riconducibile alla prima categoria, dal momento che la parola altro non è che il rumore prodotto dagli uomini: «[... ] si può dunque affermare che il testo ha molta meno importanza dell'intonazione delle frasi, la grana delle voci e il grado di intelligibilità [...].

Così, esso rende per giunta l'azione esplicita, ma né più né meno di quanto non lo sia la realtà, il più delle volte ellittica e ambigua». Rumori verbali e ambientali appartengono dunque a un unico ambito della composizione audiovisiva, perfettamente adeguato all'immagine nella misura in cui questa non può far altro che mostrare delle cose'. Inoltre, essendo il risultato di un movimento fisico, tali eventi sonori testimoniano la presenza di un'azione, di un cambiamento, e alimentano pertanto la dinamica della scena complessiva.

Il discorso sulla musica, decisamente più complesso, parte da una constatazione apparentemente contraddittoria: non godendo di alcun nesso causale con le immagini, essa si discosta in primo luogo dalla realtà della cosa rappresentata e non intrattiene nessun legame di necessità con la struttura della rappresentazione stessa; allo stesso tempo però la musica gode della capacità di porsi spontaneamente in relazione con l'immagine, prima ancora di ogni considerazione di tipo formale e di ogni possibile contenuto emozionale specifico. Nell'ottica di Schaeffer, infatti, l'aspetto visivo e quello acustico tendono a formare un legame semantico immediato indipendentemente dalle scelte autoriali, le quali possono senz'altro potenziare e guidare tali relazioni, ma mai sopprimerle: ne è prova la possibilità storicamente dimostrata di adattare ogni repertorio precostituito di motivi musicali a qualsiasi sequenza di immagini ed istituire collegamenti o fratture all'interno del decorso filmico. Ciò non significa però che la musica intrattenga inevitabilmente un rapporto di subordinazione rispetto all'immagine.

Qualora il regista sia in grado di immaginare e organizzare la propria opera in termini sonori, oltre che visivi, la scelta degli elementi musicali cesserà di rapportarsi al tutto in modo fortuito per assumere un ruolo paritetico rispetto a tutte le altre componenti. In questi casi, precisa Schaeffer «[... ] siamo lontani dalla musica-illustrazione. Si tratta di musica-materiale.

Dalla congiunzione nel tempo di due materiali originali di carattere forte, l'uno musicale, l'altro visivo, nasce un complesso di impressioni particolarmente ricco [...]. Esso procura quella soddisfazione propriamente artistica che consiste nel percepire la diversità nell'unità, il divergente nel simultaneo: è la fioritura dell'istante nel tempo». Rumore, parola e musica intrattengono con l'immagine relazioni di tipo differente, che degradano in linea di principio dall'ineluttabilità della corrispondenza fisica fra l'azione e il suono ne proviene all'arbitrarietà della costruzione artistica di unità audiovisive complesse. Non bisogna però dimenticare che l'organizzazione della pista sonora è pur sempre una composizione e che, anche laddove un evento acustico si coordini perfettamente con un fenomeno visivo (ad esempio il rumore di passi abbinato a una scena di marcia), non si può mai parlare, a rigore, di realismo'. Osservata

attraverso la lente della concezione epistemologica di Kracauer, pertanto, la teoria schaefferiana si collocherebbe in netto contrasto con il principio estetico fondamentale del cinema - ossia la rivelazione della realtà fisica - e abbraccerebbe piuttosto una tendenza 'creativa', che si discosta progressivamente dalla realtà per dar luogo a costruzioni fantastiche, anche se basate su simulacri di oggetti reali.

Sulla scorta di questo assunto di base, l'indagine di Schaeffer affronta il tema dell'incontro fra suono e immagine rimuovendo dal concetto di sincronizzazione il ruolo di primo piano normalmente assegnatogli dalle teorie della comunicazione audiovisiva: per il teorico francese la sincronizzazione non deve essere vista come un problema di significati più o meno concordanti (consonanza e dissonanza), ma come un'opportunità di gestire stimoli sensoriali di pregnanza variabile nella loro successione temporale. A tale proposito, l'autore si serve di una metafora presa a prestito dalla fisica acustica, descrivendo la sintesi audiovisiva come un fenomeno di maschera. Così come la sovrapposizione di due eventi sonori può originare sensazioni acustiche assai differenti (che vanno dalla chiara percezione di due entità distinte alla loro fusione in un unico oggetto), così suoni e immagini hanno facoltà di coprirsi gli uni con gli altri, di essere percepiti simultaneamente in modo distinto, di fondersi in elementi complessi o ancora di generare sensazioni estranee alla mera sovrapposizione degli stimoli. Particolarmente interessante è la differenza sancita dal teorico fra sincronismo' e sintonia': nel primo caso, una perfetta aderenza ritmica fra ciò che si vede e ciò che si sente genera «[... ] un'emozione sensoriale particolarmente viva, euforica e il più delle volte comica».

Le interpunzioni sonore che commentano pedissequamente il flusso delle immagini godono solo raramente di efficacia drammatica, laddove è invece nell'incrocio di ritmi differenti che «[... ] impressioni di uguale forza auditiva e visiva reagiscono le une sulle altre per fornire una sensazione risultante che è utile paragonare a quei suoni differenziali o addizionali dell'acustica» (ibidem). Immagini e musica forti', per esempio, intervengono in modo incisivo sull'esperienza temporale del soggetto percipiente, organizzandola in modo opposto e complementare. Si tratta di un vero e proprio 'contrappunto' di suono e immagine, espressione che nella prospettiva di Schaeffer acquista un significato tutt'altro che metaforico ed esprime quel principio di complementarietà degli eventi che si verifica in musica sovrapponendo più linee melodiche indipendenti. Vale la pena forse ricordare che proprio su questo punto si produce lo scarto maggiore fra l'impostazione schaefferiana e quella del suo allievo più prolifico in materia audiovisiva: Michel Chion. Quest'ultimo si scaglia infatti con veemenza contro la metafora contrappuntistica sostenendo che nel cinema «i rapporti armonici e verticali (siano essi consonanti, dissonanti o né l'uno né l'altro, alla Debussy) sono assai più pregnanti: vale a dire, nella fattispecie, i rapporti tra un suono dato e ciò che accade contemporaneamente nell'immagine» (Chion, [1990] 2001, p. 42).

Non si tratta di una contraddizione di principio fra i due approcci, quanto piuttosto di una differenza di vedute a livello estetico: mentre Chion privilegia l'aspetto più propriamente narrativo del discorso cinematografico (ciò che succede sullo schermo), Schaeffer parla invece di architetture formali, quasi non curandosi della presenza di un eventuale argomento narrato. Rumori, voci e musica sono elementi del discorso sonoro, distribuiti nel tempo secondo una logica sintattica che non può non tener conto degli oggetti visivi posti in campo dalla scansione filmica.

La differenza diviene peraltro ancora più palese se si considera che per Chion non esiste, sui piani sintattico e semantico, un complesso unitario chiamato colonna audio'; al contrario, Schaeffer afferma perentoriamente che il flusso sonoro deve essere organizzato come una partitura musicale, dosando sapientemente analogie e differenze, densità e stratificazioni, accelerazioni, riprese, variazioni e cadenze. Si evidenzia qui tutta l'originalità dell'approccio schaefferiano che, contrariamente a quello di molti studi coevi e posteriori, conferisce un peso determinante a forme di composizione sperimentali del tessuto audiovisivo, parzialmente svincolate dagli obblighi imposti dalla narrazione filmica e conseguentemente più aperte a soluzioni dettate da principi di libera organizzazione formale.

Le contrepoint du son et de l'image (Schaeffer 1960) è appunto il titolo di un successivo saggio, pubblicato a distanza di quasi quindici anni dai precedenti (e subito dopo la conclusione ufficiale dell'esperienza concreta), che affronta la correlazione fra la dimensione visiva e quella acustica procedendo dalla descrizione dei processi psicofisiologici della percezione. Alla base di questo scritto sta l'idea che immagini e suoni siano accomunati da un medesimo meccanismo di eccitazione degli organi sensoriali da parte di fenomeni vibratori organizzati in scale di frequenze.

Interpretando tali sollecitazioni, l'individuo riconosce i contorni di oggetti che perdurano nel tempo, secondo modalità di apparizione ed estinzione analoghe. La durata degli oggetti è dunque il secondo livello di correlazione fra i due campi sensoriali e, anche in questo caso, può manifestarsi tanto in termini di perfetta aderenza quanto come totale discrasia. L'esempio citato da Schaeffer è quello di una bolla di sapone sovrapposta a una nota di pianoforte - 10 Nicola Bizzaro: entrambe le immagini nascono dal nulla, evolvono nel tempo, ma le loro modalità di estinzione sono differenti, repentina la prima, graduale la seconda. Sulla base di questo tipo di considerazioni diviene dunque possibile organizzare una fitta rete di relazioni oggettuali attraverso cui creare testure filmiche più o meno complesse in cui gli elementi della rappresentazione possono interagire per dar vita a sequenze più ampie dotate di decorsi ritmici autonomi. Si ritorna ancora una volta al concetto di contrappunto, la cui specificità compositiva risiede più nella stratificazione degli impulsi che non nella perfetta sovrapposizione verticale.

Osservata nel suo complesso, anche solo in base ai pochi elementi di cui si è dato conto in queste pagine, la teoria di Schaeffer si segnala per un duplice orientamento, epistemologico e poetico, che fa sì che la decifrazione dei meccanismi audiovisivi sia sempre vista come occasione per sollevare spunti operativi immediatamente applicabili alla realizzazione di opere. Calata nel contesto dell'esperienza creativa schaefferiana, quest'ultima considerazione invita a riprendere in esame la feconda attività di produzione audiovisiva svolta e promossa dal teorico-compositore sin dai primi anni di attività del Groupe de Recherche de Musique Concrète (fondato nel 1951); un'indagine tuttora incompiuta che promette, per la quantità di documenti e l'originalità del substrato estetico su cui si fondano, esiti particolarmente felici per l'ampliamento e l'approfondimento di un moderno approccio teorico ai fenomeni audiovisivo.

La forza della premessa teorica

Sottolineiamo per prima cosa l'importanza e la forza della premessa teorica di Schaeffer, esplicitata ampiamente nel Traité des objets musicaux ma già presente negli scritti e nell'attività pubblica, radiofonica e musicale dell'autore.

Schaeffer ritiene che la produzione musicale del Novecento ci porti inevitabilmente alla necessità di una revisione, di un ripensamento di tutto il sistema musicale occidentale, polveroso e ormai sclerotizzato, incapace di condurre gli artisti su strade nuove: un sistema che non è più in grado di sfruttare i materiali con i quali è costruito ma è solo capace di riflettere sulla propria sintassi.

Questa crisi profonda del musicale è fortunatamente accompagnata da tre fatti nuovi, che possono portare spunti di riflessione e quindi la possibilità di un rinnovamento: una novità di tipo estetico, una di tipo tecnico e la nascita dell'antropomusicologia.

Per quanto riguarda l'estetica Schaeffer sostiene che assistiamo a una libertà sempre più grande e che questa libertà reclama regole, ma non c'è ancora stata un'operazione che abbia messo ordine in questa nuova estetica.

«Il secondo fatto è l'apparizione di tecniche nuove. Poiché le idee musicali sono prigioniere, più di quello che si creda, dell'apparecchiatura musicale, come le idee scientifiche lo sono dei dispositivi sperimentali. (... ) Invece di allargare le possibilità della creazione, come ci saremmo potuti aspettare, le apparecchiature moderne sembrano suscitare degli specialismi, o delle eccentricità al margine della musica vera e propria»[1].

Il terzo fatto riguarda «una realtà molto antica, in via di estinzione sulla superficie terrestre. Si tratta delle vestigia delle civiltà e delle geografie musicali diverse da quella occidentale. Questo fatto non sembra ancora aver l'importanza che merita presso i nostri contemporanei»[2]. Questi linguaggi, non ancora compresi e decifrati dalla musicologia occidentale che utilizza schemi e sistemi di notazione occidentali inadeguati alla comprensione di una musica diversa, potrebbero darci la chiave di un universalismo musicale.

Le tre impasse della musica occidentale secondo Schaeffer sono quindi l'inadeguatezza del sistema di notazione a rendere conto della generalità del mondo musicale; la scomparsa delle fonti strumentali con l'avvento del nastro magnetico; la nostra ignoranza del linguaggio musicale. Il Traité cerca di rispondere proprio a questi tre punti: tenta di creare una notazione che possa rendere conto della generalità dell'universo sonoro (ossia dei suoni e dei rumori); insegue il miraggio di un ritorno all'importanza dello strumento musicale, non in quanto oggetto o fonte da cui proviene il suono, ma in quanto momento indissolubilmente legato alle scelte del comporre, momento in cui la natura peculiare di un certo strumento musicale interagisce con la volontà creatrice dell'artista; ricerca una definizione di musica che non escluda il problema dell'universalismo del linguaggio musicale.

Dalla riflessione sull'ascolto all'oggetto sonoro

Il secondo spunto che vorremmo raccogliere riguarda la riflessione di Schaeffer sull'ascolto. L'autore prende le mosse da uno strumento novecentesco, l'unico veramente nuovo: l'invenzione della registrazione musicale, l'invenzione più rivoluzionaria di tutti i tempi. La possibilità di registrare il suono apre orizzonti mai intravisti prima in tutta la storia della musica, ma le attenzioni dei contemporanei sono invece rivolte all'aspetto tecnico piuttosto che alle applicazioni generali.

La prima cosa che ci deve meravigliare è il fatto che si possa trasformare un campo acustico a tre dimensioni in un segnale meccanico a una dimensione che ci permette comunque, anche se realizzato in modo grossolano, di riconoscere il contenuto semantico del messaggio. Abbiamo per esempio la possibilità - anche nella registrazione più distorta - di riconoscere il timbro di una voce umana o di uno strumento musicale.

Ma esaminiamo più da vicino alcuni aspetti della riproduzione del suono: immaginiamo un'orchestra che suona in una sala. Più tardi, incisa su disco, risuona nel salotto di un ascoltatore cui è stato fatto credere, per ragioni commerciali, che con quell'impianto è come se l'orchestra suonasse nel salotto di casa sua. L'attenzione è puntata sulla fedeltà, e non si è fatto alcun cenno al fatto che la registrazione musicale è una trasformazione, la sostituzione di un campo sonoro a un altro.

Proviamo a chiarire l'equivoco partendo da un paragone che potrebbe essere illuminante per il problema dell'ascolto: tentiamo un confronto tra acustica e ottica. Due grandi differenze separano l'esperienza dei fenomeni luminosi da quella dei fenomeni sonori. Per prima cosa, gli oggetti visivi non sono fonti di luce ma oggetti che vengono illuminati dalla luce. Per il fenomeno sonoro non è così: il suono proviene da una fonte e l'attenzione è tutta rivolta a questa fonte[3]. Il suono è sempre stato legato al fenomeno energetico che lo faceva nascere, tanto da essere confuso con lui. Inoltre questo suono è fugace, evanescente, ed è percepibile da un unico senso, l'udito. L'oggetto visivo invece è un fenomeno più stabile: non può essere confuso con la luce che lo illumina, è percepibile da più sensi, non svanisce. Con la registrazione del suono ci troviamo davanti a un nuovo fenomeno, quello della materializzazione del suono: in questa nuova esperienza il suono non è più evanescente e prende le distanze dalla sua causa, acquista stabilità, può essere sottoposto a manipolazioni.

Ma nemmeno questo avvenimento della registrazione sembra aver spostato l'attenzione dal suono segnale al suono vero e proprio. Inoltre nessuno si è mai posto la domanda più ovvia ma che è anche quella più essenziale: che cosa succede quando ascoltiamo un suono registrato invece di un suono dal vivo? Che cosa è successo al suono durante la registrazione?

Per prima cosa, durante una registrazione ha luogo una trasformazione di uno spazio acustico a quattro dimensioni (tre dimensioni spaziali più l'intensità) in uno spazio a una dimensione (monofonia) o a due dimensioni (stereofonia).

«Supponiamo un solo microfono: è il punto di convergenza di tutti i raggi che arrivano dai

punti sonori dello spazio circostante. Dopo le diverse trasformazioni elettroacustiche tutti i punti sonori dello spazio iniziale si troveranno condensati nella membrana dell'altoparlante. Questo spazio è sostituito da un punto sonoro, il quale genererà una nuova ripartizione sonora nel nuovo spazio del luogo d'ascolto»[4].

La disposizione degli strumenti nello spazio iniziale non è più percepibile nel punto sonoro se non sotto forma di intensità: nell'altoparlante il suono non è più o meno lontano, più o meno a destra o a sinistra, più o meno forte. Questo fenomeno, puramente fisico, va collegato allo spazio soggettivo dell'ascolto: l'ascoltatore diretto, quello che siede davanti all'orchestra in una sala da concerto, ascolta con le sue due orecchie e il suo ascolto è accompagnato anche da altre percezioni concomitanti. L'ascoltatore indiretto, seduto nel suo salotto davanti ad un apparecchio in grado di produrre suoni, ascolta anche lui con le sue due orecchie, ma tutti gli altri fenomeni di contorno sono assenti.

Ci troviamo quindi davanti a due ascolti profondamente diversi di cui vogliamo sottolineare in particolare due aspetti:

a) un aspetto soprattutto fisico: nell'ascolto indiretto appare una riverberazione apparente non riscontrata nell'ascolto diretto;

b) un aspetto psicologico: la messa in valore nell'ascolto indiretto di suoni che non avrebbero mai colpito la nostra attenzione durante l'esecuzione dal vivo e, d'altra parte, la confusione che si crea nel riconoscere gli strumenti musicali quando non abbiamo la possibilità di osservare gli esecutori.

Vediamo di spiegare meglio che cosa intendiamo con riverberazione apparente: il nostro ascolto è dotato di un potere di localizzazione. Nell'ascolto diretto il suono viene percepito in due modi: viene localizzato dall'ascolto diretto (il suono proviene dalla fonte da cui è emesso), ma a questo si somma il suono riflesso (o suono riverberato) che proviene da tutta la stanza. Il nostro ascolto fa la somma tra suono localizzato e suono riflesso: il suono riflesso aumenta il volume del suono, ma non impedisce all'ascoltatore di identificare la direzione della fonte sonora, e inoltre le riverberazione amalgama e arricchisce i suoni.

Ma se sostituiamo le nostre due orecchie con un microfono, questo capterà indistintamente il suono diretto e quello riflesso, li sommerà e inoltrerà così nell'altoparlante un prodotto che non è stato selezionato come lo sarebbe stato dal vivo.

Proviamo ora a esaminare il secondo aspetto, quello psicologico: in una registrazione sentiamo molte cose che non avevamo sentito nell'ascolto diretto: rumori di fondo, rumori parassiti, errori dell'orchestra, la tosse del vicino, ecc. La macchina ha registrato tutto, le nostre orecchie non lo avevano fatto nella sala da concerto: durante l'ascolto hanno selezionato tra migliaia di informazioni diverse quelle che ritenevano interessanti.

Dopo tutto questo possiamo ancora parlare di fedeltà della registrazione? Dopo le prove che abbiamo appena portato sulla trasformazione che subisce un brano musicale quando viene

registrato, pensiamo ancora che il concetto di fedeltà sia corretto? Eppure, la riproduzione ci sembra perfetta.

Come è possibile? La verità, dice Schaeffer, è che i musicisti non hanno orecchio: sono abituati a fare musica, a pensarla, a scriverla, a immaginarsela, ma non sono abituati a rivolgere la loro attenzione all'oggetto sonoro in quanto tale. Schaeffer sostiene che gli unici in grado di ascoltare l'oggetto sonoro sono i tecnici del suono. La registrazione di un brano musicale non è in realtà una riproduzione fedele, ma una ricostruzione: è il risultato di una serie di scelte, di interpretazioni che i dispositivi di registrazione rendono possibili e necessarie. Il tecnico del suono è quello che esegue questa ricostruzione e che deve quindi in continuazione comparare il piano della realtà (il suono diretto) con il piano della riproduzione, in certo senso dunque con il piano della finzione, e per riprodurla deve porsi delle domande su com'è questo suono vero, reale, che deve essere riprodotto artificialmente.

Il discorso di Schaeffer sul potere della registrazione ci porta a considerare il problema dell'oggetto sonoro, problema che emerge grazie alle tecniche di registrazione e alla possibilità di ascoltare un suono senza vederne la fonte. Questa riflessione sul suono in quanto tale non è però appannaggio solo del tecnico del suono - si tratterebbe di un'élite - ma è alla portata di tutti attraverso un'invenzione diffusa in tutte le case del ventesimo secolo: la radio. E per questo nuovo tipo di ascolto che la radio ci propone abbiamo già pronto un nome, un antico neologismo: acusmatica.

Acusmatico era il nome dato ai discepoli di Pitagora che ascoltavano le lezioni del maestro da dietro una tenda, senza vederlo[5]. Questo termine lo possiamo utilizzare per la radio e per la registrazione del suono che «restituiscono all'udito la totale responsabilità di una percezione che normalmente si appoggia ad altre testimonianze sensibili.» [6].

La situazione acusmatica rinnova il modo di intendere: isolando il suono dal complesso audiovisuale di cui faceva inizialmente parte, crea delle condizioni favorevoli per un ascolto che si interessa al suono in se stesso. Una precisazione è necessaria: non si tratta di sapere come un ascolto soggettivo interpreti la realtà, ma l'ascolto stesso diventa il fenomeno da studiare. La domanda che dobbiamo fare a colui che ascolta il suono senza fonte è: “Che cosa senti?” e con questa domanda gli chiediamo di descrivere la sua percezione.

Cerchiamo ora di capire quali sono le caratteristiche di un ascolto acusmatico che si verifichi nelle condizioni attuali, ossia che cosa succede quando ci poniamo di fronte a un impianto stereofonico e ascoltiamo i suoni senza poterne vedere la fonte, proprio come i discepoli di Pitagora ascoltavano il maestro nascosti dietro la tenda.

Di norma, anche se non ce ne rendiamo conto, riconosciamo la fonte sonora con l'aiuto della vista: nell'ascolto acusmatico questo soccorso viene meno e confondiamo i timbri dei diversi strumenti, scoprendo che quello che pensavamo di ascoltare, in realtà lo vedevamo.

A forza di ascoltare oggetti sonori le cui cause sono occultate, siamo inevitabilmente portati a

disinteressarci delle fonti per rivolgere esclusivamente la nostra attenzione agli oggetti sonori in quanto tali. Il segnale lascia il posto all'oggetto sonoro.

Abbiamo inoltre la possibilità di riascoltare l'oggetto sonoro nelle stesse condizioni fisiche e in questo modo possiamo comprendere meglio la soggettività del nostro ascolto: abbiamo cioè la possibilità di osservarci ascoltare e possiamo studiare come l'oggetto sonoro cambia in funzione della mutata intenzione d'ascolto.

Abbiamo la possibilità di manipolare l'oggetto sonoro attraverso il nostro apparecchio: registrarlo più volte, ascoltarlo con maggiore o minore intensità, dividerlo in pezzi, ecc.

Comincia a delinearsi una definizione di oggetto sonoro: è ogni fenomeno e avvenimento sonoro percepito come un tutto coerente e ascoltato in una situazione acusmatica, indipendentemente dalla sua provenienza e dal suo significato.

Quello che Schaeffer si propone di fare è di mettere tra parentesi ogni riferimento alle cause strumentali e a ogni significato musicale già dato, dunque ogni forma di condizionamento culturale, per consacrarsi esclusivamente all'ascolto. Per lui il magnetofono ha per prima cosa la virtù della tenda di Pitagora: crea dei fenomeni nuovi da osservare, soprattutto crea delle condizioni nuove di osservazione. La nuova tecnica musicale del Novecento legata alle apparecchiature elettroniche serve molto più ad ascoltare i suoni che a produrli.

Abbiamo fornito una seppur vaga definizione di oggetto sonoro ed ora dobbiamo mostrare come si arriva alla percezione di questo misterioso oggetto sonoro. Cerchiamo di costruire un percorso ideale di ascolto:

Il silenzio è rotto da un avvenimento sonoro: io ascolto l'avvenimento, cerco di identificarne la fonte. Il suono è indice di qualcos'altro. Ci troviamo di fronte a un ruolo molto primitivo della percezione: capire qual è la causa di un evento sonoro può aiutarmi a individuare un pericolo o guidarmi in un'azione.

Io capisco, ossia nel suono cerco un contenuto. Metto in atto, in questo modo, un confronto con delle nozioni extra sonore: il suono non è altro che un segno che mi rinvia a un senso. Non ascolto l'oggetto sonoro, ma decodifico un linguaggio.

Ma se io abbandono sia gli indici sia il senso, che cosa rimane? Se noi non accettiamo di dividere l'ascolto in avvenimento e senso, allora posso percepire ciò che costituisce un'unità originale, cioè l'oggetto sonoro che è rappresentato dalla sintesi di percezioni solitamente dissociate.

Si tratta quindi di abbandonare l'atteggiamento naturale e di adottarne uno artificiale: l'ascolto acusmatico che ci guida verso l'ascolto dell'oggetto sonoro si delinea allora come un ascolto

ridotto in senso husserliano, un ritorno alle fonti, una liberazione dai condizionamenti derivati dal contesto culturale o dall'abitudine a una certa pratica. La realtà viene ridotta a un campo di dati fenomenologici.

Fenomenologia dell'oggetto sonoro

Abbiamo più o meno definito che cos'è l'oggetto sonoro: si tratta ora di trovare i criteri che ci possano aiutare a descrivere e definire l'universo dei suoni. Per adesso abbiamo solo isolato un concetto: tutta la difficoltà sta nel creare la grammatica che ci permetterà di descrivere questo oggetto sonoro.

Secondo Schaeffer alla base della nostra attività percettiva si trova la coppia oggetto/struttura. Per oggetto utilizza una definizione di Husserl tratta da Logica formale e logica trascendentale:

«L'oggetto è il polo d'identità immanente ai singoli vissuti, ed è peraltro anche il polo trascendente nell'identità che li sovrasta» [7].

Per struttura utilizza una definizione tratta dal Vocabulaire technique et critique de la philosophie di Lalande. È la definizione di forma: «Le forme sono degli insiemi, che costituiscono unità autonome, manifestano una solidarietà interna e hanno leggi proprie. Ne consegue che il modo di essere di ogni elemento dipende dalla struttura dell'insieme e dalle leggi che la governano. Né psicologicamente né fisiologicamente l'elemento preesiste al tutto».

Si tratta ora di applicare questo concetto di struttura alla musica. Schaeffer ci fornisce tre esempi: Un esempio classico di forma (o di struttura) è quello della melodia, che non è possibile ridurre alla successione della note che la compongono. Le note possono essere considerate gli elementi costitutivi ma se rivolgo una particolare attenzione alla nota isolata, mi rendo conto che questa può apparirmi a sua volta una struttura, in quanto possiede una sua organizzazione interna. La diversità che esiste tra una melodia e una nota quando vengono considerate in quanto strutture, dipende dal livello di complessità.

Pensiamo adesso a una macchia di colore che campeggia su un foglio bianco. Trasportiamo la metafora figura-sfondo nel campo musicale: tutte le volte che faccio delle scelte di ascolto, le faccio a partire da un campo molto vasto che è rappresentato da tutto il mondo che mi circonda con i suoi rumori in cui io ritaglio (o circoscrivo) solamente quello che mi interessa. Ma questo binomio figura-sfondo è a sua volta una struttura i cui elementi sono legati indissolubilmente, e non solo: sono in antagonismo. Posso scegliere di ascoltare una conversazione che si svolge con una musica in sottofondo: se ascolto la musica non potrò più ascoltare la conversazione. E questo antagonismo lo ritroviamo anche nella coppia nota/ melodia: se ascoltiamo la melodia, non cogliamo le note come fatti isolati e se ci concentriamo

sui singoli elementi-note, la melodia si dissolve.

Prendiamo infine un caso molto particolare di melodia, quello della scala musicale. Ascoltiamo una scala, la percepiamo come una melodia. Ma nel caso in cui, per esempio, all'interno di un brano in tonalità di sol maggiore dimentichiamo di eseguire l'alterazione in chiave, percepiamo una stonatura, qualcosa di anomalo all'interno della melodia. La scala musicale è una struttura che condiziona la nostra percezione anche se noi non percepiamo direttamente la scala: è una struttura di riferimento, rappresenta il codice attraverso il quale io ascolto e decodifico la melodia.

Ci troviamo così di fronte a una catena infinita oggetto/struttura che caratterizza tutte le nostre percezioni: ogni oggetto è percepito come oggetto soltanto in un contesto che lo ingloba, in una struttura; ogni struttura è concepita come struttura di oggetti costituenti; ogni oggetto della nostra percezione è contemporaneamente un oggetto percepito come unità in una struttura, ed è struttura in quanto è composta da più oggetti. Questa catena ha però un limite ben definito nel sistema musicale occidentale: la nota è l'oggetto, il più piccolo elemento significativo. Schaeffer si rifiuta di considerare la nota come punto d'arrivo poiché vuole affrontare la catena oggetto/struttura dal punto di vista puramente percettivo e non da quello culturale.

Ma se rifiutiamo la nota, dobbiamo comunque affrontare il problema del reperimento di unità sonore all'interno della totalità del mondo sonoro, di un criterio che ci permetta di segmentare il flusso dei suoni. Schaeffer si rivolge alla linguistica e in particolare alla fonologia.

Come è possibile reperire delle unità sonore all'interno di un discorso? La prima suddivisione a cui pensiamo è quella delle parole che nella nostra lingua ci appare evidentissima. Ma se ascoltiamo una lingua straniera, allora non ci è possibile distinguere una parola dall'altra: la lingua ci appare come un flusso di cui non siamo in grado di cogliere la minima articolazione. Siamo in grado di farlo solo quando possiamo ricorrere al senso. Non saremo in grado nemmeno di cogliere i fonemi, poiché essi sono, proprio come le parole, relativi alla loro funzione nell'insieme del sistema di una lingua.

Come nella lingua i parlanti sono in grado di riconoscere un certo fonema, così i membri di una particolare civiltà musicale sono in grado di riconoscere i tratti pertinenti (quelli che hanno una funzione nella struttura, cioè quei fonemi che vengono riconosciuti perché hanno una funzione rispetto al significato) e di essere sordi a quelli non pertinenti. Schaeffer ricorda, per esempio, come noi non sentiamo il rumore dell'attacco in un suono, che a volte è molto più forte del suono stesso. L'esempio dei fonemi ci conferma così l'insensibilità a delle variazioni acustiche, a volte veramente notevoli.

Cerchiamo ora di applicare questo discorso al nostro problema musicale: i tratti pertinenti saranno quei valori che emergono da più oggetti raggruppati in una struttura e costituiscono gli elementi del discorso musicale astratto; gli altri aspetti, non pertinenti nella struttura musicale ma che costituiscono per così dire la sostanza concreta, prendono il nome di caratteri.

Il valore, naturalmente, comincia a esistere in quanto tale solo nel momento in cui ci sono più

oggetti e questi oggetti si differenziano in base alla variazione di una proprietà comune. Questa relazione valore/carattere postula che il valore non è una proprietà fissa degli oggetti ma piuttosto una funzione che può variare a secondo del contesto, del sistema, delle regole compositive, ecc. Quindi quando ascoltiamo dei caratteri, possiamo sempre immaginare che essi abbiano la possibilità di trasformarsi in valori in un'altra struttura, proprio come una variante fonetica diventa, in un'altra lingua, un fonema distinto.

Su queste basi teoriche prenderà l'avvio il progetto del solfeggio sonoro generalizzato, un tentativo di descrivere l'intero mondo sonoro a partire dal campo dei dati fenomenologici a cui Schaeffer ha tentato di ridurre l'universo musicale.

Si tratta di cercare di descrivere un suono senza utilizzare l'analogia o la sinestesia, ma costruendo un vero e proprio vocabolario tecnico peculiare che traduca fedelmente la trama, il materiale, il corpo del suono e che possa rendere conto della generalità dell'universo sonoro.

Il progetto, non completamente realizzato e con dei difetti strutturali profondi, verrà utilizzato nelle classi di musica elettroacustica ma non sarà mai considerato nella sua portata 'universalistica', cioè come nuovo alfabeto in grado di far scaturire una musica nuova.

Conclusioni di Nicola Bizzarro

Ci si aspettava da quest'opera un grande dibattito: nel 1966, l'anno della sua uscita, gli argomenti che affrontava erano di grande attualità e la discussione sulla musica contemporanea era estremamente vivace. Il Traité invece lascia dietro di sé un grande silenzio: non riceve critiche aspre, ma non suscita neppure adesioni, non fa proseliti. I motivi possono essere molteplici e noi vogliamo citarne solo alcuni: la mole del trattato, la difficoltà di lettura, l'approccio interdisciplinare, la lentezza dimostrativa, l'uso di dottrine filosofiche ormai in decadenza in Francia nel periodo di uscita del libro.

Neanche la musica di Pierre Schaeffer ha avuto, proprio come il Traité e il suo autore, una grande fortuna: dopo il relativo successo dei primi concerti di musica concreta agli inizi degli anni Cinquanta, dovuto soprattutto alla novità e all'aspetto rivoluzionario dei suoi propositi, la musica concreta è sparita dalle scene europee senza lasciare eredi.

A Schaeffer si pensa come a un musicista legato a un certo tipo di musica d'epoca. Eppure noi crediamo nel Traité compaiano temi che sarebbe valsa la pena di non lasciar cadere.

Pensiamo per prima cosa al problema della percezione musicale: quando Schaeffer lavora alla sua monumentale opera la psicologia della forma era già stata quasi completamente abbandonata e prima di Schaeffer poco applicata al campo musicale. Quello che sembra rilevante, non è tanto l'applicazione della Gestalt alla percezione musicale, ma il significato che questa operazione comporta in Schaeffer.

Alla base della ricerca dell'autore c'è il desiderio di una rifondazione del musicale che consenta alla musica del Novecento di superare il momento di grave crisi in cui versa: l'accusa principale dell'autore è un'accusa di intellettualismo, di una ricerca rivolta solo alle strutture astratte in dimenticanza dell'aspetto percettivo, l'aspetto concreto del fenomeno musicale. Questo intellettualismo è il primo responsabile secondo Schaeffer di una incomprensibilità della musica: solo un'attenzione nei confronti delle strutture musicali percepite permetterà alla musica di 'parlare' agli uomini, di comunicare di nuovo con essi. Il tema della Gestalt ci sembra rivolto proprio a questo: un'analisi della struttura di percezione può portarci a capire come costruire la musica del futuro, una musica che deve prendere le mosse dalle capacità del nostro orecchio, dalla nostra possibilità di individuare le strutture d'ascolto.

Vogliamo anche raccogliere i temi dell'ascolto ridotto e dell'oggetto sonoro: queste sono le due nozioni-cardine di tutto il Traité, le nozioni dalle quali prende avvio la riflessione e attraverso le quali Schaeffer costruisce il suo edificio teorico. Sono in certo senso due concetti originali, anche se dichiarano apertamente la loro filiazione da Husserl e dalla fenomenologia.

Cominciamo dall'ascolto ridotto: nel suo significato generale, legato all'esperienza acusmatica, è un'immagine di grande fascino e che inizialmente sorprende favorevolmente il lettore. Sembra aprire prospettive mai intraviste fino ad ora, un approccio al mondo non solo musicale ma anche sonoro che non avevamo mai immaginato.

Se però ci avviciniamo a questa tematica con un occhio un po' più analitico, scopriamo subito che non siamo in grado di dire che cosa sia questo atteggiamento dell'ascolto ridotto.

Secondo Schaeffer consisterebbe in un’operazione di decondizionamento dal nostro atteggiamento naturale (l'atteggiamento naturale consiste nell'attenzione verso il senso e verso gli indici): ma questo decondizionamento non sappiamo in che cosa consista. Come possiamo fare astrazione del senso e del riferimento alla causa energetica? Attraverso quale operazione? Che cosa dovrei'sentire'? Come faccio a sapere quando sono in presenza di un oggetto sonoro? E se per caso non riuscissi a “sentirlo”, Schaeffer ha creato una parola nuova, ma non ha saputo spiegarci che cosa la parola descrive, non ci ha messo in grado di imparare che cosa la parola descriva.

La nozione di ascolto ridotto non è però semplicemente un concetto vuoto, inutile, ha una sua funzione, più evocativa che logica o metodologica. Schaeffer, sempre in bilico tra molte discipline, alla fine ci appare come un inventore di storie, di suggestioni, un letterato, più che un filosofo. Infatti se l'ascolto ridotto dal punto di vista metodologico non spiega quello che dovrebbe spiegare, ci spinge comunque a prendere in considerazione il problema, sposta la nostra riflessione sulle modalità di ascolto. La sola evocazione dell'ascolto ridotto ci fa assumere un atteggiamento nuovo nei confronti del suono: un atteggiamento di attenzione maggiore, di stupore, di curiosità, come se ci trovassimo davanti a qualcosa di inesplorato, qualcosa di mai udito prima. «Un parola nuova è come un seme fresco gettato nel terreno della discussione»[8].

Anche la nozione di oggetto sonoro sottoposta ad analisi mostra ampiamente le sue falle:

infatti l'oggetto nella sua prima definizione designa una relazione con il soggetto. Nella sua seconda accezione il concetto viene fissato invocando la pregnanza delle forme: l'oggetto viene definito a seconda della sua capacità di isolarsi rispetto a uno sfondo, di costituire un'unità percettiva. Nel passaggio dal sonoro al musicale, l'oggetto subisce un'altra trasformazione: l'oggetto sonoro acquista una funzione musicale, diventa un'unità funzionale. I tratti distintivi diventano pertinenti, l'oggetto sonoro diventa oggetto musicale. Ma nella nozione di oggetto, la pretesa era proprio quella di descrivere l'organizzazione percettiva senza tener conto della funzione nella catena sonora: nel momento in cui l'oggetto diventa oggetto musicale, non può essere più considerato come unità percettiva, ma diventa unità funzionale. Malgrado questo la nozione di oggetto sonoro, come quella di ascolto ridotto, sposta la nostra attenzione, ci apre nuove prospettive: il suono, da sempre considerato come qualcosa che rimanda ad altro', si libera dal suo legame con l'evento energetico che lo genera per diventare oggetto della nostra percezione e in quanto oggetto è analizzabile e descrivibile.

Prendiamo infine in considerazione il progetto del solfeggio generalizzato: ci troviamo in grande imbarazzo nel dare un giudizio su un progetto che non è stato portato a termine e che a noi risulta di difficile comprensione a causa della mancanza totale di ascolto e pratica.

La morfologia e la tipologia degli oggetti sonori vengono considerate dai musicisti che si occupano di musica elettroacustica di grande utilità: noi però crediamo che il progetto di Schaeffer non voglia limitarsi ad essere una tecnica di descrizione adatta a un certo tipo di musica che si produce al di fuori di ogni notazione come quella prodotta in studio dal Group de Recherches Musicales (GRM). Pensiamo di poter affermare che la ricerca di Schaeffer fosse rivolta a un ripensamento molto più generale del sistema musicale occidentale e che il fine del solfeggio generalizzato, come lui stesso d'altra parte dichiara più volte nel corso del libro e nella sua lunga carriera di scrittore e ricercatore, sia quello di poter rendere conto di ogni tipo di musica, di poter descrivere la musica al di là della sua provenienza, della sua notazione particolare. Sembra che ci troviamo davanti alla ricerca di un linguaggio musicale universale, che precede i linguaggi musicali particolari. Per esprimerci utilizzando il dualismo caro a Schaeffer, un linguaggio che sia più vicino al polo naturale che a quello culturale. Se così fosse, dovremmo chiederci se si tratterebbe ancora di un linguaggio o se ci troveremmo in uno stadio prelinguistico. Ma questa domanda rimane senza risposta poiché Schaeffer non ha definito che cosa sia il linguaggio (cosa che ci sembra fondamentale nel momento in cui si vuole istituire un parallelismo) né ha risolto in modo esaustivo la comparazione tra musica e linguaggio.

Il Traité dunque è una costruzione disseminata di incompletezze, incongruenze, problemi mal posti o irrisolti. Certamente l'ambizione del progetto e la pretesa di interdisciplinarità sono tra le cause di una, più volte lamentata, mancanza di chiarezza: uno dei problemi di questo libro è che è troppo lungo, troppo vasto, troppo ambizioso.

Malgrado tutti questi rimproveri, siamo convinti che il lavoro di Schaeffer non debba essere dimenticato da coloro i quali affrontano la riflessione teorica sulla musica: le problematiche proposte dall'autore hanno in certo senso acquisito oggi maggiore attualità di quanto fossero al tempo della pubblicazione del Traité. Sicuramente il lettore degli anni Novanta troverebbe

molto invecchiate le parti di psicoacustica e anche quelle sul lavoro in studio: i mezzi tecnici a nostra disposizione sono enormemente cambiati. Ma non crediamo che il Traité debba essere letto come un manuale che guidi la composizione di opere elettroacustiche, né pensiamo che possa essere in generale un manuale che possa interessare il compositore, sempre più rivolto verso gli aspetti artigianali, legato alla prassi compositiva, operazionale. Crediamo invece che l'ipotetico lettore degli anni Novanta possa essere il filosofo, il teorico della musica, colui al quale insomma è affidata la riflessione teorica sull'universo musicale.

Nel Traité troverà non solo un'importante testimonianza storica di quello che è stato il movimento concretista in Francia e tutta la temperie culturale di quegli anni, comprese le problematiche legate alla nascente musica elettronica, ma anche e soprattutto una grande voglia di rinnovamento, al di là della musica che in quegli anni Schaeffer componeva. Un rinnovamento che prescinde dalle circostanze storiche in cui il progetto è stato pensato e realizzato. Un'opera quindi che è nello stesso tempo molto datata e fuori dal tempo.

Per quanto riguarda le accuse di nostalgia e di reazione che sono state fatte a Schaeffer dagli stessi membri del GRM, non possiamo trovarci d'accordo. Il grande amore di Schaeffer per Bach e per la musica del passato in generale non hanno niente a che vedere con la sua riflessione sul rinnovamento del musicale. Se Schaeffer parla ancora di scale musicali, non è a causa di nostalgie nei confronti del passato musicale: siamo piuttosto inclini a credere che questo insistere sulle scale, cioè sulla struttura di riferimento, derivi da una convinzione teorica profonda che ha cercato di mostrare nel Traité ricorrendo alla psicologia della forma e alla nozione di campo percettivo naturale dell'orecchio: la musica, secondo Schaeffer, deve essere per prima cosa verificata dall'orecchio, dall'attività percettiva, che ha delle leggi di strutturazione dalle quali non possiamo prescindere.

2.4 - Considerazioni di Paolo Ippolito su Pierre Sheaffer

L'arte diretta e l'arte indiretta sembra essere questo il postulato teorico di Pierre Shaeffer.

Arte diretta cioè la musica, la pittura, il teatro

Arte indiretta ossia la radio (quindi il fonogramma), la fotografia e il cinema. Per arte indiretta Pierre Shaeffer intende l'arte supportata dal mezzo tecnologico.

L'ARTE DIRETTA

Nonostante l'avvento dell'era tecnologica Pierre Sheaffer notò che, nonostante si fossero fatti passi in avanti grazie alla tecnologia applicata all'arte, non si fosse passati avanti nelle idee che stanno alla base dell'opera d'arte. L'esempio traspare nel cinema con il rifacimento cinematografico di alcune opere teatrali.

Ma la cosa più importante che nota Shaeffer è che il mezzo audiovisivo non arriverà mai a riprodurre la realtà...facciamo un esempio: il quadro del pittore Vincent Van Gogh “Notte

stellata” si potrà fotografare e riprendere con le nuove fotocamere/telecamere più tecnologiche possibili (oggi siamo al 5k) ma non si arriverà mai ad eguagliare ciò che vede l'occhio nudo umano di fronte all'opera!

Da questo si può discorrere tanto in ciò che avviene nell'audio, dalla registrazione su nastro di Pierre Sheaffer ed altri ingegneri/musicisti degli anni 30, alle moderne tecnologie digitali che misurano frequenze di campionamento e potenza in bit avendo a disposizione un materiale numerico (il digitale... digitus in latino significa numero).

Gli ingegneri del recente passato (l'era del digitale 70/90) hanno pensato: lasciamo la frequenza di campionamento a 44.100 HZ tanto l'orecchio umano non può udire le frequenze al di sopra di queste, al massimo può sentire i battimenti e tutto ciò per imitare il più possibile la realtà che non sarà mai reale come la natura, come l' origine. A noi tecnici del suono, in realtà, ci danno delle nozioni specifiche a riguardo, ad esempio:

la voce deve essere naturale in un brano di musica pop/rock leggera o addirittura metal, oppure il suono di una band deve imitare il suono della stessa band che esegue i propri brani in un campo aperto nell'aria. Tutto questo per imitare la vibrazione nell'aria senza reverberi e battimenti, la natura e ciò che è reale. Un esempio lampante è ascoltare la propria voce nel parlato, essa quando viene registrata non risulta reale nel nostro inconscio: ”ah ma sono io che ho questa voce cosi stupida ? Non la riconosco!” Proprio perché la conosciamo sin da bambini, da appena nati. Puoi urlare e parlare animatamente e/o con dolcezza con qualcuno, mentre lo fai sei naturale ma se qualcuno la registra e senti che è la tua... non ti risulta naturale e per come l'hai generata gli dai un ascolto oggettivo e un giudizio soggettivo.

I migliori cantanti odiano la propria voce e sono soggetti ad autocritiche e autosvalutazioni (vedi John Lenon, Jim Morrison).

L'ARTE INDIRETTA

Ciò che secondo Pierre Shaeffer si può fare con l'arte indiretta: è l'abbellimento, la decomposizione, la ricomposizione il rifacimento di un opera d'arte (un po' come succedeva e succede nel restauro)......quindi dell'audio/visivo si può fare il nuovo mastering di un brano dei Beatles, un remix dei Kraftwerk, una nuova videoinstallazione di Karl Heinze Stockhausen, il remake di un film...

Sempre riguardo l'arte indiretta è vero che la registrazione di un orchestra dal vivo viene sentita diversamente IN CASA, nel salotto, con degli altoparlanti, soprattutto se rapportiamo la musica classica d'orchestra (a cui si riferisce la fonte) alla musica odierna; ossia leggera, rock o elettronica, il pubblico in questo caso iper-contestualizza molto l'ambiente sonoro e quindi la sua immanenza e in seguito, anche, la scelta dell'autore: sono usciti tanti live, dopo il trattato, di Pierre Shaeffer si è passati dalla provocazione del “Live in Pompei" dei Pink Floyd (dove non c'erano spettatori) e la registrazione era fatta in un anfiteatro greco...ai famosi live in Japan cosi evoluti tecnologicamente... è un peccato dire che Pierre Shaeffer non ha proseliti... lui ne dovrebbe avere di più, proprio oggi, che siamo nell'era della post produzione; ed il tecnico del suono ha un ruolo fondamentale e non sempre così ambizioso come all'epoca

di Pierre Shaeffer, di fatti molti tecnici e molte apparecchiature sembrano mostrare delle lacune soprattutto dal vivo, si passa dal palco dell'Ariston di Sanremo al concerto del primo Maggio e si scopre che non tutti i tecnici se la passano bene e di conseguenza anche il musicista; che si trova in un contesto non più classico ma mediatico.

È anche vero che quello che dice Pierre Shaeffer mostra delle contraddizioni se rapportate ai giorni nostri ad esempio i piccoli rumori di fondo della musica da camera (di cui dice questa fonte) sono diventati cori, applausi o fischi quindi iper-contestualizzano il prodotto finale.

Deve essere bello ad esempio per un cantante che i propri fan conoscano a memoria la propria canzone e la cantano insieme a lui semmai nel ritornello dal vivo significa che l' hanno sentita in radio o in streaming, su internet o abbiano comprato il cd. Tutto questo è dovuto proprio all'invenzione del fonogramma il cosiddetto oggetto sonoro di cui parla Pierre Shaeffer.

Fu monumentale Pierre Sheaffer nell'affermare che nel fonogramma (la registrazione) vi sia sempre un artificioso riverbero irreale che ancora non riusciamo ad eliminare in fase di post produzione il musicista suona lo strumento o canta ma l'esecuzione la sente diversa da come la ha interpretata, si sono fatti dei passi in avanti (da relativamente poco) per quanto riguarda la voce con l'avvento delle schede audio digitali, ma non oso immaginare chi doveva lavorare negli anni 30 come nel caso del nostro Shaeffer... .e come dice la fonte è solo un fatto fisico il cosiddetto ritardo (delay latency)... la latenza che ancora oggi (con software sempre più elaborati non riusciamo ad eliminare (siamo nel quasi nel 2020).

D'accordo ancora con Pierre Sheaffer nella scomposizione da armonia a nota singola di un brano che sembra essere un analogia tra atomi e nuclei; fa bene a dare la colpa a “noi” occidentali di esserci fossilizzati nella nostra struttura di canzone e quindi di spartito musicale che si ferma a Wagner e che viene poi spazzata via dall'avvento dell'oggetto sonoro (la registrazione audio) dove sin dall'inizio il suono sintetico ha mostrato grande versatilità e dissonanza a dispetto del nostro cosiddetto suono occidentale facendo diventare veramente la musica un qualcosa di universale, senza muri o frontiere.

Dal punto di vista tecnico è vero che anche noi ascoltiamo in tre dimensioni e che i microfoni REGISTRANO IN MONO o al massimo registrano in stereofonia quando sono in coppia, attraverso le tecniche di registrazione (tipo con il panning e la tecnica di microfonazione X/Y).

Però è anche vero che dal punto di vista degli altoparlanti quindi della sorgente sonora siamo migliorati grazie all'avvento del dolby sorround. dal 3.1 in poi.

 

 

 

 

CAPITOLO 3

Pitagora

I Pitagoroci furono i primi a cercare una connessione tra teoria musicale e matematica. Essi affrontarono il problema della consonanza e della dissonanza tra coppie di suoni emessi simultaneamente dal monocorde, uno strumento che li portò anche a cogliere direttamente il nesso tra l'altezza del suono e la lunghezza della corda, che lo emette nonché a studiare la relazione tra altezza e tensionamento della corda. Lo strumento possiede un'unica corda a estremi fissi, posta sopra una cassa di risonanza, ed è dotata di un ponticello mobile che può scorrere da un piolo all'altro nella corda un punto fisso. Grazie a esso, la corda viene suddivisa in due parti le cui lunghezze sono variabili a piacere e ciò permette l'esecuzione di accordi formati da coppie di suoni che stanno fra di loro in una gamma di rapporti. Un'altra variabile è la tensione della corda: essa la corda viene suddivisa in due parti le cui lunghezze sono variabili a piacere, e ciò permette l'esecuzione di accordi formati da coppie di suoni con altezze che stanno fra loro in una gamma di rapporti. 

Un'altra variabile è la tensione della corda: essa può essere alterata appendendo dei pesi ad un estremo della corda, la quale, anziché essere fissata ad un piolo, può scorrere su una carrucola. 

Il primo risultato che Pitagora ottenne, a tensione fissa, fu che l'altezza del suono si mostra inversamente proporzionale alla lunghezza di corda che viene eccitata.

Quindi si è detto che la lunghezza d'onda del tono fondamentale della nota emessa è pari al doppio della lunghezza della corda vibrante, mentre le lunghezze d'onda degli ipertoni o armoniche superiori corrispondono a sottomultipli interi della prima. Il secondo risultato importante è che l'esecuzione simultanea dei due suoni presenta caratteri di gradevolezza quando il raccordo tra le due lunghezze delle due parti della corda corrisponde a una frazione dove numeratore e denominatore sono dati da numeri interi piccoli (rapporti semplici) altrimenti, secondo i greci, l'accordo diadico produce, in misura minore o maggiore, una sensazione di non gradevolezza. 

Così, dagli studi pitagorici emersero gli intervalli cosiddetti consonanti, che diedero l'impronta 

alla musica per i millenni a seguire. I Pitagorici stabilirono innanzitutto che, fin tanto che si mantiene costante il rapporto tra le lunghezze delle corde oscillanti, o ciò che è lo stesso (in termini oggi preferibili) il rapporto inverso delle rispettive frequenze generate, l'intervallo musicale non varia. Tanto per esemplificare, nella scala diatonica pitagorica, il do maggiore (sette note DO RE MI FA SOL LA SI), l'intervallo che separa il quinto grado SOL dal primo DO, è lo stesso di quello che separa LA dal secondo RE, o il settimo SI dal terzo MI. Esaminiamo in dettaglio gli intervalli consonanti.

In ordine crescente dei numeri interi che formano il rapporto di intervallo, sia innanzitutto l'ottava, corrispondente nel monocordo ai suoni emessi l'uno dalla corda senza ponticello, l'altro delle corda dimezzata, ossia con il ponticello mobile posto al centro della stessa: dunque con un rapporto delle lunghezze delle corde vibranti è uguale a 2: 1 (ovvero alle frequenze 2: 1) le due metà della corda a destra e a sinistra del ponticello emettono due note all'unisono.

La parola ottava nasce dal fatto che, nell'andare da un DO a quello della scala superiore si contano 8 note separate da 7 intervalli, dei quali nella scala pitagorica 5 misurano un tono intero e due un semitono (MI FA e Si DO) in scala di DO maggiore. Tutte le culture musicali basano le loro scale sul raddoppio della frequenza nel passare da una scala alla superiore come per l'ottava anche se poi in alcuni casi la scala viene divisa in modo differente dal nostro. Nel nostro caso, si hanno 12 note nella sala cromatica, che ne include 5 accidentate (I tasti neri del pianoforte, note necessarie, come vedremo, per consentire di suonare in tutte le possibili tonalità salvaguardando le giuste spaziature), e ben 17 in quella cromatica e armonica, che tiene distinti i diesis e i bemolle (alla scopo di poter suonare in diverse tonalità naturali, Handel si era fatto costruire appositamente un orango con 17 tasti per l'ottava 7 bianchi per le note diatoniche e 10 neri per le note accidentate!)

Il secondo intervallo che i Greci giudicarono di capitale importanza per l'armonia è quello di quinta perfetta, che corrisponde a un rapporto 3: 2 tra le lunghezze delle 2 parti della corda vibrante (DO SOL).Viene poi l'intervallo di quarta perfetta (DO FA) Con il rapporto di lunghezze 4: 3 seguito da quelle di terra maggiore (DO MI, due toni interi, con rapporto 5: 4) Di sesta maggiore (DO LA con rapporto 5: 3) di terza minore con un rapporto (RE FA un tono più un semitono con rapporto 6: 5) e infine di sesta minore (MI DO con DO nell'ottava superiore, co rapporto 8: 5) Dette consonanze sono coerenti con le previsioni dette fatte in ambito di “scienza degli armonici “ già presente presso i pitagorici, in termini di proporzioni armoniche.

È Interessante notare che, malgrado la riconosciuta consonanza delle terze e delle seste, la sala che porta il nome di Pitagora fu costruita escludendo questi rapporti di intervallo e basandosi soltanto sull'ottava e sulla quinta; ciò perché i numeri 5, 6, 8 esulano dalla quaterna che va da 1 a 4, ossia quella che dai numeri che sommati danno 10, il numero perfetto, cui è associato il quadrato magico.

Come si vedrà, soltanto parecchi secoli più tardi Tolomeo utilizzerà anche il 5 e proporrà la scala che porta il suo nome, detta altresì naturale o giusta di intonazione (scala che tuttavia dovette attendere, per entrare nell'uso generale, addirittura fino XVI secolo). La corrispondenza tra rapporti semplici e consonanze fece annunciare a Pitagora la celebre frase “il segreto dell'armonia sta nel magico potere dei numeri”. Frase che suona molto suggestiva, ma poco a che vedere con la realtà delle cose, in quanto i numeri soltanto nel limite in cui sono espressione di grandezze e comportamenti fisici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 4 

 

John Cage

 

Spesso le invenzioni più folgoranti avvengono quasi per caso, o perlomeno si compiono partendo da cause banali. Quante volte abbiamo appreso di scienziati che hanno rivoluzionato la loro disciplina, ma che in realtà cercavano un'altra cosa. Il loro genio sta proprio nell'enorme duttilità di chi segue in un attimo la nuova pista, e la segue fino in fondo. Anche nella musica a volte succede così.

Prendiamo ad esempio John Cage: negli anni intorno alla Seconda Guerra Mondiale egli era soprattutto un brillante compositore e pianista dedito alla musica per la danza contemporanea. Avrebbe voluto scrivere musica per sé stesso al pianoforte e per un nutrito set di percussioni, ma i luoghi in cui si svolgevano gli spettacoli di danza erano troppo piccoli per soddisfare i suoi desideri: le percussioni non ci entravano! Così, come uno scienziato che fiuta una nuova pista, egli decise di risolvere il problema modificando il pianoforte e compendiando in esso i suoni di quelle percussioni che non riusciva a far entrare nei teatri.

Come si poteva intervenire su una machina così perfetta come il pianoforte? Come si poteva “profanare” il tempio, distorcendo quel suono che era sinonimo di poesia ed emozione? Cage non tentennò nemmeno un istante; armato di chiodi, puntine, gomme, pezzi di legno e di altri materiali lavorò direttamente sulle corde all'interno dello strumento. Ogni corda assume così un suono diverso (e anche l'altezza stessa dei suoni viene spesso interessata): è il pianoforte preparato. I puristi non si spaventino: la preparazione è reversibile, basta qualche minuto per sparecchiare e tornerà il fidato strumento che conosciamo. Viceversa la “preparazione” è lunga e meticolosa, almeno un paio d'ore di lavoro.

Il risultato è affascinante: una serie di nuovi colori il cui accostamento genera infinite combinazioni. Molti sono i rimandi all'oriente, al gamelan indonesiano o al sitar indiano. Difatti in quegli anni, ben prima che diventasse di moda, Cage era molto interessato al pensiero orientale, specialmente al Buddismo Zen. E in questa musica questo legame si sente molto, non solo nelle sonorità che scaturiscono dai vari materiali inseriti nella cordiera, ma anche dall'atmosfera contemplativa che i brani possiedono. C'è pace, c'è uno sguardo profondo, anche quando la musica è in pieno movimento.

Il ciclo di brani più significativo per pianoforte preparato è quello chiamato Sonate e Interludi, 20 brani. Curioso che il titolo rimandi al mondo accademico, ma non casuale. Innanzitutto c'è un'estrema geometria nella costruzione: un interludio ogni quattro sonate, tranne un interludio in più posto esattamente a metà ciclo, quindi una struttura chiasmica. Poi le sonate sono tutte divise in due parti, ciascuna con ritornello (come nelle sonate di Domenico Scarlatti, il grande clavicembalista del 1700). Pur nell'uniformità della costruzione ogni brano possiede il suo carattere ben definito, si pensi che nel pianoforte preparato la scelta delle note determina anche la scelta timbrica (è come se in orchestra affidassimo una melodia alla tromba invece che al violino). Alcune sonate spiccano per la genialità dell'invenzione: ad esempio la n.5, con il suo incedere implacabile e le scelta dei timbri più stranianti, ci ricorda le più riuscite “computer music” degli anni a venire. Sì perché in fondo questi suoni, che più manuali e artigianali non si può, spesso sembrano quelli elettronici che vengono creati seviziando sinusoidi e logaritmi.

Un'ultima annotazione: all'inizio di questo scritto avevo parlato di rischio per la poesia. Nessun rischio, anzi, questa musica ne è intrisa. Piena di candore ed emozione. I puristi se ne faranno una ragione, del resto non siamo obbligati a scegliere tra Chopin e Cage, possiamo prenderli entrambi.

John Cage e il Bosone di Higgs di Nicola Cisternino 

Non era certo immaginabile un evento 'sincronicistico' nell'accezione quantistica più esplicita - ovvero quella psicofisica elaborata da Jung e da Pauli - più rivelatore e casuale, per ricordarci quest'estate il centenario della nascita (ma anche della morte) di John Cage (Los Angeles 5 settembre 1912 - New York 12 agosto 1992). La scoperta del bosone di Higgs, senza scomodare espressioni ed orpelli linguistici del marketing scientifico ci ricorda che per John Cage, come lui stesso insistentemente ci sottolineò fino ai suoi ultimi giorni, riprendendo l'amato Ananda K. Coomaraswamy, l'arte cambia perché cambia il nostro concetto sul modo in cui opera la natura. 

La prospettiva organica (quella ispirata da Thoreau e spazializzata nell'architettura da Wright per stare all'animus statunitense, di cui Cage fu fra i più fertili promotori ma che rimanda alla connessione 'sistemica' di Leonardo da Vinci) sposta completamente l'orecchio, oltre che lo sguardo, alle processualità (anche del suono come parte del tutto organico) della materia in quanto intelligenza prima che all'uomo si svela e dialoga, nel suo pieno senso relazionale, con le facoltà umane prime, ovvero quelle dell'intelligenza corticale e sistemica specifiche della nostra specie. Se il nostro modo di guardare sarà costituzionale della nostra visione, il nostro modo di ascoltare lo sarà della musica, così l'immagine della realtà sarà frutto della nostra mente. 

Dall'uno al tutto, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande passando innanzitutto per l'apertura (accoglienza) al diritto di tutti i suoni ad essere ascoltati' (J.C.) secondo nessi e relazioni principalmente casuali. L'apertura al caso nella puntuale differenziazione operata da Cage tra Alea (apertura agli infiniti possibili di qualsiasi evento in connessione spaziotemporale) da lui perseguita […] Il silenzio non è acustico, è un cambiamento della mente, un mutare direzione. Dedicai la mia musica al silenzio. Il mio lavoro divenne un'esplorazione della non intenzione. 

Per portarlo avanti fedelmente avevo sviluppato un complicato modo di comporre utilizzando le operazioni casuali dell'I-Ching, facendo sì che la mia responsabilità consistesse nel porre domande invece che nel fare scelte. […] Il silenzio non esiste. Il silenzio è una diversa condizione mentale. Nel silenzio ci sono tutti i rumori che ci sono. L'ascolto con molta cura. In generale mi piace ascoltare, mi piace così tanto che non smetto mai. 

Penso che a chiunque piaccia il suono ami il silenzio che è pieno di suoni. (John Cage) John Cage, 1992 (foto di Steven Speliotis) 88 finnegans e Improvvisazione (la riproposizione più o meno conscia di stereotipi e schemi ripetitivi), rappresenta quell'apertura, vero e proprio cambio di fase paradigmatico, che apre l'esperienza umana all'indeterminato, ovvero a quel processo che nella fisica quantistica (un mondo nel quale le particelle non sono sferette che si muovono, come vorrebbe continuare a farci credere una rappresentazione deterministica della materia, ma relazioni statistiche fra eventi e flussi energetici) Werner Heisemberg formulò nel suo celebre principio, d'indeterminazione appunto, che recita: «Nell'ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l'accadere (all'interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso». 

Ovvero, dovendo descrivere con termini classici il mondo atomico, possiamo farlo solo con l'interconnessione di coppie concettuali che non possono essere definite precisamente nella loro simultaneità. Quanto più insistiamo su una polarità della coppia, tanto più l'altra sarà incerta, indeterminata, per cui, a seguire, l'interconnessione quantistica si completa con la nozione di complementarietà di Niels Böhr in cui la manifestazione corpuscolare e ondulatoria, fino ad allora considerate contrapposte, della materia sono descrizioni complementari della stessa realtà. Principi fondanti dell'arte di Cage a cui egli vi arriva con la settima stella dell'immaginazione', come direbbe Paracelso, promuovendo la pratica della musica come disciplina per quietare la mente e disporla agli influssi divini', secondo l'insegnamento della musica indiana rivelatogli da Gita Sarabhai. “Quando viene formulato un giudizio di valore, questo non esiste al di fuori ma unicamente all'interno della mente che lo crea. 

Quando si dice che qualcosa è buono e qualcos'altro non lo è, di fatto viene presa una decisione allo scopo di eliminare certe cose dall'esperienza. Secondo Suzuki, lo zen richiede che questo tipo di attività dell'Io diminuisca a favore di un incremento dell'attività che accetta il resto della creazione. Io decisi - piuttosto che intraprendere il percorso prescritto nella pratica formale del buddismo zen, cioè la postura a gambe incrociate, la respirazione, e tutto il resto - che la disciplina a me congeniale sarebbe stata quella a cui già mi dedicavo: fare musica. 

E che l'avrei fatto con mezzi altrettanto rigorosi quanto la posizione a John Cage a Venezia (foto di Roberto Masotti) John Cage e David Tudor in Giappone, 1960 (John Cage Trust) 89 Sonopolis gambe incrociate, ovvero l'uso delle operazioni casuali e lo slittamento delle mie responsabilità dall'atto di fare delle scelte a quello di formulare delle domande ” (J. Cage). Se sui processi casuali ispirati all'IChing Cage ha parlato lungamente poiché, e non poteva essere altrimenti, altrettanto lungamente frainteso, molto si è rielaborato sul piano critico-musicale, dovendo riportare comunque in un orizzonte linguistico de-finito - quello dei suoni e della musica - processi e comportamenti' esecutivi (a cominciare proprio dalla pratica del concerto, ad esempio) dei nostri modelli sociali. 

La coincidenza dell'interesse di Cage per il libro sapienziale cinese, originatosi dalla vicinanza a Daisetz Suzuki giunto tra il'46-47 alla Columbia University, corrisponde, per rimandare allo spunto 'sincronicistico' iniziale, all'interesse che lo stesso libro ricoprì nei processi di consapevolezza collettiva' archetipica iniziali che Carl Gustav Jung ritrovò nelle pratiche simboliche de Il segreto del fiore d'oro a cui seguì l'I-Ching, la cui edizione in occidente riporta una sua illuminante prefazione da noi tradotta nell'edizione Adelphi. 

Lo spostamento paradigmatico dalla causalità degli eventi, in quanto rigida ideologia costituzionale dell'orizzonte deterministico nel quale continuiamo ancora ciecamente a muoverci e a pensare, a quello a-causale delle connessioni non locali - direbbe David Bohm con Krishnamurti - vede l'azione, oltre che l'opera sociale di Cage attraverso i suoni, votata a quei processi auto-generativi e di autogoverno fondati sulla ricerca di livelli di coerenza (e dunque compatibilità) interni ai sistemi che la fisica quantistica definisce come boatstrap, vocazione che in Cage assume i caratteri di un profondo e disciplinato rigore anarchico dell'individuo. 

Vocazione ancor più profetica e illuminante nell'anno di questo suo centenario, poiché con il suo iconico e sonoro sorriso Cage ci invita ad uno scatto neuronale evolutivo che riporti la specie umana a rientrare nella sua attitudine prima, quella dell'esercizio e della disciplina mentale, ed evitare, per dirla con il titolo dato al suo diario ripreso da una storiella di Chuang-tzu, di continuare a pensare a: 'Come migliorare il mondo (Peggiorerai semplicemente le cose)'. […] Ho i miei dubbi sulla comunicazione. Spesso una domanda o un'affermazione nel trasmettersi da una persona all'altra cambia completamente. […] Ancora non abbiamo scoperto il modo giusto di comportarci. L'atteggiamento che funzionerà sarà caratterizzato dall'intelligenza, dall'umanità e dal rispetto della natura; non solo rispetto, ma comprensione e cooperazione con il modo in cui opera la natura. 

Bisogna, in altre parole, pensare al mondo in cui viviamo come un posto non da distruggere ma con cui collaborare (J. Cage, 2012). * Sonopolis è il nome di un progetto di rete sulla musica contemporanea realizzato a Venezia dal 1990 al 2001, ideato e curato dall'autore in co-produzione tra l'Associazione Sonopolis e il Gran Teatro La Fenice ed altre istituzioni del territorio Omaggio di Luciano Berio a John Cage... lo pensavo intoccabile, come il rumore del vento, degli aeroplani, del mare, del traffico e degli uccelli, perché l'ho sempre amato e ammirato, e perché mi lega a lui una vasta e quasi soffocante quantità di ricordi, grandi e piccoli, pubblici e privati. Con John Cage muore un santo, un giocoliere, un eroe, un inventore, un umorista, muore cioè uno dei grandi uomini di questo secolo, che ha potuto combinare e sublimare con rigore e purezza i segnali e le impronte di percorsi tanto diversi. Sorridendo. Luciano Berio (da La Stampa del 14).

 

 

 

 

CAPITOLO 5 

IL VOLO INTERIORE 

Questo brano è scelto dalla seconda e per ora ultima suite di jazz fuori luogo sotto intitolata “Il volo interiore” il testo e le liriche originarie sono del 2012, ma vocalmente sono reinterpretate e re-improvvisate, nel 2017, aggiungendo l'elemento del volo; la storia di questo lp forma un concept album che narra di un uomo che viene isolato dalla società e dalla sua ragazza, finché nel momento più difficile della sua vita, trova un libro segreto che prometteva al protagonista di volare (prendendo chiaramente spunto dal film americano Birdman, anche se con qualche differenza).

Tecnicamente il brano è un'improvvisazione su una batteria jazz molto dinamica 
dove vi sono parecchi stacchi e parecchi tempi dispari sia sciolti che di polso... per il basso è stato usato un basso fatto in liuteria (da un venezuelano amico di un mio amico precisamente) il basso è stato registrato in presa diretta con una scheda audio Motu MKII 828 Made In Japan, via jack dall'input all'output, qui ho usato un plug in molto famoso per gli strumenti a corda elettrica e non: Guitar Rig della Native Instruments, ho modificato il preset container che non è altro che un ampio reverbero... per quanto riguarda la chitarra ho usato una eco acustica economica che con il cambio delle corde rende molto di più in quanto a dinamica del suono, vi è molta improvvisazione dentro la traccia come dovrebbe essere nel jazz (anche se rispetto alla prima suite di jazz fuori luogo sotto intitolata estasi divina risulta avere un suono più dark/jazz tendente alla musica classica e meno jazz rock fusion) tutto ciò sempre con Guitar Rig, usando questa volta il preset psycotika, proprio per usare la psichedelia: un fondamentale e chiaro elemento degli strumenti a corda.


La voce, infine è la parte più elaborata dei miei brani prima di tutto ho usato un microfono AKG a condensatore semi economico: il PERCEPITION 120, non uso né asta e né antipop per la registrazione, non perché non sappia montare il microfono su un'asta ma per un fatto di comodità delle corde vocali e dei muscoli diaframmatici, io mi devo sentire libero di saltare e muovermi come voglio per intonare le mie liriche... come effetti ho messo dentro un compressore un equalizzatore grafico ed uno parametrico, un po' di eco e tanto reverbero, ma la cosa più importante che mi differenzia da altri gruppi e il modulatore di frequenza sulla voce... che può essere il chorus o il flanger..da un po' di tempo, uso l'ensemble (SEMPRE UN MODULATORE DI FREQUENZA) di Logic PRO X che mi da più modi di modulare la frequenza del suono;cambiandogli l'impostazione se non addirittura (nel limite del possibile l'intonazione) da far notare che tra i tanti effetti ci sono anche tante tracce messe in fase con una traccia semplice senza effetti o almeno con un semplice compressore il risultato è la canzone “il volo verso il sole” la traccia, finale di jazz fuori luogo 2 con video 4k annesso.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 6 

IL CAMPIONE

 

Il Campione è una cover di Franco Califano (Il Prèvert di Trastevere), artista famoso per la sua vita piena di eccessi, la canzone è stata ideata e scritta nella fine degli anni 70 e riproposta nell'album che andò a “Sanremo 2005”: NON ESCLUDO IL RITORNO.

Non avendo un file originale midi (un karaoke midi che ti da TRACCE SEPARATE) del brano ed essendo quasi del tutto autodidatta è stata difficile per me idearla: per prima cosa ho acquisito la canzone originale in file wav poi l'ho passata in Ableton Live 9 e dico il 9 cioè l'ultimo perché è l'unico che ti dà la possibilità di trasformare un file wave in un file midi cosi ho esportato l'armonia in file midi; (cosa che ti fa solo ableton live 9 per MAC o altri programmini dedicati per windows)dopo di che la traccia midi dell'armonia l'ho importata in Logic Pro X e l'ho duplicata in varie tracce: una che fa il basso, una che fa la melodia E COSI VIA... ma il risultato ancora non mi soddisfaceva, quindi ho tentato qualcosa di più originale, miscelando vari file midi con la traccia audio con cantato annesso, il tutto sopra le varie tracce midi. Tuttavia, il problema in quel momento era la voce di Califano che si sarebbe sovrapposta alla mia, allora ho azzardato il tutto per tutto con gli effetti della fase, di fatti questo era un problema che mi affliggeva da tempo come fare una cover senza saperla suonare in note ma “ingegnerizzata matematicamente” avevo sentito parlare di preset di plug in che ti eliminano la voce di un brano cantato come audition e audacity, ma non funzionavano un granché; difatti la canzone rimaneva uguale quindi ho usato l'effetto phase distortion di Logic Pro X cercando di eliminare la frequenza fondamentale della voce di Califano e il gioco è stato fatto... a quel punto mi è bastato aggiustare i synth midi e cantare con la mia voce il brano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 7

14th AVRIL

IL Brano di Aphex Twin: Avril 14th è stato registrato su un Disklavier Yamaha: un pianoforte acustico Yamaha;predisposto per accettare dati MIDI, il che significa che puoi scrivere sul computer e far eseguire un piano acustico: al giorno d'oggi (siamo quasi nel 2020), sembra una cosa normale... il fatto è che Aphex Twin, ha basato la sua carriera, proprio, su questo tipo di studio… di fatti se sentiamo 14th Avril possiamo ascoltare tutta la sua tecnica e bravura acquisita dagli anni 80 ad oggi nel programmare dal computer e remotare sullo strumento… il brano risulta scorrevole e pop come se lo avesse studiato ed eseguito un ragazzino di 13 anni che inizia a studiare il piano... Aphex Twin è famoso proprio per questo... si dice che sin da piccolo avesse l'istinto di far suonare i rumori poi con il tempo e gli studi di ingegneria, ha cominciato dalla sua Inghilterra a studiare la musica ambient di Brian Eno, il silenzio e lo studio del piano preparato di John Cage e il maestro Karl Heinze Stockausen che ha anche incontrato davanti alla stampa a confermare il fatto che lui non è solo un dj ma un pioniere della nuova musica elettronica.

Passando al mio lavoro ho cercato di eseguire l'accompagnamento sia vocale che violinistico di 14th Avril... il mio risultato è un canto mistico quasi da chiesa per quanto riguarda la voce... mentre per il violino ho usato un microfono dinamico a pulce da attaccare manualmente alla cassa armonica dello strumento... quindi la microfonazione è stata semplice… ma la buona ripresa di un violino applicato alla musica elettronica dipende molto dal software... ho usato Ableton Live poiché dopo tentavi con il Logic con i più disparati plug in, non riuscivo proprio ad ottenere un violino frizzante e allo stesso tempo dinamico.

Questa è la mia seconda versione di 14 Avril, nella mia carriera, dove ci sono ben due tracce di violino separate più quella della voce non presente nell'originale di Aphex Twin... gli effetti usati sul violino sono stati il Simple Delay di Ableton con un wet del 33% e un feedback del 66 % con tempo di rilascio di note dispari 3/8… equalizzatore grafico e compressore multibanda... in questo modo il suono del violino si dilata e si espande fino a creare un ambiente magico che si incastra con la voce che passa dalle cripto-melodie infantili degli studi di Demetrio Stratos al quasi canto gregoriano nelle basse frequenze vocali. 14th Avril rimane una delle cover più ambita non solo di Aphex Twin ma tra tutti i compositori e dj di musica elettronica Post Kraftwerk / Brian Eno /Jean Michelle Jarre la si esegue dal jazz, alla musica classica per orchestra, fino al “semplice remix”. 

Io l'ho voluta fare sul lavoro originale con appunto il violino e la vocalità senza testo un po' come i lavori di Ennio Morricone con Edda dell'orso: basati su scale vocali ma senza testo… solo espressività e interpretazione che suscita spazio alle emozioni più immanenti. senza dare un ma o un perché al testo poiché il brano originale è senza testo… cercando di rispettare l'idea d'origine di Aphex Twin dandogli in più l'elemento romantico e pitagorico della corda del liuto. Creando, quindi, un giusto compromesso tra storia e innovazione tecnologica.

 

 

 

CAPITOLO 8

IL POETA DALL'INFERNO - CHE TUTTO SIA COME IL CAOS

Il Poeta Dall'Inferno è il mio ultimo progetto metal: molto innovativo perché cantato in italiano... di band italiane che fanno metal ce ne sono, ma, tutte hanno lo stesso “problema” cantano in inglese… io ho voluto cantare in italiano dopo che ho sentito una nuova band toscana: “I Colonnelli”... anche se rispetto a loro il mio cantato è ancora più metal... i Colonnelli di fatto hanno una linea vocale abbastanza melodica... ho già pronti 10 brani per questo progetto... quello che presento in questa tesi è “Che tutto sia come il caos” un pezzo metal grindcore; la batteria è programmata in 220 bpm quindi velocissima, anche se sappiamo che i numeri: in matematica come in musica sono relativi perché con un computer o drum machine puoi arrivare a 220 Bpm di metronomo ma per aggiungere più trigger o meno trigger basta dimezzare o raddoppiare i bpm tramite un semplice calcolo matematico... la batteria è piena di stacchi ed è veloce all'inverosimile, non so se un batterista vero ci riuscirebbe... mentre per la chitarra ho usato l'Electric Guitar EKO DV 20... accordata ad orecchio ma molto bassa di tonalità, con una logica ben precisa non l'ho accordata con il tuner in RE... ma abbassando ancora di più le accordature con 2 preset in tempo reale di guitar rig: il mezone sarebbe l'emulazione del pedale analogico della boss chiamato appunto metal zone usato molto dagli anni 80 fino ad oggi.

Quindi la chitarra suona in maniera secca, distorta e poderosa. Per il basso ho usato sempre il mio basso di liuteria facendogli lo slapping in molte delle sue note (soprattutto nel finale)… per gli fx di sottofondo ho usato una tastiera controller midi: la m-audio air mini (2 ottave) più una altra master keyboard sia midi che audio a 5 ottave... la voce è, come sempre, la cosa più elaborata: ho usato il neewer 700 come microfono a condensatore... anche se economico quest'ultimo risulta avere un suono molto graffiante: adatto alle distorsioni che si usano nel metal... come effetti ho usato il delay designer di logic pro x con il ritardo di 1/8, più il distortion 2 per la distorsione, il modulatore di frequenza ensemble con otto voci in chorus in effetti di fase, ed infine il pitch shifter solo sulla traccia di voce effettata... lasciando come al solito un canale con voce normale quindi compressore ed equalizzatore proprio per far capire il testo, cosa molto importante nel metal soprattutto se cantato nella tua lingua.

All'inizio è stato difficile cantare metal in italiano (molto di più dell'inglese dove si usano parole molto contratte e meno vocali)..non penso ci sarei riuscito 5 o 6 anni fa... ma le cose cambiano le corde vocali sono muscoli che più le alleni più diventano potenti... poi per il resto dell'album ho cantato, con sempre meno difficoltà e stancandomi sempre di meno (usando le tecniche dei monaci tibetani)... .sono contento di questa canzone e di questo progetto perché sono stato uno dei primi a suonare metal italiano ma soprattutto a cantarlo nella nostra lingua... perché a differenza dei Colonnelli la mia voce va sia in growl (ciò è urla basse di frequenza) che in screaming (Alte di frequenza... più l'altra tecnica usata dagli slipknot di urla secche e distorte che vengono sia dalla gola che dal diaframma.

 

 

 

CAPITOLO 9

Donnie Il Gioielliere

Donnie il Gioielliere (il nome è un chiaro riferimento all'epoca della fine del proibizionismo) è il mio primo brano con la tromba, il mio nuovo strumento classico e lo suono da circa 2 mesi ma, complessivamente l'ho provato a registrare 4 o 5 volte... questa è la mia prima registrazione in assoluto con la tromba... tutto è nato dal jazz e dalla voglia di fare un brano con la chitarra acustica; mi serviva l'ultimo brano per jazz fuori luogo 2, la prima cosa che ho fatto è stata quella di scaricare una batteria che non mi desse problemi di copyright (quindi con delle percussioni che fossero a note indeterminate). Navigando su Youtube mi sono imbattuto in alcuni assoli di batteria e alla fine ho trovato un’esibizione live molto impressionante, di una leggenda del jazz (almeno per quando diceva Youtube e quando in effetti ho potuto apprezzare anche io):  Gadd Weckl Colaiuta… ho scaricato l'assolo di batteria... sembrava impossibile mettere una chitarra acustica lì sopra, almeno accordata in MI, di fatti non ci riuscivo... quindi ho cercato di cambiare l'accordatura, ad orecchio, è un po' difficile da spiegare come l'ho accordata; purtroppo io seguo una certa logica uditiva (è come se il mio orecchio fosse assoluto quando voglio accordare qualcosa, ma essendo quasi del tutto autodidatta con gli strumenti a corda finisco per dimenticare tutto se non uso un accordatore (tuning per segnarmi le note - questo mi accade anche per la chitarra elettrica, basso e violino). Ma oramai secondo il mio orecchio, l'accordatura era definita ed ho incominciato a suonare sulla batteria. Durante l'esecuzione non avevo plettri (alla fine sono stato soddisfatto dell’esecuzione così come l’ho realizzata), ha richiesto molto impegno, arrivando a suonare con tutte e 5 le dita della mano destra per 5/6 minuti.. 

Il pezzo mi piaceva ma non era assolutamente completo: così passando per un negozio di strumenti musicali mi soffermo su alcuni strumenti a fiato: gli ottoni. Era da un po' che sognavo di acquistare questi strumenti, attraverso i quali intendevo completare e dare una coloratura Jazz Fuori Luogo 2. La tromba mi piacque e la comprai. La suonai in Donnie Il Gioielliere. Non fu così difficile microfonare la tromba, un equalizzatore grafico con molte basse frequenza ed un delay con ritardo “slow” di 1/8... più il solito compressore... ho notato in seguito in altre registrazioni che una buona microfonazione della tromba la si può avere anche con degli effetti di modulazione di frequenza della fase (come l'ensemble di Logic Pro. Alla fine sono stato contento di quell'acquisto, del brano e di essere passato ad un altro strumento classico, dopo il violino che suono da circa 2 anni. 

 

 

 

 

 

 

 

CONCLUSIONI

“Un Gioco Antico Diventato Calcolo Moderno” 

Che cosa accomuna Pitagora (di cui si dice essere una divinità equiparabile a Gesù, Mytra o Krishna) a quello che ora è diventato un computer (un calcolatore)? L'amore per la musica e per la sapienza che ogni cuore ha! Ma tutto ciò ha portato la musica in un ruolo ambiguo e contraddittorio, poiché si è passati da divinità (quindi da un essere immortale e che quindi ha l'anima, o quanto meno crea i presupposti per conservare l'immortalità dell'anima) ad una “cosa” che non ha cuore e quindi neanche anima, come il computer, il calcolatore. 

Allora è reale l'incubo che le macchine finiranno per possederci? 

Secondo me possiamo correre questo rischio: Pitagora ha dato a noi questa sapienza che è ancora più antica di Lui (infatti tutte le sacre scritture dicono “vi fù il verbo” e cosi nacque l'universo) 8.000-5.000 AC (i Veda e l'Antico Testamento)! Ma l'uomo non è contento per indole, o almeno è deluso e inappagato della propria esistenza e ha sempre avuto voglia di “nuovo”:  ha voluto coltivare la terra, poi il teatro e la musica, le leggi, i grandi filosofi e i rivoluzionari, i poeti, i santi e i navigatori, le guerre. Ora nel nuovo millennio le macchine. 

Ma la situazione è peculiare negli ultimi decenni, i computer sembrano dare impulso ad una nuova rivoluzione industriale. Procedendo di questo passo, con le nuove tecnologie, da 5 miliardi di persone sulla terra, nel giro di 28 anni siamo passati a 9 miliardi di persone. Siamo in tanti ma le macchine potrebbero non consentire a tutti di avere un lavoro e di poter sostenere la propria vita come si poteva presagire in passato. Le macchine avrebbero dovuto liberarci dai compiti di fatica e dai tempi e ritmi esasperanti di lavoro, mentre al contrario ci relegano ad un ruolo marginale nel sistema produttivo, quasi superfluo. Tuttavia - come sottolineato in precedenza - non sembra condivisibile la proposta di Bill Gates di tassare i robots.

Squarepusher e Aphex Twin che programmano la musica non eseguendola - se non tramite le macchine - sembrano fomentare questo tipo di marginalità dell’esecutore: tutto ciò ci fa pensare che stiamo assistendo alla seconda rivoluzione industriale. 

La fisica quantistica - una scienza che io reputo più vicina alla musica e all'arte in generale - afferma che il tempo non esiste e che il vuoto è energia, quindi frequenze. Ma ora rischiamo di oltrepassare il limite consegnando la ragione ad uno strumento - il calcolatore - che di per sé appare ancora piuttosto “ottuso” nel confronto con l’intelligenza e con l’animo umano.

Per Steven Awking le macchine finiranno per “impazzire” o ribellarsi, il calcolo – finalizzato al raggiungimento di obiettivi per lo più commerciali - diventa sempre più veloce, inanimato, privo di profondità o di remore (ne sono esempi i social network, la creazione di fake news, il caso Anonymous e il caso Blue Whale).

Non consegniamo la musica agli ingegneri, ai fisici, ai matematici o agli scienziati che pensano di appropriarsi del verbo primordiale creando una macchina che fa musica: esso non è un essere vivente, ma un qualcosa di inanimato, privo di emozioni, che non può valutare il pericolo dei suoi stessi calcoli matematici applicati all’espressione artistica o alla vita. 

La musica è ciò che veramente ci fa stare bene: difatti, la risposta alla domanda di Piergiorgio Odifreddi da parte di Karl Heinze Stockhasuen è emblematica, nel momento in cui parla della celeberrima sequenza di Fibonacci, che sta tanto a cuore sia al maestro che a me (1 – 1- 2 – 3 – 5 – 8 – 13 …). Questa sequenza - ricavata addizionando sempre il numero che precede partendo da uno - sta alla base dell’architettura naturale, la così detta “sezione aurea”, da cui si ricavano molteplici geometrie: dalla conchiglia alla galassia, dal tempio greco al disegno – non solo o semplicemente artistico - della Gioconda. 

È da questa sapienza antica e naturale che dobbiamo trarre la nostra forza, il quale, al pari della musica, ha una natura “universale”, trae origine dal verbo dei primordi (un suono) di cui ci parlano tutte le culture antiche, cioè il “non io” che dice:  “io esisto e quindi creo” (che scientificamente può essere definito il big bang) al più piccolo suono ricavato in uno spettrogramma di frequenza.

Col tempo si è passati dall'assoluto al relativo, poiché in ogni nostra singola cellula e/o cuore vi è una fiamma pitagorica, una fiamma divina che ci rende unici ed eterni, che distingue la nostra essenza e la nostra arte musicale da quella prodotta dai robot e dalle macchine. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scheda tecnica microfoni, strumenti e software usati per la composizione

 

Strumenti per la composizione

 

Acoustic Guitar

EKO Ranger Cv 20 EQ

 

Basso 

Liuteria 

 

Electric Guitar 

EKO DV 20

 

Violin

 

Keyboard /Controller Midi

Air mini 32 M-Audio

 

Microfono per voce a condensatore

AKG Perception 120 Condenser Microphone Specifications: 

Capsule: .667-inch true condenser 

Polar pattern: Cardioid 

Frequency range: 20 - 20, 000 Hz 

Sensitivity 18 mV/Pa 

Preattenuation pad: 0 dB, -20 dB 

Bass-cut filter: 12 dB/octave at 300 Hz 

Max. SPL for 0.5% THD: 135 dB / 155 dB (0 / -20 dB) 

Impedance: 1, 000 ohms 

Powering: 48 V phantom power 

Current consumption: < 2 mA 

Output connector: Gold-plated 3-pin XLR-type 

Finish: Metallic blue 

Dimensions: 2.1" W x 6.3" L (53 x 160mm) 

Net / Shipping Weight: 525 g (18.5 oz) / 955 g (33.7 oz) 

Standard accessories: Metal screw-on stand adapter

 

Microfono A Condensatore Per Strumenti e Live

 

Neewer NW-700 Professional Studio Broadcasting & Recording Condenser Microphone Set Including: (1)NW-700 Condenser Microphone + (1)Metal Microphone Shock Mount + (1)Ball-type Anti-wind Foam Cap + (1)Microphone Audio Cable (Black)

 

Due Neewer 700

 

 

 

Bullet Points: 

 

The Set Includes: (1)Black NW-700 Professional Condenser Microphone + (1)Metal Microphone Shock Mount + (1)Ball-type Anti-wind Foam Cap + (1)Microphone Power Cable.

 

The professional condenser microphone adopts the completely new audio circuit. Capture rich, full-bodied sound from sources that are directly in front of the mic. The cardioid pick-up pattern minimizes background noise and isolates the main sound source.

 

The metal shock mount features an angle adjustment with locking knob and can effectively reduce handling noise.

 

The ball-type anti-wind foam cap can protect microphone against wind interference and singers' spit.

The set can be used for karaoke, in sound reinforcement or recording, to pick up voice or instruments, indoors or outdoors.

 

NOTE: 

 

1.The Condenser Microphone only works with the device that could provide enough power(Voltage Required: 5V) for it.

When connected with desktop computer, the Microphone could be used alone;

When connected with laptop computer, please connect the laptop to electrical outlet, or use a 48V phantom power to get enough power if the sound is not clear and high enough.

2.If your device could not provide enough power(when used with Amplifier or Mixer, etc.), the sound volume recorded might be low, and please use a extra 48V phantom power adapter to connect it.(phantom power adapter is not included).

3.The microphone can not be used with mobile phone and tablet computer. NOTE: It cannot work with Mac.

4.If you want better sound effect, a sound card should be used.

5.When recording, please put the microphone away from the amplifier to prevent recording noise due to amplifier.

 

 

(1)Condenser Microphone: 

 

The professional condenser microphone has a cardioid pick-up pattern that isolates the main sound source and minimizes background noise, highlighting the performance with smooth frequency response range for best vocal.

Gold-sputtered diaphragm for accurate sound reproduction.

Low noise, wide dynamic range and high sensitivity output. Widely used in recording studios, radio, stage performances.

Fashionable design. Noble and elegant appearance.Sturdy and durable.

Body Weight: 11oz/316g

Color: Black

Material: Metal

 

 

 

(1)Metal Mic Shock Mount: 

Isolate most studio condenser mics from physical vibration, floor, and stand noise.

(1)Ball-type Anti-wind Foam Cap: 

 

Reduce the occurrence of wind, breath sounds and popping noises.

Keep your microphone clean and help extend it's lifetime.

(1)Power Cable: 

 

Length: Approx. 2.5m/8.2feet

 

Audio frequency bandwidth70 - 20000 Hz

Sensitivity2.6 mV/Pa

 

AKG D5 DYNAMIC

 

Electrical impedance600 Ohms

Recommended load impedance2000 Ohms

Polar PatternSupercardioid

Dimensions

Length185 mm

Diameter51 mm

Net Weight320 g

Design

BodyMetal

Finishdark stage blue

Audio Output

TypeBalanced XLR

GenderMale

Contacts3-pin

Application

Live VocalYes

Live InstrumentYes

Instrument

VocalsYes

Piano / StringsYes

Horns / Woodwinds

 

XXL XS 58

Transducer principle: Dynamic

Polar pattern: Hypercardioid

Capsule description: 25 mm (1?)

Frequency response: 50 Hz - 16 KHz ±2 dB

Sensitivity in free field: -50dB re. 1V/Pa

Total Harmonic Distortion: <0.5% up to 110 dB

Signal/noise ratio (A-weighted): 95 dB

Dynamic range: 130 dB minimum

Output Impedance: 600 Ohm

Connector: 3-pin male XLR

Dimensions: Ø 48 mm x 160 mm

Net weight: 300 g

Gross weight: 470 g 

 

 

JTS TM-989

Type Moving Coil Dynamic

Frequency Response 80~12, 000 Hz

Polar Pattern Cardioid, rotationally symmetrical about microphone axis, uniform with frequency

Sensitivity (at 1, 000Hz) -75dB*(0.18mV)*0dB=1V/μbar 

Impedance 600Ω

 

 

SOUNDCARDS 

 

Scarlet 2i2

44.1 kHz, 48 kHz, 88.2 kHz, 96 kHz, 176.4 kHz, 192 kHz

 

Microphone Inputs

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

Dynamic Range106 dB (A-Weighted)

 

THD+N<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Noise EIN < -128 dBu (A-Weighted)

 

Maximum input level+4 dBu

 

Gain Range 50 dB

 

Impedance 3k Ω

 

Line Inputs

 

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

 

Dynamic Range 106 dB (A-Weighted)

 

THD+N<0.003% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum input level 22 dBu

 

Gain Range 50 dB

 

Impedance 52k Ω

 

Instrument Inputs

 

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

 

Dynamic Range106 dB (A-Weighted)

 

THD+N <0.02% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum input level

 

+13 dBu

 

Gain Range

 

50 dB

 

Impedance

 

1M Ω

 

Line Outputs

 

Dynamic Range Outputs

 

106 dB (A-Weighted)

 

Maximum Output Level (0 dBFS) Balanced Line/TRS Outputs

 

+10 dBu

 

THD+N Outputs

 

<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Impedance (TRS Outputs)

 

94 Ω (Balanced)

 

Headphone Outputs

 

Dynamic Range

 

107 dB (A-Weighted)

 

THD+N

 

<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum Output Level > +10dBu

 

Impedance10 Ω

Motu 828 mkII

Technicial Specifications

Converters 24-bit

Sample rates 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4, 192 kHz

Analog inputs 2 x XLR/TRS combo-style mic/guitar inputs 

8 x 1/4" TRS line inputs (balanced/unbalanced)

Analog outputs 2 x XLR balanced main out 

8 x 1/4" balanced TRS line out 

2 x 1/4" TRS stereo headphone

Digital I/O 16 channels of ADAT optical at 1x sample rates 

8 channels of SMUX optical at 2x sample rates 

2-channel TOSlink (optical S/PDIF) up to 96 kHz 

2-channel RCA S/PDIF up to 96 kHz

Total I/O 28 inputs and 30 outputs at 1x sample rates 

20 inputs and 22 outputs at 2x sample rates 

10 inputs and 10 outputs at 4x sample rates

Computer I/O 1 x Thunderbolt (compatible with 1 and 2) 

1 x USB 2.0 (compatible with 3.0)

Sync I/O 1 x SMPTE time code in (LTC) 

1 x SMPTE time code out (LTC) 

1 x word clock in 

1 x word clock out

Headphone output 1 x 1/4" TRS stereo phone (assignable) 

1 x 1/4" TRS stereo phone (mirrors main outs)

Phantom power 2 x individual +48V

Front panel 2 x XLR/TRS combo mic/guitar in 

2 x 1/4" TRS phone 

2 x digital rotary encoders • phone/main volume 

2 x digital rotary encoders • mic trim 

4 x switches • Pad and 48V Phantom 

4 x digital rotary encoders for LCD control 

2 x 16 character LCD 

8 x 4-segment ladder LEDs • 1/4-inch analog in 

8 x activity LED • 1/4-inch analog out 

2 x 4-segment ladder LEDs • RCA S/PDIF in 

2 x activity LED • RCA S/PDIF out 

2 x 10-segment LEDs • mic in with V-Limit 

2 x 5-segment ladder LEDs • main outs 

6 x LED • sample rate indicator 

1 x LED • LOCK/TACH indicator 

2 x activity LEDs • optical bank A/B 

1 x activity LED • MIDI in/out 

1 x AC power switch

Power International 100-240V autoswitching supply 

50-60 Hz • 20 Watts

Mac System Requirements

A Mac with an Intel processor

1 GB RAM; 2 GB or more recommended

Mac OS X version 10.6 or later required

Available Thunderbolt or high-speed USB 2.0 (or 3.0) port

USB cable included; Thunderbolt cable purchased separately

A large hard drive (preferably at least 250 GB)

Windows System Requirements

1 GHz Pentium-based PC compatible or faster

1 GB RAM; 2 GB or more recommended

Windows 10, 8, 7 or Vista, 32- or 64-bit; Vista SP 2 or later required

Available Thunderbolt or high-speed USB 2.0 (or 3.0) port

USB cable included; Thunderbolt cable purchased separately

A large hard drive (preferably at least 250 GB)

Included software

CueMix FX

MOTU SMPTE Console

AudioDesk (Mac only, optical CD drive required)

Operating Systems

 

 

 

SOFTWARE 

 

LOGIC PRO X

ABLEOTN LIVE 9.0

GUITAR RIG 5.0

REAKTOR 6.0

TRAKTOR PRO

DIGITAL PERFORMER

WAVES

FRUITY LOOPS

AU PLUGIN APPLE

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA 

 

INTERVISTA A KARL HEINZ STOCKHAUSEN di Pier Giorgio Odifreddi (Novembre 2004)

VARI TRATTATI ORIGINALI - Pierre Shaeffer

WAV: WORLD AUDIO VISION “Il contributo di Pierre Shaeffer alla teoria dell'audiovisione - di Nicola Bizzarro (Università Di Pavia)

www.johncage.it

I NUMERI DELLA MUSICA E LA FORMULA DEL COSMO di Alessio Di Benedetto

ARMONIA E DODECAFONIA CELESTE di Andrea Frova

MONDO MATEMATICO “LA SEZIONE AUREA” Edizioni RBA

LA MUSICA DI PITAGORA di Kitty Ferguson

LE SORGENTI DEL SUONO di Pierluigi Castellano

IL PESO DEL SUONO di Lelio Camilleri

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