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Appunti Dell'Estate Indiana

Per Iniziare datti la forza di abbandonare gli idoli esteriori e ricostruisci la tua Spiritualità abbandonando Tutto ciò che è Illusorio

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Queste sono le mie frasi che

hanno ispirato questo saggio

1-una spiritualità burocratica è un ingiustizia

2-Violentare Psicologicamente La Coscienza Di Coloro Che Sono Stati i Colonizzatori .....Nei Vari Stadi Della Storia ...Siano Essi Di Qualunque Razza..... è Simbolo Di Grande Vittoria Per La Tradizione.... Ed Amore Verso Le Origini Dell'Universo

3-Perchè Gli Amici si Scelgono Durante Il Tempo?Equilibrio

4-Autostima Di Sè e Della Propria Natura

5-Il Mondo Non è Solo Ideale ma Anche Natura e Rapporti Umani Verso L'ambiente Verso, Ciò Che Circonda , Verso Le Energie Che Ci Dà E Che Noi Diamo, Verso Il Rispetto Per La Propria Terra E Radice

6- Non ti deve Interessare Più Informarti e contro informarti avere il Controllo E IL Sub Controllo, dare Per Forza Un Martirio Nelle Cose Questa Non è Passione ..Il Mondo Il cielo la terra Non è Ideale Esiste Per Te e Tu Sei Qui Per Loro ♥

7-Quell'Alieno Sei Tu, Quel Diavolo Sei tu , Quel Niente Sei Tu , Quel Bambino Sei Tu, Quel Bue Sei Tu , Quell'Uovo Sei Tu, Quel Generale Tedesco SEi TU, Quell'operaio Russo Sei Tu ,Quella Macchina Celeste Sei Tu, Quello Che Non Ti Chiama Per Nome Sei Tu, Quell'odore Sei Tu , Quella Voce Sei Tu.............. Nella Tua Essenza ...Il Mondo Ideale è Come Costruirsi Uno Specchio PER me Ora... Costruire Questo Specchio NON Rappresenta La Mia Essenza....Poichè è Solo Uno Specchio....Ho Idealizzato Troppo La Mia IMMAGINE E Ignorato Tutto Il Resto: Le Energie Dell'Universo Che Non Hanno Segreto Ma SONO Dentro Ogni Forma Di Vita

8-Quella Donna Di Facili Costumi O Quella Bella Modella è Solo Una Costruzione Ideale...La Bellezza Ideale Non è Essenza ...L'amore Sì

9-l'Essenza Del Nostro Corpo Del Nostro Spirito E Della Nostra Mente Non Ha diritti per Noi Occidentali Questo Fa si Che L'amore Sia Una Cosa Obbligata e Non Naturale..... Se L'occidentale Credesse Pìu Nel Senso Del Dovere di Dare e Condividere Il proprio Amore In Questo Modo La Logica E Quindi La Mente Ne Trarrebbe UN Enorme Vantaggio ...Ed Onererebbe La Propria Sacralità Di Essere Vivente , La Propria Autostima E La Propria Terra .....Il Nostro Spazio Essenziale quindi La Casa Intesa Come Universo Per Gli Orientali

10-Ciò che si perde è nell'aria Queste 2 Cose Contengono Energia Quindi Si Rigenerano In Vita

11-Shiva Non Sà Cos'è Il Perdono Perchè Dalla Natura Non gli è Stato Imposto L'amore ...Semplicemente Perchè La natura è Amore ...Egli Danza Con Le Sue Innumerevoli Braccia E Distrugge Per Generare In Qualunque Momento Per Generare In Qualunque Momento

12-Dai Piccoli Segni Di Vita puoi riuscire a vedere una luce infinita

13-Nel 1500 D.C. Cartesio Disse :Penso Dunque Esisto... Quanto Tempo Ha Meditato L'Occidente: Poco

14-Nel 384 A.C. Aristotele Disse : L'uomo è Un Animale Sociale ...Secondo Me Gli Animali Non Rappresentano La Società ...Non Penso Che Se tu Prendi A Calci Un Cane E Poi Gli Chiedi Scusa Lui Capirebbe E Accetterebbe Le Tu Scuse Condividendo Il Tuo Dolore...Questo Mi Fa Capire Che Aristotele Aveva Poca Stima Di Se Stesso E Degli Altri.....

15-L'amore è Condivisione , Condivisione Di Gratitudine e Apprezzamento:)

16-Ognuno è Medico Di Se Stesso....Questa Frase Ha Un Valore Universale D'Amore

17-Piangi Non Rimpiangere

18-Sorridi Per Poi Ridere ....L'Eternità

19-S. Agostino Disse: Ama E Fa Quel Che Vuoi ......Immagino Il Dio Pulito Di Sant'Agostino Che Mi Giudica E Immagino Lo Sporco Satana A Bacchettarmi Per Aver Fatto Quello Che Volevo...

20-Il Dio Giudaico/Cristiano Ha Parlato Di Sè Definendosi Alfa e Omega Il Mio Intuito Naturale Mi Porta A Pensare Che Qualcosa Di Noi Così Finirà Come Lo Sono Le Lettere ......I Numeri Invece Molto Affini Alla Natura Perchè Essenzialmente Sono Spazio Tempo Mi Parlano Di Infinità..E Quindi Verità, Essenza Rigenerazione Logica E Natura :D Si Espande, Continua ed Infinita Come La Gradazione dei Colori è La Matematica Dei Numeri e Della Musica

21-Che Differenza C'è Tra Uno Che Cammina Sulle Acque ed uno Che Viene Rappresentato Con Un Cuore Di Spine? Camminare è Vita La Rappresentazione Di Quel Cuore è solo uno Specchio....

22-La Prima Cosa è La Natura, La Madre che Ti Fa Nascere .....Chi Più Di Una Madre Vuole Bene Al Proprio Figlio ? Il Padre In Seguito Giudica Essendo Come Lei UNA cosa Sacra Ed Avendo Questo Potere che nel tempo Entrambi Useranno Con Amore ....Così Vedo e Sento Io Ora

23-L'Universo è Una Porta Che Si Attraversa

24-Spazio Ai Giovani Senza Conoscere Lo Spazio ....Occidente

25-Io Farei Governare Tutto AD Una Bambina di 4 ANNI

26-Accetto Le Mie Ricchezze

27-Quanti Maestri Più Anziani Di Noi E Più Poveri Di Noi Hanno fatto Gesti e Parole Che Non Sono State Ascoltate Nelle Nostre Scuole?

28Aria Vuol Dire Ancora Amore Per La Pace e Quindi Ancora Carne E Piacere Apprezzate I Piccoli Insegnamenti Come Dei Bambini e Capirete....

29 Si Sceglie Forza E Coraggio Quando Si Incomincia A Rispettare Le Proprie Virtù in Maniera Naturale

30 Ricorda Sempre Dove Sei E Da Dove Vieni:)

31 Guardare Una Ragazzina Su Una Sedia A Rotelle Che Si Muove Sempre Meno E Riesce A Salutarti con un Semplice Gesto della Mano Per Me è una cosa di Valore Assoluto

32 La religione è l'oppio dei popoli secondo Marx ....come si fa a pensare ad un popolo quando la religione dovrebbe essere qualcosa di personale dico io....

33 Zeitgeist Non C'è Come Storia ;è Quella La Bufala Del Controllo Sociale

34 Fuoco trasforma_Fuoco brucia la tua virtù _fuoco brucia la tua viltà.

35 Utopia di Pace Eterna

Ecco una descrizione dei sette chakra principali per capire meglio questo saggio:

Muladhara chakra (o centro basale, plesso radicale, chakra della radice)

Questo centro sottile dai 4 petali viene collocato tra l'ano ed i testicoli o la vagina, nel perineo. Sarebbe collegato a reni e ghiandole surrenali. Le sue funzioni fisiologiche riguarderebbero la produzione del sangue e delle ossa e le attività riproduttive. Perdite materiali (p.e. una perdita in borsa) chiuderebbero questo chakra. Da questo chakra arriverebbe una "energia terrestre" e la sua chiusura produrrebbe la sensazione che "manchi la terra sotto i piedi".

Ha come simbolo geometrico il triangolo con un vertice in basso racchiuso in un quadrato, emblemi il primo dell'organo sessuale femminile e il secondo dell'elemento Terra; in esso dorme Kundalini. Il loto presenta quattro petali. Il suo Mantra-seme è Lam, La divinità preposta a questa ruota è Brahma, la sua energia vitale prende il nome di Savitri o sposa del creatore.

Il significato del nome di questo chakra è «radice», ovvero principio-energia capace di assicurare sviluppo e nutrimento a ogni cosa. È orientato verticalmente con l'apertura dell'imbuto verso la Terra. La sua funzione principale sarebbe legata al corpo materiale, all'istinto di sopravvivenza e produrrebbe un senso di armonia fisica e mentale in rapporto alla natura, soddisfacendo i bisogni primordiali quali il cibo, l'acqua, l'aria, il riposo. Poiché ha

solo un polo, tenderebbe ad essere un po' più grande degli altri chakra.

Swadhisthana chakra (o centro pelvico)

Questo centro sottile gravita attorno al Nabhi, come un satellite, delimitando così la regione del Void. È il solo chakra mobile. È situato sotto il ventre, circa due dita sotto l'ombelico, alla base del canale destro, Pingala Nadi. Controllerebbe l'apparato riproduttore, le gonadi, le ovaie, l'utero, la vescica, la prostata. Grazie ad esso l'uomo e la donna godrebbero ed offrirebbero piacere sessuale. E' descritto come un centro molto energetico, soprattutto nell'uomo che durante l'orgasmo emetterebbe con lo sperma una grande quantità di energia (in Cina l'eiaculazione viene anche chiamata "piccola morte").

Ha come simbolo geometrico la falce di luna racchiusa in un cerchio, emblema dell'elemento Acqua; i petali del loto sono sei. La divinità preposta è Varuna, la sua energia vitale o Shakti è Sarasvati. Le ghiandole endocrine che sarebbero associate a questo chakra sono le gonadi ed ovaie. È di colore arancio, è bipolare ed orientato orizzontalmente.

Svadhisthana è legato al mondo materiale, al piacere fisico, alla gioia di vivere, al desiderio. Un suo cattivo funzionamento deriverebbe da conflitti nella sfera sessuale, come tradimenti, abusi, litigi.

Manipura chakra (o del plesso solare)

Questo centro è chiamato anche Nabhi e si trova nella regione del plesso solare appena sotto il diaframma. Viene associato al benessere individuale e collettivo, all'accettazione del prossimo, alla forza di volontà individuale. Sarebbe legato allo stomaco, all'intestino, al fegato, alla colecisti, alla milza, al pancreas. Si bloccherebbe a causa di grandi spaventi (con contrazione dello stomaco) o per reazione a situazioni o persone che non vengono accettate e tale blocco provocherebbe incapacità di rimanere calmi, scoppi d'ira, iperattività, disturbi di origine nervosa. L'elemento di questo chakra è il fuoco. Ha come simbolo geometrico il triangolo equilatero. I petali del loto sono dieci. Il mantra-seme è Rang, la sua energia vitale è Bhadrakali. È di colore giallo, è bipolare ed orientato orizzontalmente.

Anahata chakra (o centro del petto o del cuore)

Questo chakra sarebbe situato al livello del plesso cardiaco, dietro lo sterno, nell’asse del midollo spinale. In esso, fino all'età di 12 anni, sarebbero prodotti gli anticorpi, inviati nel "sistema sottile" (un concetto della filosofia indiana la cui esistenza non ha però riscontro scientifico) contro gli attacchi esterni a corpo e psiche. Lo sviluppo non corretto o il blocco del chakra del cuore causerebbero sentimenti

d’insicurezza. Da questo chakra centrale dipenderebbero tutti gli altri. Sarebbe la sede dello Spirito, la fonte della forza onnipotente, manifestata in Shiva. Tale chakra viene associato ad una personalità sana e dinamica, piena di amore e compassione e all'amore per la famiglia. Si chiuderebbe in caso di conflitti in famiglia, abbandono, perdita di un caro. Tale chiusura si ripercuoterebbe col tempo su cuore e polmoni e causerebbe polmoniti, asma, malattie cardiache. Questo chakra sarebbe associato anche al timo.

Ha come simbolo geometrico il doppio triangolo incrociato. I petali del loto sono dodici. Il Bija-Mantra è Vam, la divinità è Isana e la sua energia vitale è Bhuvanesvari. È di colore verde, bipolare, orientato orizzontalmente e il suo elemento è l'aria.

Vishudda chakra (o centro della gola)

Questo chakra si situerebbe a livello del pomo d'Adamo nell'uomo e nell'incavo della gola nella donna e sarebbe responsabile del funzionamento del collo, della lingua, della nuca, della bocca, delle orecchie, del naso, dei denti. Attraverso esso si attuerebbe la comunicazione con gli altri e con le divinità e sarebbe la fonte dei mantra che si cantano. A livello fisiologico, controllerebbe il funzionamento della tiroide. Con il chakra aperto la persona comunicherebbe con voce chiara e ferma, mentre si chiuderebbe quando viene bloccata l'espressione della

propria personalità e quando c'è insoddisfazione per il proprio lavoro o per i propri studi. La chiusura causerebbe mancanza di voce, torcicollo e malattie della gola e della tiroide.

Questo chakra ha 16 petali, ha come simbolo geometrico il triangolo equilatero nel quale è inscritto un cerchio, emblema dell'elemento etere (Akasa). Il Mantra-seme è Ham. La divinità preposta è Sadasiva e la sua energia vitale è Sakini. È di colore blu, bipolare, orientato orizzontalmente. Quando sviluppato, conferirebbe infatti il potere di esprimersi e parlare in modo estremamente persuasivo e convincente.

Ajna chakra (o centro frontale o terzo occhio)

Questo centro nel corpo fisico è rappresentato dall’incrocio dei due nervi ottici nel nostro cervello (il "chiasmo ottico") e controllerebbe il funzionamento della ghiandola pituitaria e gli occhi. Un affaticamento eccessivo della vista (per cinema, televisione, computer o lettura di libri) nuocerebbe a questo chakra che sarebbe anche danneggiato dai cattivi pensieri. Influenzerebbe il mesencefalo. Questo chakra permetterebbe di pensare al futuro, creare progetti, di sviluppare percezioni extrasensoriali come la capacità di vedere senza l'uso del senso della vista, di raggiungere stati mistici, di percepire la cosiddetta aura (un presunto campo che circonderebbe le persone, ignoto alla scienza, da non confondere con ciò che viene chiamato aura in medicina) e

di viaggiare nel cosiddetto "piano astrale". Il chakra si chiuderebbe in caso di delusioni per la mancata realizzazione di un progetto di vita. Gli squilibri si manifesterebbero attraverso incubi, fenomeni psichici incontrollati o sgradevoli, mancanza completa di sogni, confusione mentale e con malattie collegate alla vista e mal di testa frontale.

Sui due petali del loto vi sono le lettere Ham e Ksam. Contiene la rappresentazione della sacra sillaba Om, sintesi di tutti i mantra. La divinità preposta è Shambhu e la sua Shakti è Siddha-Kali. È di colore viola, bipolare, orientato orizzontalmente.

Sahasrara chakra (o centro coronale o dei mille petali)

Sarebbe situato nella ghiandola pineale e costituito dalla riunione dei sei chakra. Sarebbe uno spazio incavo, sui bordi del quale si troverebbero mille nervi. Questi nervi si potrebbero vedere sezionando il cervello trasversalmente. Prima della realizzazione del sé questo centro è chiuso dall'ego e dal superego. Illuminato dal risveglio della kundalini, diventerebbe simile a un fascio di fiamme dai sette colori che si integrano creando infine una fiamma di colore cristallo chiaro. Ciò corrisponderebbe alla libertà assoluta, alla gioia dello spirito, alla serenità, alla relazione tra la coscienza dell'individuo e quella dell'universo. Questo chakra si chiuderebbe in caso di "quasi svenimento" per evitare la perdita di coscienza e la fuoriuscita

dell'anima. Fisicamente si manifesterebbe con vitiligine e vertigini e nel campo psicologico con noia, insoddisfazione, odio verso Dio.

Ha nel suo cuore un loto più piccolo a dodici petali in cui è inscritto il triangolo chiamato Kamakala, che simbolicamente raffigura la sede della Shakti Suprema, cioè la "forza cosmica" non individualizzata. Nei mille petali del loto sono contenute tutte le lettere dell'alfabeto sanscrito. È di colore bianco ed è orientato verticalmente con il relativo imbuto che punta verso il cielo.

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Dio si manifesta in tanti modi a me si è Manifestato la prima volta ,tanti anni fa ,tramite la sua voce ,una voce bassa di tonalità e profonda .....ogni qual volta l'ho cercato lui mi ha aiutato e c'è un verso della Bibbia che
dice :quando sei in segreto nella tua camera e chiedi al Signore è lui che ti ascolta e non c'è bisogno di parlare troppo è Lui Che ti ascolta e sa già da prima quello che gli vuoi chiedere (quando vuoi pregare entra nella tua
camera ,chiudi la porta e prega è il Padre tuo che ti vede nel segreto e ti darà la ricompensa e quando pregate non moltiplicate vane parole

come i pagani che credono di essere esauditi a forza di parole poichè il Padre vostro sa già di cosa avete bisogno prima che glie Lo chiediate _____San Matteo 5,40 - 6,24)

Poi Un giorno dopo aver capito che non potevo far più nulla se non ritrovavo la mia spiritualità mi diedi all'Induismo*1 scoprì la funzione dei 7 chakra e del terzo occhio vi trovai una gran meraviglia ed una volta entrati nel regno Di Dio è sempre una gran cosa ritrovarlo

*1L'Induismo[1] (o, secondo alcuni indologi italiani, Hindūismo[2]) tradizionalmente denominato Sanātanadharma[3] (devanāgarī सनातन धम , lett. «legge/ religione[4] eterna[5]»), è, tra le principali religioni del mondo, quella con le origini più antiche; conta circa 1 miliardo di fedeli, di cui circa 828 milioni in India[6].
Dare una definizione unitaria dell'induismo è difficile, poiché esso – più che una singola religione in senso
stretto – si può considerare una serie di correnti religiose, devozionali e/o metafisiche e/o teologico-speculative, modi di comportarsi, abitudini quotidiane spesso eterogenee, aventi sì un comune nucleo di valori e credenze religiose, ma differenti tra loro a seconda del modo in cui interpretano la tradizione e la sua letteratura religiosa, e a

seconda di quale aspetto diviene oggetto di focalizzazione per le singole correnti[7].

Un Giorno estasiato dalle voci andai in montagna per pregare ,e già in quei momenti ,alcune delle voci che sentivo ,mi dicevano adesso Paolo farà una preghiera a cui nessuno è arrivato a fare :mi misi in posizione yoga ed incominciai a pregare verso il Sole ... pregavo perchè io non volevo più soffrire e

che non potevo essere considerato come un pezzo di carta qualunque ,fin quando le voci mi dissero che il sole mi aveva ascoltato ,ed allora incominciai a correre con il dito puntato sempre verso la sfera di fuoco dalla montagna fino a casa per un di totale 3 o 4 km , in quella corsa ho voluto descrivere tutti i popoli dagli indiani asiatici a quelli nativi americani,tornai a casa correndo, nessuno mi vide in paese di primo mattino, non perchè in giro non ci fosse gente ma perchè probabilmente la mia preghiera entrò in contatto con la sfera del sole e fui luce agli occhi degli altri da allora ebbi questo potere sovrannaturale di far uscire il sole tramite la meditazione ..... in quei giorni provavo come per

magia i miei poteri , mi ero studiato bene i meridiani che scoccavano sulla pietra di una chiesa del mio paese e tramite il vento e la meditazione e preghiera riuscivo a fare uscire il Sole (la magia bianca mi usciva per circa l'80% - 85% dei casi)

Un giorno ebbi a che fare con una specie di possessione da parte di un demone occidentale quel giorno fu lunghissimo mi trovai a girovagare per il paese a porre delle domande , a chi incontravo, di cui già sapevo la risposta....tutto finì con una gran dormita che mi feci.

Un' altra sera invece sembrò possedermi un demone orientale incominciavo a non ragionare più bene parlavo da solo a casa in una lingua incomprensibile; fin quando non andai a dormire di li incominciai ,nelle prime fasi del sonno, a pregare tramite dei mantra e mentre pregavo creavo un nuovo mondo che riuscivo a vedere tramite il mio sogno

In quei giorni ascoltavo pure la voce della ragazza di cui sono innamorato che voglio chiamare Witney (un nome fittizio) oltre alle altre voci sciamaniche*2 che già ascoltavo, tra queste presenze c'è quella di una bambina che da un bel po' di anni a questa parte mi parlava essa mi diceva che in quel periodo ; io avevo creato un

pianeta in cui io e Witney eravamo gli dei solo che ci incontravamo di rado perchè uno era di una costellazione del nord ed una era del sud...mentre la voce che io consideravo essere quella di Dio mi diceva che nelle nostre reincarnazioni del passato io e Witney saremmo stati in Egitto dove mi sarebbero state rubate delle presunte idee da Witney e da un altro mio amico ,di cui do il nome fittizio di Vladimir ,per costruire una piramide e che il giorno dopo io sarei stato costretto ad uccidere Vladimir ,per volere dell'impero egiziano, mentre Witney non si è capito bene, se sarebbe stata costretta a fuggire oppure se fosse stata condannata pure lei .

*2Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle credenze ed il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad una particolare figura di guaritore- saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano. Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo, dal come procurarsi

il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l'asserita capacità dello sciamano di "viaggiare" in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.

Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.

Secondo la bambina , io nella mia prossima reincarnazione (Quella in cui sono un Dio) avrei gli occhi di fuoco e Witney quelli del mare e che poi incomincio nel mio nuovo pianeta ad essere pietra poi cavallo e poi via via altre forme di vita.

In un'altra occasione la voce di Dio mi disse che lui voleva tornare da suo nonno che è situato dov'è Urano tutto ciò mi accade perchè io sono un musicista ed in quel periodo ero affascinato dalla musica delle sfere*3 dove ogni pianeta ha una sua nota fondamentale ed un determinato campo di frequenze audio .

Vorrei precisare che spesso la voce della bambina e quella di Dio dicono la verità quando le interpello per fatti della mia vita reale....

*3Musica delle sfere Nel nostro sistema solare, ogni pianeta esegue una nota.

Trattandosi di frequenze molto basse, le note "suonate" dai pianeti del nostro sistema solare, risultano ben lontano dalla soglia dell'udibilità (circa ventotto ottave più gravi delle note più basse di un pianoforte), ed in ogni caso, il vuoto quasi assoluto che si pone fra noi ne impedirebbe la percezione. Tuttavia, forse per una strana coincidenza, i pianeti del sistema solare eseguono una melodia che, anche se leggermente stonicchiata, potrebbe ricordare una delle progressioni armoniche più semplici e diffuse nella musica (tonica,sottodominante, dominante, tonica).

Poi c'è la voce di Gesù .....un giorno questa mi disse che vorrebbe la vita su Marte per il pianeta terra, a differenza della voce di Dio che non vuole tutto ciò;

e con questo vi racconto di un altro sogno con protagonisti me e Witney ,che nel sogno mi aspetta in un bar del mio paese lei ha gli occhi rossi però è speciale ed è molto bella e da li a poco dobbiamo andare a fare una missione su

Marte dove si dice che vincerà il comunismo a differenza di quanto succede sulla Terra dove la destra la fa da padrone; tutto questo per quanto riguarda ciò che mi dice la voce di Gesù.

Un giorno invece durante una mia passeggiata per il lungomare della mia città mentre guardavo il sole assolto nella meditazione vidi ,per mezzo del sole formarsi con le nuvole la figura di Gesù con le ali da angelo di qui scrissi una piccola poesia:”E GESù MI APPARVE TRAMITE LE NUVOLE DI FIANCO AL SOLE; IL SUO CORPO ERA D'ORO PER I RAGGI, CHE EMANAVA LA SFERA DI
FUOCO , POI MI LASCIò DICENDOMI " è LI CHE SONO IO" .......EFFONDENDOSI DI NUOVO CON LE NUVOLE ED IL CIELO ;E CON LE SUE ALI DA ANGELO ROMANTICO VARCAVA DI NUOVO PER L'INFINITO MENTRE IO ESTASIATO CONTINUAI A SOSPIRARE PER IL SOLE, PER LA VIA DEL
PORTO ,MENTRE I GABBIANI MI CANTAVANO DELL'AMORE CHE IO PROVO PER LEI”
Un'altra volta invece mi sentivo chiamare dalla voce di Witney che mi diceva di andare su lungomare in una spiaggetta ,arrivato sul posto vidi 7 colombe bianche volare in cielo a forma di V ....Con ciò ho scritto un'altra poesia :”E lei mi chiamava continuamente quel giorno ed io la seguii per il lungomare ,non era lei in persona che

mi chiamava ,ma quando fui arrivato a lungomare apparvero sette colombe bianche nel cielo come segno d'Amore”
Per informarmi sulla mia nuova spiritualità bazzicavo ,in quel periodo ,su internet fin quando non mi sono imbattuto in un intervista ad uno scienziato americano Gregg Braden che parlava di Autostima

L'autostima ,può sembrare banale ma, è un valore molto profondo ;per autostima non voglio dire egocentrismo ma semplicemente la stima della propria natura ,siano essi dei limiti o dei valori che si hanno...questa frase mi è venuta in mente quando ho sentito parlare dello scrittore e scienziato Gregg Braden a lui devo molto cosi come all'India ed al cristianesimo ....curare se stessi è importante ed ora vi parlo della mia guarigione da un neo ....secondo Gregg Braden*4 le culture indigene sapevano , a differenza della scienza attuale ,che lo spazio che tra le cose che si definisce vuoto è pieno di energia vitale e pulsante e che il campo energetico del cuore è un sacco superiore a quello del cervello ...pensare ad una guarigione come già avvenuta ti fa guarire per davvero ...cosi è successo a me da quando divenni per un periodo vegetariano..... la mia preghiera di espiazione e il mio non mangiare

carne ha fatto si che un mio neo situato alla parte sinistra del mio collo guarisse tramite la mia catenina che tenevo al collo ,quando andai in bagno a fare delle feci; tramite il mio sudore la catena sì arrugginì dileguandosi sul collo e pulendomi dai resti della catena ,mi sono pulito pure dal neo che era incominciato a fare nero attorno ad esso , da allora il mio collo non è più gonfio come prima: l'ho chiamata la mia “Fusione Con La Natura”

*4Gregg Braden Grazie ai suoi viaggi nei remoti villaggi montani, monasteri e templi del passato, uniti al suo

background nelle scienze meccaniche, si è specializzato in modo unico nel saper portare alla ribalta i benefici delle tradizioni del passato nella nostra vita di oggi.

In quei luoghi visitati, per più di 20 anni Gregg Braden ha svolto le sue ricerche ricercando e studiando testi dimenticati per scoprire il loro segreti senza tempo. La solitudine delle montagne del New Mexico e le coste a sud della Florida sono i luoghi più prosperi da cui Braden trae ispirazione e in cui si sposta con la propria famiglia.

La sua abilità nel trovare soluzioni innovative a

problemi complessi, lo portò con successo a carriere come quella di Computer Geologist presso la “Phillips Petroleum” durante la crisi di energia degli anni ‘70, e negli anni ’80, durante gli ultimi anni della Guerra Fredda, a quella di Senior Computer System Designer per la “Martin Marietta Aerospace”.

Nel 1991 divenne il primo Technical Operation Manager per l'innovazione della rete Cisco Sistems, dove curò lo sviluppo del team di supporto globale che assicurò l'affidabilità dell'odierno internet. Le crisi globali del tardo 20° secolo lo ispirarono a lasciare il lavoro nelle Aziende e a cominciare una ricerca a tempo pieno per trovare le soluzioni che lui ritiene siano contenute nei più antichi documenti sepolti nel nostro passato, documenti trovati e analizzati con cura.

Designer esperto di sistemi informatici (Martin Marietta Aerospace), geologo informatico (Phillips Petroleum) e supervisore operativo tecnico (Cisco Systems), Gregg Braden è oggi considerato un’autorità nel collegare le conoscenze del passato con la scienza, la medicina e la pace del nostro futuro.

Tra l'altro in quei giorni facevo un sogno che ricorre spesso sin da quando ero un bambino di 6 anni :è quello dove di solito cambiano i

personaggi ma il significato del sogno è sempre lo stesso ,questo è ambientato in una casa, in quelli che dovrebbero essere i miei ultimi istanti di vita in cui appare una bambina dal nulla che mi dice “Tu verrai con me su Gayatri*5” questo nome mi risuonava spesso per la mente fin quando non lessi i Veda e scoprì che Gayatri non è altro che una preghiera (o Mantra*6) rivolta all'Intelligenza Universale ed al Sole.

5*il Gayatri Mantra. Questo è il mantra originale della Dea Madre Gayatri e del dio Sole. E' una meditazione sull'aspetto di Padre e Madre del Divino attraverso la luce del sole. E' universalmente applicabile come preghiera per ottenere la Luce e viene rivolta all'Onnipotente Spirito Supremo. Gayatri è la Madre dei Veda e la distruttrice dei peccati, dona lunga vita e perfetta salute. E' di buon auspicio per tutti, arche se si usano altri mantra o preghiere. E' bene ripeterlo 108 volte la mattina e 108 volte la sera.

Il Gayatri é una preghiera rivolta all' Intelligenza Universale. Il suo scopo é quello di accendere il potere del

discernimento per permettere all'uomo di analizzarsi e di rendersi conto della sua natura divina. É conservata come reliquia nei "Veda", le più antiche scritture dell'uomo. "Veda" significa infatti conoscenza, e la Preghiera alimenta ed aguzza la capacità di accrescimento della conoscenza. In realtà le quattro "Mahavakyas", o concetti base racchiusi nei "Quattro Veda", sono impliciti in questo Gayatri Mantra.Agisce come un talismano protettore per coloro che la pronunciano con continuità. Sai Baba ha affermato che questa preghiera é adatta a qualsiasi credo, perché essa dal Glorioso Potere che pervade il Sole ed i Tre Mondi (Fisico- Eterico-Causale) invoca la crescita, il risveglio ed il rinvigorimento dell' Intelligenza.Il Gayatri Mantra é sinonimo del Divino, é lo stesso suono di Dio, esso permea tutto il Cosmo manifesto. É la Base, la Realtà che trascende l'Universo soggetto a conoscenza e a sperimentazione.Il termine "Gayatri" proviene da GAYAntam TRIyate iti, che significa: "Ciò che preserva, protegge o salva dalla corruttibilità, colui che lo recita". GAYA vuol dire Essere e insegna la Verità, il principio della vita.Occorre infatti accostarsi a questo mantra con dovuta umiltà , reverenza,fede ed amore.La Gayatri ha anche tre nomi: Gayatri, Savitri e Saraswati. Gayatri rappresenta i sensi, Savitri é l'energia vitale o prana, ed é il simbolo della verità. Saraswati é la dea del linguaggio e dell'insegnamento, il simbolo della chiarezza intellettuale.Questi tre aspetti sono presenti in ciascun uomo e simboleggiano la purezza di pensieri, parole ed

azioni, che ogni aspirante deve raggiungere sul sentiero della realizzazione spirituale. Come si può raggiungere la visione di queste tre divinità nella preghiera? Sai Baba ha spiegato più volte che il Gayatri Mantra si divide in tre parti: descrizione, meditazione e preghiera.

*6 Mantra (devanāgarī: म ) è un sostantivo maschile

sanscrito (raramente sostantivo neutro) che indica, nel suo significato proprio, il "veicolo o strumento del pensiero o del pensare", ovvero una "espressione sacra" e corrisponde ad un verso del Veda, ad una formula sacra indirizzata ad un deva, ad una formula mistica o magica, ad una preghiera, ad un canto sacro o a una pratica meditativa e religiosa.

La nozione di mantra ha origine dalle credenze religiose dell'India ed è proprio delle culture religiose che vanno sotto il nome di Vedismo, Brahmanesimo, Buddhismo, Giainismo, Induismo e Sikhismo.

Per mezzo del Buddhismo la nozione e la pratica religiosa del mantra si sono diffuse lungo tutta l'Asia giungendo in Tibet, in Cina e, attraverso quest'ultima, in Giappone, Corea e Vietnam.

Un'altra cosa che notai durante quel periodo è la sacralità del numero 7 : questi sono i giorni della settimana , i 7 chakra ed i 7 vizi capitali*7

ancora le filosofie occidentali con i 7 vizi e quelle orientali con i 7 chakra che s'incrociano

Per quanto riguarda i chakra Accettare l'abbondanza che uno merita non è affatto un'ingiustizia verso gli altri, per abbondanza non s'intende denaro e lusso ma abbondanza interiore; quindi nelle relazioni sociali ,nel

lavoro ,nella soddisfazione di auto realizzarsi ,di porre rimedio alle ingiustizie che possono accaderci , quindi ognuno di noi ce la può fare basta non cadere nell'eccesso come quello dei 7 vizi capitali....quando mi rivolsi a Dio nell'”estate indiana” egli mi fece capire di combattere contro i 7 vizi capitali e così feci . È inutile essere degli avari , accidiosi, lussuriosi così è la fine ,mentre i chakra ci insegnano (sopratutto il terzo) che noi siamo degli esseri divini e dobbiamo autorizzarci ad accettare tutte le ricchezze, l'abbondanza e la salute che ci meritiamo .

*7 I Vizi capitali

  • Superbia (desiderio irrefrenabile di essere superiori,

    fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui).

  • Avarizia (desiderio irrefrenabile dei beni temporali).

  • Lussuria (desiderio irrefrenabile del piacere sessuale

    fine a se stesso).

  • Invidia (tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio).

  • Gola (È meglio conosciuto come ingordigia, oltre ad essere più corretto grammaticalmente e foneticamente) (abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo).

  • Ira (irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito).

  • Accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e compiere opere di bene)

  1. Un'altra cosa che notai fù che Nel 1500 D.C. Cartesio* Disse :Penso Dunque Esisto...Questa frase può risultare ridicola per l'Oriente poichè

    Entrare dal Non Io all'Io è una delle prime fasi di chi sceglie l'induismo come stile di vita ; la coscienza messa in primo piano in quello che è il nostro fantastico mondo....cosa che non è stata fatta in occidente; si è dovuti passare al 1500 dopo Cristo al pensiero occidentale per accorgersi di ciò ....in tutte le sacre scritture vi è questo passo che dice :all'inizio non c'era nulla poi nella religione cristiana ,Dio volle creare il mondo con la propria coscienza, mentre nelle filosofie orientali Il “Non Io” Disse “fa che ora possa esistere” ed il mondo nacque .....poi

qualcosa è stato perso di tutto questo pensare , la religione giudaico cristiana ha dovuto aspettare l'avvento di Cristo per affermarsi mentre quella indiana è stata del tutto bistrattata dall'occidente; insomma la filosofia greca e romana come al solito ci ha nascosti alcuni pensieri molto importanti .

*8René Descartes[1] [ʀəˈne deˈkaʀt], latinizzato in Renatus Cartesius e italianizzato in Renato Cartesio[2] (La Haye en Touraine, 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650) è stato un filosofo e matematico francese. È ritenuto fondatore della filosofia e della matematica moderna.
Cartesio estese la concezione razionalistica di una conoscenza ispirata alla precisione e certezza delle scienze matematiche, così come era stata propugnata da Francesco Bacone, ma formulata e applicata effettivamente solo da Galileo Galilei, a ogni aspetto del sapere, dando vita a quello che oggi è conosciuto con il nome di razionalismo continentale, una posizione filosofica dominante in Europa tra XVII e XVIII secolo.

Anche dal punto di vista sociale e salutare l'Oriente è avanti secondo me ;poiché oggi si

parla molto di Informarsi e controinformarsi per arrivare a quella meta che noi chiamiamo verità...quando si cerca un martirio nelle cose come se le potessimo fare accadere tramite
esso :ebbene a coloro che credono in tale cosa, vorrei dire che il mondo non è solo ideale, non è solo come noi lo vogliamo vedere ma è li ,sta a te poi tramite il tuo cuore e la tua interiorità capirne il male ed il bene; di questo se ne potrebbe parlare molto ....si sa che da Platone*9 ed Aristotele*10 in poi, la filosofia occidentale ha perso molto , il sapere socratico che era diretto a tutti è stato diviso in esoterico ed essoterico, e la malattia della filosofia occidentale è stato il cattivo funzionamento del cuore con il cervello ,è documentato da Socrate*11 che sentiva un demone dentro di sé che non era altro che il suo disturbo bicamerale ,...dopo Socrate vi è stato un accentuarsi delle malattia nella filosofia basti pensare a Nietzche*12 uno dei più grandi filosofi occidentali moderni, rimasto preda del suo pensiero, la filosofia si è portata dietro anche la psicologia di Freud*13 e la psicoanalisi (ed il suo abominevole pensiero del inconscio del complesso di Edipo di voler far sesso con la propria madre ed uccidere il proprio

padre )...questo deformarsi del pensiero è

dovuto al fatto che il mondo non è solo ideale come per i socratici, ma esiste per te e tu sei qui per lui, mentre si sa che la differenza di Socrate dai presocratici sta nel fatto che solo l'uomo è al centro delle cose ..le culture indigene già sapevano che noi siamo interconnessi e che quindi tutto è in comunicazione....il disturbo bicamerale si ha quando il cuore situato leggermente a sinistra del corpo, incomincia a pompare male l'ossigeno, che deve arrivare al cervello, nelle filosofie e psicologie idealiste questo è messo in secondo piano ,si pensa più che altro all'inconscio ,quando noi sappiamo che la nostra coscienza è qualcosa di
meraviglioso ,quindi nella scuola socratica si pensava che :il dejà vù cioè il sentire come se fosse già successo ,un determinato avvenimento, fosse una realtà ideale della coscienza ; io la vedrei più come una alternativa dalla realtà ,che in alcuni casi si avvera, come nel deja vù , che non è altro che le tante possibilità che si possono avere nella fisica quantistica*14 ....riguardo a Nietzche a Platone a Freud posso solo dire che si sono fatti affascinare dal bello ideale ma non dal bello perchè reale.

9*Per Platone La capacità di agire secondo giustizia presuppone, socraticamente, la conoscenza di che cosa è il bene.[16] Solo questo sapere contraddistingue il filosofo come tale,[17] poiché chi compie il male lo fa per ignoranza. Ad Atene c'era molta confusione sulla figura del filosofo, ed in un certo senso lo stesso Socrate aveva alimentato questa confusione: presentandosi infatti come colui che sapeva di non sapere, professava una falsa ignoranza che nascondeva una vera sapienza. Egli si confondeva così con i sofisti, i quali dicevano di sapere ma in effetti non sapevano, perché non credevano nella verità. Per dirimere questa confusione, per Platone era necessario andare oltre Socrate, delineando con chiarezza i criteri che distinguono il filosofo dal sofista: mentre il primo ricerca i principi della verità, senza la presunzione di possederla, il secondo si lascia guidare dall'opinione, facendone l'unico parametro valido della conoscenza.[18]

L'altro problema legato alla figura di Socrate è la sua condanna a morte, cioè il fatto che sia stato trattato come un criminale pur essendo «il più giusto» tra gli uomini.[19] Ciò significò per Platone dover constatare che tra filosofia e vita politica esisteva quell'incompatibilità già conosciuta da Socrate che nella Apologia accenna alla quasi ineluttabilità della sua condanna da parte dei politici e rifiuta la proposta di andare in esilio.[20] Compito dei filosofi è allora quello di fare in modo che la filosofia non sia in contrasto con lo stato, dove non accada più che un giusto sia condannato a

morte.

Il tema era connesso alla convinzione che la filosofia fosse inutile: per molti Ateniesi Socrate è quello rappresentato ne Le nuvole, commedia di Aristofane come un pedante seccatore perso nelle sue discussioni astratte e campate in aria. In un brano del Gorgia il sofista Callicle, dice che la filosofia tutt'al più può essere praticata dai giovani che, inesperti della vita, si possono abbandonare ai discorsi campati in aria; quando però un uomo anziano, come Socrate, perde il suo tempo a discutere di problemi astratti, questo è degno di essere preso a bastonate.[21]

Platone invece dimostra che la filosofia ha un radicamento storico, essa cioè affonda le sue radici nella storia, nella realtà quotidiana e questo si vede da chi sono gli interlocutori di Socrate e cioè politici come Alcibiade, filosofi come Parmenide, artisti come Aristofane. Socrate quindi è perfettamente inserito nel dibattito culturale del suo tempo e i suoi dialoghi riguardano problemi reali ed universali. Così Socrate, pur non sembrando, fa politica tanto da venire condannato e morire per accuse politiche.

C'è quindi uno stretto legame tra il filosofo e la politica; Socrate però non l'ha mai fatto capire, pur anteponendo sempre il bene della città agli egoismi dei singoli.[22] Per uscire dall'equivoco, occorre indicare esplicitamente quali siano le radici di questo legame, che ancora una volta consistono nella conoscenza della virtù, e nei criteri per distinguerla dalle opinioni e dalle strumentalizzazioni personali. Secondo alcune interpretazioni per Platone la

conoscenza del bene non concerne l'enumerazione di singoli esempi di virtù, bensì la definizione di cosa sia la virtù in se stessa. «L'unicità della virtù è una delle principali tesi socratiche: nei dialoghi giovanili Platone difende e corrobora questa tesi analizzando il contenuto di alcune delle virtù tenute in più alta considerazione nel mondo greco»[23] Sulla unicità della virtù in Socrate diversi autori non concordano attribuendo questa concezione alla sola filosofia platonica.[24]

*10 Aristotele e L'Eudemo o Sull'anima
Nel 354 a.C., alla morte in guerra, presso Siracusa, dell'amico e compagno di studi Eudemo di Cipro, Aristotele scrisse, in forma consolatoria e non speculativa, un altro dialogo, pervenuto in frammenti, l'Eudemo o Sull'anima, nel quale, prendendo a modello il Fedone platonico, sosterrebbe la tesi dell'immortalità dell'anima razionale, come indicato nella forma pur problematica della posteriore Metafisica: «Se rimanga qualche cosa dopo l'individuo, è una questione ancora da esaminare. In alcuni casi, nulla impedisce che qualcosa rimanga: per esempio, l'anima può essere una cosa di questo genere, non tutta, ma solo la parte intellettuale; perché è forse impossibile che tutta l'anima sussista anche dopo».[12]

Per l'Aristotele maturo, l'anima non è un'idea ma una sostanza informante il corpo: nell'Eudemo è invece netta è l'opposizione fra anima e corpo, sicché lo Jaeger la considerava dimostrazione dell'adesione completa del

giovane Aristotele al platonismo; i sostenitori della precoce presa di distanza dello Stagirita da Platone intendono invece questa dichiarata opposizione come dipendente dall'intento consolatorio del dialogo, nel quale Aristotele avrebbe volutamente accentuato il destino ultraterreno dell'anima.

In ogni caso, i frammenti dell'Eudemo non permettono di dedurre un'adesione alle dottrine platoniche delle idee separate dagli oggetti sensibili e della conoscenza fondata sulla reminiscenza.

*11 Socrate (in lingua greca Σωκράτης, Sōkrátēs; Atene, 470 a.C./469 a.C.[2] – Atene, 399 a.C.) è stato un filosofo ateniese, uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.

«[...] dall'antichità ci è pervenuto un quadro della figura di Socrate così complesso e così carico di allusioni che ogni epoca della storia umana vi ha trovato qualche cosa che le apparteneva. Già i primi scrittori cristiani videro in Socrate uno dei massimi esponenti di quella tradizione filosofica pagana che, pur ignorando il messaggio evangelico, più si era avvicinata ad alcune verità del Cristianesimo. L'Umanesimo e il Rinascimento videro in Socrate uno dei modelli più alti di quella umanità ideale che era stata riscoperta nel mondo antico. Erasmo da Rotterdam, profondo conoscitore dei testi platonici era solito dire: «Santo Socrate, prega per noi» (Sancte Socrates, ora pro

nobis)[3].»

Il contributo più importante che egli ha dato alla storia del pensiero filosofico consiste nel suo metodo d'indagine: il dialogo che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos ("confutazione") applicandolo prevalentemente all'esame in comune (exetazein) di concetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale e della filosofia in generale.

Per le vicende della sua vita e della sua filosofia che lo condussero al processo e alla condanna a morte è stato considerato il primo martire occidentale della libertà di pensiero.[4]

*12Friedrich Wilhelm Nietzsche (IPA: [ˈfʁiːdʁɪç ˈvɪlhɛlm ˈniːtsʃə][2] ascolta[?·info]) (Röcken, 15 ottobre 1844 – Weimar, 25 agosto 1900) è stato un filosofo, aforista, saggista, poeta, compositore, accademico e filologo tedesco.

Tra i massimi filosofi di ogni tempo, Nietzsche ebbe un'influenza controversa e indiscutibile sul pensiero filosofico, letterario e politico del Novecento. La sua filosofia è considerata da alcuni uno spartiacque fra la filosofia tradizionale e un nuovo modello di riflessione, informale e provocatoria.[3] In ogni caso si tratta di un pensatore unico nel suo genere, sì da giustificare l'enorme

influenza da lui esercitata sul pensiero posteriore, e la considerazione che alcuni nutrono verso di lui come antesignano dell'esistenzialismo, della filosofia continentale, del postmodernismo e del post-strutturalismo.

Coerentemente con i suoi assunti, diede grande rilievo al mito, alla poesia e alla musica, cimentandosi in gioventù anche come poeta e compositore (vale ricordare Hymnus an das Leben), attività in cui, peraltro, a parere della critica, non attinse risultati paragonabili agli esiti della sua speculazione filosofica.

Nietzsche scrisse vari saggi sulla morale, la religione (in particolare quella cristiana), la società moderna, la scienza, rivelando la sua passione per la filosofia, la critica letteraria e musicale, per la metafora, l'aforisma e l'ironia.

*13 Sigismund Schlomo Freud detto Sigmund (Freiberg, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939) è stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia. Ha elaborato una teoria scientifica e filosofica, secondo la quale l'inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui. Di formazione medica, tentò sempre, pur con difficoltà, di stabilire correlazioni tra la sua visione dell'inconscio e delle sue componenti, con le strutture fisiche del cervello e del corpo umano[1]: queste

speculazioni hanno trovato parziale conferma nella moderna neurologia e psichiatria[2].

Nella psicoanalisi l'impulso sessuale e le sue relazioni con l'inconscio sono alla base dei processi interpretativi. Molti dissensi con Freud, e quindi indirizzi di pensiero alternativi (Adler, Jung e altri) nascono dalla contestazione del ruolo, ritenuto eccessivo, riconosciuto da Freud alla sessualità.

In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psicolabili, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale s'interessò sulla base delle considerazioni di Charcot che individuava nell'isteria un disturbo della psiche e non già una simulazione come ritenuto fino ad allora. Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi relativi alle relazioni medico- paziente: la resistenza e il transfert.

Di questo periodo furono anche le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo di indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui appunto il lapsus freudiano), atti involontari, atti mancati e l'interpretazione dei sogni, e concetti come la pulsione (Eros e Thanatos), le componenti dell'inconscio e della coscienza (Es, Io, Super-Io (in sintesi: "ES" è il subconscio

istintivo, primordiale, derivante cioè dalla natura umana stessa e spinto dalle pulsioni sessuali, "IO" rappresenta la parte emersa, cosciente e "Super-IO" una super-coscienza maturata dalla “civilizzazione” dell'uomo, il codice di comportamento), il Complesso di Edipo, la libido e le fasi dello sviluppo psicosessuale.

Le idee di Freud e le sue teorie - viste con diffidenza negli ambienti della Vienna del XIX secolo - sono ancora oggi al centro di accesi dibattiti e di discussioni, non solo in ambito medico - scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale in genere. La psicoanalisi in quanto teoria della mente e dell'inconscio è ancora abbastanza accettata mentre molti ne hanno messo però in discussione l'efficacia terapeutica.

*14 Fisica Quantistica
Di cosa è costituita principalmente la materia? Di atomi. Quindi l’atomo, col suo nucleo e gli elettroni che gli orbitano intorno, è la base o il cuore della materia fisica (noi compresi). I fisici quantistici hanno scoperto che all’interno del nucleo dell’atomo, esiste appunto un universo ancora misconosciuto a cui hanno dato il nome di Spazio Quantico o Mondo Quantico. Una delle scoperte più affascinanti è stata che in tale Spazio opera la Legge di non località. Cosa significa? Che due particelle di energia pur essendo distanti a migliaia di km tra loro comunicano, nello stesso momento, in perfetta coscienza. Ma la scoperta ancor più affascinante è stata che le due particelle erano in

realtà...la stessa particella (una) simultaneamente presente in luoghi differenti! Cosa significa ciò e quali risvolti può avere nelle nostre vite se afferriamo nel profondo tale comprensione? Significa che siamo fondamentalmente UNO, uniti nell’Unico Campo Cosciente e che le “distanze locali” sono solo un’illusione in quanto la materia non è altro che Pura Coscienza-Energia (Intelligenza) condensata in forme differenti (locali). I fisici quantistici hanno inoltre scoperto che la materia è “vuota”, lo stesso nucleo dell’atomo nel suo centro infinitesimale contiene un piccolissimo “punto di materia” che materia non è ma un Bip (informazione-pensiero condensata). Pertanto per poter comprendere ed afferrare compiutamente tale realtà dobbiamo imparare ad affinare ciò che omeopaticamente parlando è affine al Bip, il Pensiero, poiché tutta la materia è fondamentalmente costituita di Pensiero Cosciente. Insomma la Fisica Quantistica ci invita ad essere prima non locali, affinando il Pensiero nel centro cosciente della materia fisica (Cuore) per poter modificare “la materia locale” (mente) e creare la realtà che desideriamo.

L'amore è Condivisione , Condivisione Di Gratitudine e Apprezzamento.
Condividere il proprio amore quando si parla del 4 chakra quello del cuore ;ecco che tutto l'amore è condiviso ...quando si hanno sentimenti come

compassione gratitudine e apprezzamento; ecco che i cuori si inebriano d'amore e così si hanno le più belle guarigioni.
Nel frattempo il Paese che frequento d'estate in quella precisa stagione pullulava di turisti e non mi meraviglia il fatto che un paese così magico sentisse in qualche modo la mia nuova
spiritualità , spesso la gente di fuori veniva davanti casa mia affascinata dal posto e tutto ciò mi riempiva d'amore , chi invece mi veniva a trovare dentro casa era mi zio con le mie due cuginette piccole,la più piccola aveva 4 anni all'epoca ;essa è molto intelligente tra l'altro,mi rincuorava il fatto di fargli vedere dei video sui chakra con cui lei si divertiva molto ,giocando con un mappamondo la facevo ballare e studiare come avrebbero fatto i primi greci per far studiare i bambini , non come si fa oggi che li si reprimono, costringendoli a stare seduti ognuno con il suo grembiule ;il bambino a quell'età ha voglia di imparare divertendosi ,sopratutto chi è particolarmente predisposto allo studio da qui mi è venuta la frase “io farei governare tutto ad una bambina di 4 anni” considerando i politici ed i potenti del mondo

Appena ho avuto a che fare con i chakra mi sono accorto che in paese c'era una ragazza Su Una

Sedia A Rotelle Che Si Muoveva Sempre Meno che Riuscì A Salutarmi con un Semplice Gesto della Mano Per Me quella cosa me fu di un Valore Assoluto

Questo quando divieni un essere compassionevole e vedi che una ragazza che è sempre stata male per la sua malattia , riesce a capire che tu vieni in pace e con un semplice gesto della sua mano ha cercato di salutarmi, questo quando si sceglie che il tuo prossimo ha un valore assoluto cosa che non mi era successo prima di allora , quando ero solo un musicista e ragazzo smaliziato . Tutto ciò significa che qualcosa si muove all'interno di una
persona ,anche se fortemente debilitata e tutto ciò mi rincuora in maniera speciale perchè alla fine ,siamo tutti figli di Dio.

Mi accorsi anche che una spiritualità burocratica è un ingiustizia questa fu una delle prime cose che pensai quando mi diedi al cristianesimo a all'induismo

ciò che vuole dire è che tutti possono entrare nel regno di Dio non è difficile ,ci vuole entusiasmo
e creatività è inutile credere ancora che bisogna essere solamente dei sacerdoti o dei cardinali o addirittura il Papa per seguire la retta via di una vita spirituale, bisogna sentire il prossimo come se stessi innanzitutto espiare le proprie colpe durante la propria vita il più possibile; essere dei buoni fedeli non significa per forza andare tutte le domeniche a messa o andare in processione tutte le volte ....significa invece che nel tuo piccolo gli insegnamenti spirituali, siano essi cristiani o induisti , vengano rispettati .....Dio ha creato delle leggi (mi riferisco a Mosè) ma sono semplici da attuare non avrai altro Dio all'infuori di Me , non uccidere, non dire falsa testimonianza, tratta il tuo prossimo come se fosse te stesso...... ogni buona persona lo fa ogni giorno .....rispettando piccoli concetti base delle due religioni si possono trarre enormi benefici per te stesso ,per gli altri e per l'umanità

Contento delle mie scelte spirituali ed informandomi sull'India mi accorsi di un grande uomo indiano :Ghandi*. quello che fece lui ,per me, fu il

Violentare Psicologicamente La Coscienza Di

Coloro Che furono i Colonizzatori .....che gli valse una Grande Vittoria Per La sua Tradizione.... Ed un grande Amore Verso Le Origini Dell'Universo

;La tradizione ci vorrebbe un popolo unito con le stesse leggi e gli stessi diritti ma per l'Inghilterra del periodo di Ghandi non era così infatti il “violentare psicologicamente la coscienza dei colonizzatori” dell'India è stata la mossa vincente del pacifista e grande uomo Ghandi, lui non ha alzato una mano contro i suoi oppressori ,è andato avanti in maniera stoica per fare riacquistare all'India i suoi diritti, la sua non è stata violenza fisica ma calore umano verso il proprio popolo e risveglio delle coscienze per quanto riguarda i colonizzatori

*15 Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma

(in devanagari मोहनदास करमच गांधी ascolta[?·info],

[moːɦənˈdaːs kəɾəmˈtʂənd ˈɡaːndɦiː]) (Porbandar, 2 ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948), è stato un politico e filosofo indiano.
Importante guida spirituale per il suo paese, lo si conosce soprattutto col nome di mahatma (in sanscrito महा ा,

"grande anima"), appellativo che gli fu conferito per la

"grande anima"), appellativo che gli fu conferito per la prima volta dal poeta Rabindranath Tagore. Un altro suo soprannome è Bapu, che in hindi significa "padre". Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l'India all'indipendenza. Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull'ahimsa (nonviolenza). Con le sue azioni Gandhi ha ispirato molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità quali Martin Luther King, Nelson Mandela[2] e Aung San Suu Kyi.

In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione e il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Un'altra cosa che ho trovato di sbagliato e di incompleto nelle filosofie occidentali è un cattivo funzionamento della logica , in merito al fatto della grammatica (parlo sopratutto di quella italiana quindi neolatina e un po' quella inglese quindi anglosassone)

si tenta di forbire il discorso con degli abbellimenti poetici o peggio ancora con dei costrutti di termini scientifici ; tutto ciò fa divenire poco essenziali le nostre frasi un esempio pratico può essere la famosa frase di S.

Agostino “ama e fa quel che vuoi” a quel punto Immagino Il Dio Pulito Di Sant'Agostino*16 Che Mi Giudica E Immagino Lo Sporco Satana A Bacchettarmi Per Aver Fatto Quello Che Volevo...questo dimostra che l'essenzialità di una lingua sta nel fatto di dire “ama” e basta o “pace” e basta

.apprezzo tutta la buona volontà di S. Agostino ma la religione non ha questo strano modo di approcciarsi all'amore :fare quel che si vuole va bene in una società anarchica ; far quel che si vuole al giorno d'oggi è grave; basti pensare ai potenti della Terra che con il loro “amore” stanno trattando male questo pianeta senza nessun timore di una collera divina; la frase è stata formulata con leggerezza non penso che Dio sarebbe contento su tu ami una persona e saresti disposto a tutto per lei ,anche ad uccidere . Farebbe male anche al cosi detto karma*17 delle religione orientali...ho notato , quindi , che la grammatica occidentale è piena di negazioni ad esempio “ non andare in quel posto se no ti fai del male” si farebbe prima a dire li c'è il male ecc.

16*Agostino d'Ippona (latino: Aurelius[1] Augustinus Hipponensis; Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo cattolico e teologo berbero.[2]

Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, è conosciuto semplicemente come sant'Agostino, detto anche Doctor Gratiae ("Dottore della Grazia"). Secondo Antonio Livi, filosofo, editore e saggista italiano di orientamento cattolico, è stato «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell'umanità in assoluto».[3] Le Confessioni sono la sua opera più celebre.

*17Karma è un termine d'uso nelle lingue occidentali come forma nominativa del termine sanscrito Kárman (sostantivo neutro; devanāgarī: कम ; traducibile come "atto", "azione", "compito", "obbligo"; inteso nei Veda come "atto religioso", "rito") che indica presso le religioni e le filosofie religiose indiane, o originarie dell'India, per lo più il principio di "causa-effetto", un principio di concatenazione secondo il quale ogni azione provoca una reazione, vincolando, per alcune di esse, gli esseri senzienti al saṃsāra (il ciclo di morti e rinascite).
La dottrina moderna di karman, origina dalle speculazioni

religiose delle Upaniṣad vediche[1]; essa è oggi centrale nell'Induismo, nel Buddhismo, nel Sikhismo e nel Jainismo.

Così in ambito induista è comunemente considerata la parte non-materiale delle azioni, ed è la causa del destino degli esseri viventi.[2]

In Occidente si diffuse nel corso del XIX secolo, divulgato dalla Società Teosofica, ed è al centro anche di molte dottrine New Age.

Il Dio Giudaico /Cristiano Ha Parlato Di Sè Definendosi l' Alfa e Omega Il Mio Intuito Naturale Mi Porta A Pensare Che Qualcosa Di Noi Così Finirà Come Lo Sono Le Lettere ......I Numeri Invece Molto Affini Alla Natura Perchè essenzialmente Sono Spazio Tempo Mi Parlano Di Infinità..E Quindi Verità, Essenza Rigenerazione Logica E Natura :D
Si Espande, Continua ed Infinita Come La Gradazione dei Colori è La Matematica Dei Numeri e Della Musica

Nel pianeta Terra forse il Dio giudaico cristiano ha ragione a definirsi l' alfa e l' omega basta pensare alla Bibbia e al suo codice

*18...sappiamo tutti che la Bibbia (sopratutto l'antico testamento)per quanto riguarda il nostro pianeta è un libro che rappresenta essenzialmente verità; infatti molti dei posti e degli oggetti descritti si trovano ai giorni nostri . Mentre il codice riguarda alcune scoperte ,fatte sempre ai giorni nostri, che parlano di ciò che sta scritto sulla Bibbia come di un contenitore di tutti i grandi avvenimenti successi e che succederanno alla Terra ,fino alla fine dei suoi tempi .Ma tutto ciò non è completo basti pensare che l'universo è cosi grande ed ecco che ci fanno eco le religioni orientali con il loro attenersi alle regole dell'universale basti pensare ai 7 chakra ;essi si rivolgono al lettore come un protagonista dell'universo e della sua forza creatrice, non mi stupisco quindi che noi dopo la morte possiamo anelarci in altri mondi ed universi .

*18 I codici nella Bibbia, noti anche come codici nella Torah, sono parole e frasi estratti con metodi crittografici saltatori e loro raggruppamenti ed "incroci semantici" con altre parole e frasi in chiaro nel testo della Bibbia che alcune

persone credono siano pieni di significato, degne di attenzione, dal momento che esisterebbero intenzionalmente in forma crittografata nel testo originale in ebraico della Torah. Questi presunti codici sono stati resi famosi dal libro venduto in Italia col titolo Codice Genesi di autori Michael Drosnin ed Eliyahu Rips (titolo originale inglese: The Bible Code), che più o meno apertamente dichiarano che questi codici possono predire il futuro. Queste idee sono fortemente messe in dubbio dagli scettici e da molti gruppi religiosi.

Il metodo principale che presuntamente porterebbe a decifrare i messaggi significativi consiste nell'estrazione di "sequenze di lettere equidistanti", o ELS (dell'inglese Equidistant Letter Sequence). Per ottenere una ELS da un testo, bisogna scegliere un punto d'inizio (in principio, qualsiasi lettera) e saltare un certo numero di lettere, anche prescelto liberamente (ma costante) e può essere negativo (in sequenza all'indietro del testo). In seguito, cominciando dal punto d'inizio, si prelevano "meccanicamente" le lettere dal testo, senza scartarne nessuna e mantenendo costante la spaziatura di prelievo.

Per esempio, se si "estraggono" le lettere in grassetto nel ParagrafoSceltoDannoUnELS - si ottiene la sequenza "P- G-O-L-A-U-S". Il salto scelto è +4. Nella tecnica proposta da Rips e Drosnin gli spazi e la punteggiatura sono palesemente trascurati.

Frequentemente più di un ELS relativo può apparire simultaneamente in una formazione di lettere ELS. Questa

si ottiene scrivendo il testo in una griglia regolare, con esattamente lo stesso numero di lettere in ciascuna linea, ed in seguito si sceglie di tagliare un rettangolo nella griglia di lettere.

Nell'esempio sottostante, parte del libro biblico della Genesi (in inglese, la versione di re Giacomo (26:5–10) viene mostrata con 33 lettere per ogni riga. Gli ELS (tratti dal testo inglese) che codificano "BIBLE" e "CODE" vengono mostrati qui sotto. Di solito nel libro di Drosnin si mostra un rettangolo più piccolo, come quello evidenziato nella figura. In quel caso non si notano le lettere mancanti tra righe adiacenti nell'immagine, ma è essenziale che il numero di lettere mancanti sia lo stesso per ogni paio di righe adiacenti.

C'è poi da considerare il fatto che le filosofie orientali contengano, alla base, una benevola ingenuità che li ha fatti però eclissare un po' dall'occidente di fatti

l'Essenza Del Nostro Corpo Del Nostro Spirito E Della Nostra Mente Non Ha diritti per Noi Occidentali Questo Fa si Che L'amore Sia Una Cosa Obbligata e Non Naturale..... Se L'occidentale Credesse Pìu Nel Senso Del Dovere

di Dare e Condividere Il proprio Amore In Questo Modo La Logica E Quindi La Mente Ne Trarrebbe UN' Enorme Vantaggio ...Ed Onererebbe La Propria Sacralità Di Essere Vivente , La Propria Autostima E La Propria Terra .....Il Nostro Spazio Essenziale quindi La Casa Intesa Come Universo Per Gli Orientali

L'essenza dello spirito non non ha diritti per la persona occidentale ....si sa che l'amore obbligato lo si concede a cose come la politica è normale che tutto ciò ci obbliga a portare un amore fatto di leggi e di obblighi morali ,e tutto ciò non risulterebbe naturale ....se invece l'occidentale o la persona civilizzata credesse più nel senso del dovere ,di dare e condividere il proprio amore ,la logica ne trarrebbe un enorme vantaggio ...questo quando il nostro cuore si espande e pompa bene l'ossigeno al cervello ,in questo caso vedreste la natura in modo logico e non solo ... anzi vi meraviglierete per tutto ciò che è stato creato, e vedrete come l'ape va in cerca del proprio nettare ,così voi andrete in cerca dell'acqua ...quindi l'uomo onererebbe la propria sacralità di essere vivente ,infatti l'uomo è un essere sacro ,è come un Dio per la

religione induista e la sua forza creatrice si espande per tutto l'universo....l'universo è quindi inteso come casa e spazio essenziale.

Secondo alcune importanti scoperte scientifiche (sempre che riguardano la fisica quantistica)si è capito che l'universo è un tutt'uno, è quindi un elemento che contiene noi come individui fino alle più piccole forme di vita ;come lo può essere un pomodoro e quindi anche quando qualcosa si finisce nulla è perso di fatti

Ciò che si perde è nell'aria Queste 2 Cose Contengono Energia Quindi Si Rigenerano In Vita

Questo è Quando il DNA lascia la sua energia nell'universo...di fatti nel Gange*19 (il fiume sacro indiano) si usa lasciare le persone senza vita ,bere l'acqua del fiume e fare il

bagno ;proprio perchè si crede che quel fiume, così taumaturgico, riesca a dare ancora energia facendo anelare la persona defunta in un altro essere la cosidetta metempsicosi o reincarnazione .....quindi la vita è nel DNA ,da quanto ho letto dalla Matrix Divina di Gregg Braden : è stato infatti fatto un esperimento con

2 cellule e si è capito che anche separandole c'è un energia sottile che le permea , questa fa si che una volta separate le 2 cellule dello stesso DNA , queste ultime tendono a riunirsi proprio grazie all'energia sottile, l'energia che l'universo si porta dentro .

*19Secondo gli indù il fiume Gange (che è femminile) è sacro. È adorato dagli indù ed è personificato come una dea Devi, che detiene un posto importante nella religione indù. Per gli Indù c'è la convinzione che effettuando il bagno nel fiume (in particolare in talune occasioni) si possa ottenere il perdono dei peccati e un aiuto per raggiungere la salvezza. Le abluzioni mattutine e serali sono normalmente effettuate presso alcune strutture dedicate costituite da scalinate che terminano nel fiume, dette ghats. Molte persone compiono lunghi viaggi per immergere le ceneri della cremazione dei loro familiari nelle acque del Gange; si crede che questa immersione possa far salire l'anima al cielo. Numerosi luoghi sacri indù si trovano lungo le sponde del fiume Gange, tra cui Haridwar e Varanasi, la città più importante dell'induismo. Si ritiene che bere l'acqua del Gange farà sì che dopo l'ultimo respiro l'anima salirà al cielo.

Al Gange si fa riferimento nel Rig-Veda, la prima tra le scritture indù. Appare nel nadistuti (Rig Veda 10.75), che elenca i fiumi da est a ovest. Anche nel Rig Veda 6.45.31, la parola Ganga è accennata, ma non è chiaro se il riferimento

è al fiume.

Gli induisti credono anche che la vita sia incompleta senza la balneazione nel Gange almeno una volta nella propria esistenza. Una buona parte delle famiglie indù tiene un flaconcino di acqua del Gange nella propria casa. Viene considerato prestigioso detenere l'acqua della Santa Ganga in casa, e in tal modo, se qualcuno sta morendo, sarà sempre in grado di bere la sua acqua. Molti indù credono che l'acqua della Ganga possa ripulire l'anima di una persona da tutti i peccati passati, e che possa anche curare i malati. Le antiche scritture ricordano che l'acqua del Gange porta le benedizioni dei piedi del Signore Vishnu; quindi la Madre Gange è anche conosciuta come Vishnupadi, che significa "proveniente dal piede di loto del Signore Supremo Sri Vishnu".

Alcune delle più importanti festività indù e raduni religiosi (intesi come culti) si celebrano qui. Varanasi ha centinaia di templi lungo le rive del fiume che vengono spesso inondati durante le piogge. Questa città, specialmente lungo le rive, è un importante luogo di culto indù e sede per la cremazione.

La mitologia indiana afferma che Ganga, figlia di Himavan, re della montagna, aveva il potere di purificare tutto ciò che toccava. Ganga veniva dal cielo e purificava il popolo indiano. Anche dopo il funerale, gli indiani spesso immergono i corpi dei loro morti nel fiume, ritenendo così

di purificarli dai loro peccati.

Shiva Non Sà Cos'è Il Perdono Perchè Dalla Natura Non gli è Stato Imposto
L'amore ...Semplicemente Perchè La natura è Amore ...Egli Danza Con Le Sue Quattro Braccia E Distrugge Per Generare In Qualunque Momento Per Generare In Qualunque Momento

Shiva*20 è il Dio della distruzione e rigenerazione; proprio per questo sa che la natura è amore, danzando con le sue quattro braccia distrugge per rigenerare in qualunque momento .Distruggere per l'Induismo non è qualcosa di negativo infatti Shiva distrugge e controlla le ignoranze e la passività ,distrugge per purificare e rinnovare ,
distrugge il così detto velo di Maya ossia
ciò che trattiene l'uomo o il credente nel mondo ; come se quest'ultima fosse una barriera metafisica che trattiene l'uomo dall'universo . Shiva è anche un Dio molto benevolo ,e sta vicino al credente, dando molto in cambio di poche offerte .

*20 Śiva (devanagari िशव; adattato in Shiva), è il nome una

divinità maschile post-vedica erede diretta della divinità pre-aria, successivamente ripresa anche nei Veda, indicata con i nomi di Paśupati e Rudra.
Fondamento, a partire dall'epoca Gupta, di sette mistiche a lui dedicate Śiva è divenuto, in età moderna, uno dei culti principali dell'Induismo.

Uno degli epiteti di Śiva più diffusi è Hara, che letteralmente significa "Colui che porta via", "Colui che distrugge". L'aspetto distruttivo, come si è già detto, è da ricercarsi nelle origini dell'Induismo, negli inni vedici più antichi, in cui era chiamato Rudra e dipinto come una deità terrifica e potente, a cui venivano offerti numerosi tipi di yajña (riti sacrificali).

La Trimūrti, detta anche erroneamente Trinità hindu. Da sinistra a destra: Brahmā, Śiva, Viṣṇu. Tempio di Hoysalesvara, Halebid.

Con la diffusione del concetto, fuorviante, di Trimūrti[29], la figura di Śiva è stata identificata principalmente con il suo aspetto dissolutivo, e quindi rinnovatore (senza tuttavia dimenticare o trascurare gli altri aspetti). Nella Trimūrti Śiva rappresenta la forza che riassorbe i mondi e gli esseri nel Brahman immanifesto, è l'aspetto divino che conclude i cicli duali di vita-morte, per consentire a Brahmā (l'aspetto

creativo) di iniziarne degli altri; è anche il Signore che distrugge la separazione tra il Sé individuale (jīvātman) e il Sé universale (Parātman). L'appellativo di "distruttore" non è quindi da intendersi in senso negativo, in quanto l'azione distruttrice si esplica in realtà contro ciò che ostacola (Śiva è distruttore dell'ignoranza e del velo di Maya, l'illusione metafisica che tiene separato l'individuale dall'universale), oppure è un aspetto della necessità degli eventi: non è possibile una creazione senza una precedente distruzione.

Poiché la Trimūrti è correlata anche coi tre guṇa (le tre tendenze, o qualità della manifestazione), come componente della Trimūrti ed in virtù del suo appellativo di Distruttore, Śiva è anche considerato l'aspetto divino preposto al controllo del tamas, la tendenza disintegrante, cui sono associate qualità come passività, inerzia, non- azione, ignoranza; qualità che si riferiscono al mondo sensibile, quello delle azioni cioè: solo tramite la non- azione, la rinuncia ai vizi come alle virtù, al bene come al male, è possibile la realizzazione.[21]

7-Quell'Alieno Sei Tu, Quel Diavolo Sei tu , Quel Niente Sei Tu , Quel Bambino Sei Tu, Quel Bue Sei Tu , Quell'Uovo Sei Tu, Quel Generale Tedesco SEi TU, Quell'operaio Russo Sei Tu ,Quella Macchina Celeste Sei Tu, Quello Che NON TI CHIAMA per Nome Sei Tu, Quell'odore Sei Tu , Quella Voce Sei Tu.............. Nella Tua Essenza ...Il

Mondo Ideale è Come Costruirsi Uno Specchio PER me Ora...
Costruire Questo Specchio NON Rappresenta La Mia Essenza....Poichè è Solo Uno Specchio....Ho Idealizzato Troppo La Mia IMMAGINE E Ignorato Tutto Il Resto: Le Energie Dell'Universo Che Non Hanno Segreto Ma SONO Dentro Ogni Forma Di Vita

L'essenza delle cose la si può descrivere nell'anima che ogni forma di vita porta dentro di sé .....il suo mondo ideale è come uno specchio ....è come vedere Ganesh*21 con una sola zanna (ciò che rappresenta è l'unità e non la dualità) o il cuore di Gesù con la corona di spine (rappresenta il sacrificio per la Terra e non il soffrire del Santo) ecco perchè mi sono immedesimato in altre forme di vita sia nella storia che nella fisionomia ...ed ecco che il valore e l'essenza dell'anima non ha segreti è pura energia ....Idealizzare la propria immagine può essere bello, appagante ma mai completo e non rappresenta un'Unità .....L'unità invece si ha quando si è consapevoli di essere si degli animali (come direbbero molti scienziati) ma anche di avere un 'anima ed essere un'energia ,perchè per me l'anima esiste.

Dai Piccoli Segni Di Vita puoi riuscire a vedere una luce infinita:
Questo mi successe nei giorni miei più intensi spiritualmente ,riuscivo a vedere con meraviglia ; ciò che la nostra anima cerca di anelare cioè : l'infinito ...la luce che dal sole che emana la sua forza quotidiana , quella stessa luce che si guarda quando si è in fasce in tenera età , la stessa luce di cui si enfatizzano i sogni all'alba.... la meraviglia che si ha nel vedere una natura viva e serena ...il tempo che detta le trame della nostra origine cosmica ed universale allo stesso tempo.

*21Presso la religione induista, Ganesha o Ganesh

(Sanscrito गणेश IAST Gaṇeśa) è una delle rappresentazioni

di Dio più conosciute e venerate; figlio primogenito di Shiva e Parvati, viene raffigurato con una testa di elefante provvista di una sola zanna, ventre pronunciato e quattro braccia, mentre cavalca o viene servito da un topo, suo

veicolo. Spesso è rappresentato seduto, con una gamba

braccia, mentre cavalca o viene servito da un topo, suo

veicolo. Spesso è rappresentato seduto, con una gamba sollevata da terra e ripiegata sull'altra, nella posizione dell'alitasana. Tipicamente, il suo nome è preceduto dal titolo di rispetto induista, Shri.

Il culto di Ganesha è molto diffuso, anche al di fuori dell'India; i devoti di Ganesha si chiamano Ganapatya.

In termini generali, Ganesha è una divinità molto amata ed invocata, poiché è il Signore del buon auspicio che dona prosperità e fortuna, il Distruttore degli ostacoli di ordine materiale o spirituale; per questa ragione se ne invoca la grazia prima di iniziare una qualunque attività, come ad esempio un viaggio, un esame, un colloquio di lavoro, un affare, una cerimonia, o un qualsiasi evento importante. Per questo motivo è tradizione che tutte le sessioni di bhajan (canti devozionali) comincino con una invocazione a Ganesha, Signore del "buon inizio" dei canti.

È inoltre associato con il primo chakra, che rappresenta l'istinto di conservazione e sopravvivenza, la procreazione ed il benessere materiale.

Per capire meglio questo saggio ora vi do una descrizione dei Veda (le sacre scritture indiane) presa da Wikipedia

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I Veda (in alfabeto devanāgarī वेद[1], sanscrito vedico

Vedá) sono un'antichissima raccolta in sanscrito vedico di testi sacri dei popoli arii che invasero intorno al XX secolo a.C. l'India settentrionale, costituenti la civiltà religiosa vedica, divenendo, a partire della nostra era, opere di primaria importanza presso quel differenziato insieme di dottrine e credenze religiose che va sotto il nome di Induismo.

Origine dei Veda

Il termine sanscrito vedico veda indica il "sapere", la "conoscenza", la "saggezza", e corrisponde all'avestico vaēdha, al greco antico οἷδα (anticamente ϝοἷδα, da leggere "voida"), al latino video.

La letteratura vedica origina da un popolo, gli Arii, che intorno al 2200 a.C. migrò verso l'India nord-occidentale


(allora indicata come Saptasindhu स िसधु, Terra dei sette

fiumi, in avestico Hapta Hindu) provenendo dall'area di Balkh (oggi in Afghanistan settentrionale). Un altro raggruppamento di questo popolo, gli Iranici, sempre provenienti dalla medesima area, invase invece l'attuale

Iran fondandovi una cultura religiosa che successivamente

provenienti dalla medesima area, invase invece l'attuale

Iran fondandovi una cultura religiosa che successivamente fu in parte raccolta nell'Avesta. Fu dunque nell'area dell'Afghanistan settentrionale che i Veda acquisirono le loro prime caratteristiche religiose e linguistiche[2].

Elemento centrale delle credenze religiose degli Arii era lo Ṛta (in alfabeto devanāgarī ऋत , in avestico Aša) ovvero la

Legge cosmica, e il suo "guardiano" Asura Varuṇa (व ण devanāgarī, avestico Ahura Mazdā), concentrandosi il sacrificio religioso nella bevanda sacra, il soma (सोम devanāgarī, avestico haoma) e sul rito del fuoco (devanāgarī अि agni, avestico āthra).

Con l'ingresso di questi popoli Arii nell'India settentrionale, e con i conseguenziali scontri militari con le popolazioni autoctone, acquisì rilievo religioso l'eroico dio guerriero Indra (इ ).

Mentre con il successivo accoglimento anche di culti autoctoni, spesso fondati su pratiche sciamaniche e sull'utilizzo di formule magiche (mantra, म ), la cultura religiosa degli Arii si sviluppò e si diffuse sul territorio indiano in quelle caratteristiche che saranno poco dopo organizzate dai "cantori" (devanāgarī: ऋिष ṛṣi) dei primi due Veda: il Ṛgveda e alcune parti dell' Atharvaveda (2000-1700 a.C.).

La suddivisione dei Veda e loro datazione
Se hai problemi nella visualizzazione dei caratteri, clicca

qui.

Veda

• Ṛgveda

  • Aitareya Brāhmaṇa

  • Kauṣitakī Brāhmaṇa

  • Aitreya Āraṇyaka

  • Kauṣitakī Āraṇyaka

  • Aitareya Upaniṣad

  • Kauṣitakī Upaniṣad

    • Sāmaveda

  • Jaiminīya Brāhmaṇa

  • Tāṇḍya Mahā Brāhmaṇa

  • Sāmavidhāna Brāhmaṇa

  • Ṣaḍviṃśa Brāhmaṇa

  • Chāndogya Upaniṣad

  • Kena Upaniṣad

    • Yajurveda

  • Kṛṣṇa Yajurveda

    • Taittirīya Brāhmaṇa

    • Taittirīya Āraṇyaka

    • Taittirīya Upaniṣad

    • Kaṭha Upaniṣad

    • Śvetāśvatara Upaniṣad

    • Mahānārāyaṇa Upaniṣad

    • Maitrī Upaniṣad

  • Śukla Yajurveda

    • Śatapatha Brāhmaṇa

    • Bṛhad Āraṇyaka

    • Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad

• Īṣa Upaniṣad • Atharvaveda

• Gopatha Brāhmaṇa

• Śukla Yajurveda

  • Śatapatha Brāhmaṇa

  • Bṛhad Āraṇyaka

  • Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad

La raccolta dei Vedà consiste[3]:

  • nelle quattro Saṃithā (संिहता): Ṛgveda (ऋ ेद), Sāmaveda (सामवेद), Yajurveda (यजुव द) e Atharvaveda (अथव वेद), composte tra il 2000 a.C. e il 1100 a.C.[4];

  • nei Brāhmaṇa ( ा णं), commentari alle quattro saṃithā composti tra il 1100 a.C. e l'800 a.C.;

  • nelle Āraṇyaka (आर क), testi esoterici riservati agli

    eremiti delle foreste o comunque recitati al di fuori del

    contesto dei villaggi, composte tra il 1100 e l'800 a.C.;

  • nelle Upaniṣad (उिपनषद), opere di ulteriore

    approfondimento composte tra l'800 e il 500 a.C.;

  • nei Sūtra (सू ) e nei Vedāṅga (वेदा ), opere di

    codificazione dei riti, composti dal 500 a.C. in poi.

Va tenuto presente che questa suddivisione è quella universalmente considerata dagli studiosi di questa letteratura religiosa. In un significato più stretto, e più comune, per Vedà si intendono solo i quattro saṃithā, mentre dal punto di vista tradizionale solo i primi quattro raggruppamenti (i quattro Saṃithā, i Brāhmaṇa, gli Āraṇyaka e le Upaniṣad) sono considerati apauruṣeya,

• Īṣa Upaniṣad • Atharvaveda

  • Gopatha Brāhmaṇa

  • Praśna Upaniṣad

  • Muṇḍaka Upaniṣad

  • Maṇḍukya Upaniṣad

ovvero non composti dagli esseri umani e quindi appartenenti alla Śruti.

Le quattro Saṃithā Ṛgveda

Il più antico testo dei Veda è il Ṛgveda, che risulta essere anche la più antica opera della cultura indoeuropea. Nelle sue parti più antiche (inserite nei libri dal II al VII compresi) viene datato tra il XX e il XV secolo a.C. Esso si compone di una raccolta di 1.028 inni denominati sùkta (lett. "ben detto"), composti da complessive 10.462 strofe di diversi versi metrici denominate mantra (o più comunemente come ṛks, "versetto, invocazione"), suddivisi in dieci libri indicati come maṇḍala (lett. "cicli"), di diseguale ampiezza, struttura e datazione, per un totale di 153.836 parole. Il contenuto di questo Veda corrisponde ad elementi di culto sacrificale propri della civiltà degli Arii (con particolare riguardo alle divinità di Agni, Ṛta-Varuṇa e Soma) appena giunti nell'India nordoccidentale, che intersecano aggiunte poco più tarde inerenti alla valorizzazione di divinità guerriere come Indra, il dio del fulmine.

Sāmaveda

Il Sāmaveda si fonda sul Ṛgveda. Esso consiste in una raccolta di strofe (complessive 1.875, comprese le ripetizioni) la cui maggior parte (salvo 78) già compaiono

nel Ṛgveda (nei libri VIII e XIX). Esso non si compone quindi di "canti" (sāmans) piuttosto di mantra cantati da un sacerdote, l' udgātṛ (o udgātár) e dai suoi tre assistenti. La più nota versione del Sāmaveda, quella dei Kauthuma trasmessa nel Gujarāt, si compone di due raccolte:

  • il Pūrvarcika che si compone di 585 inni suddivisi in quattro sezioni. Le prime tre sezioni sono dedicate rispettivamente agli Dèi Agni, Indra e Soma; la quarta, non sempre riportata in tutte le edizioni, si compone di canti da recitarsi all'interno dei villaggi (grāmageyagāna) e canti da recitarsi al di fuori di essi (araṇyageyagāna);

  • lo Uttarāchika che si compone di 400 inni rituali da recitarsi secondo delle melodie.

    Una terza suddivisione di questo Veda inerisce al Mahānāmnyārcika, riportato in dieci mantra, che tuttavia viene omesso nelle più recenti edizioni.

    Yajurveda

    Lo Yajurveda è il trattato di formule inerenti al sacrificio (yajus). Mentre il Sāmaveda si occupa esclusivamente del rito del soma, lo Yajurveda riassume tutto il rituale vedico. Contiene le formule sacrificali, scritte talvolta come litanie, che erano praticate dall'officiante denominato adhvaryu. Ne disponiamo due versioni: Kṛṣṇa Yajurveda (Yajurveda nero) e Śukla Yajurveda (Yajurveda bianco). Sono composti in parte in versi e in parte in prosa ed è il più antico

esempio di prosa letteraria in sanscrito.

Atharvaveda

L'Atharvaveda (anche Atharvāṅgirasaḥ o Brahmaveda) è il trattato delle formule magiche e della medicina. Consiste di una raccolta di formule magiche (brahman) sia positive (atharvan) sia negative (aṅgirga), di carattere popolare. Inizialmente non fu considerato autorevole ma poi venne inglobato nella raccolta della letteratura religiosa degli arii e adottato come manuale rituale dei brahmani. Esistono due recensioni di questo veda denominate Śaunaka e Paippalāda.

I Veda nelle tradizioni hindu

« Quello enunciato nel Veda è il Dharma supremo; in secondo luogo viene quello della tradizione sacra; segue poi quello praticato dagli uomini dabbene. Ecco i tre dharma eterni. »

(Mahābhārata, XIII, 141, 65; citato in La saggezza indiana, a cura di Gabriele Mandel, Rusconi, 1999)

La posizione assunta dalle varie tradizioni religiose e scuole religioso-filosofiche dell'Induismo nei confronti dei Veda, è da un lato strettamente connessa alla

considerazione della parola in sé, dall'altro all'aspetto rivelatorio dei Veda stessi, la śruti. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, va fatta una prima distinzione fra tradizioni vicine all'ortodossia brahmanica, e che riconoscono l'autorità dei Veda, e tradizioni che invece se ne allontanano.

Fra le Darśana, per la Mīmāmsā, che considera le parole eterne, i Veda risultano essere senza tempo e increati. Differente è la posizione dei razionalisti del Nyāya, per i quali i Veda sono emanati da Dio.[5]

La religione è l'oppio dei popoli secondo
Marx ....come si fa a pensare ad un popolo quando la religione dovrebbe essere qualcosa di personale dico io....

Questa frase di Marx*22 non la condivido
affatto ,la religione per me ,invece, è qualcosa di personale, sopratutto la spiritualità che ti da una speranza nel mondo metafisico, premetto che non conosco bene Marx, ma come filosofo in questa frase presenta qualche lacuna dal punto di vista metafisico, difatti il pensiero filosofico principale di Marx è incentrato sul materialismo. Tutto il suo pensiero come il capitalismo è adottato ,ai giorni nostri ,da quasi tutti i politici ed imprenditori e non dagli spiritualisti .
La foga di questa frase è secondo me incentrata nell'odio e nel rifiuto di Dio tutto questo non è altro che accidia il settimo vizio capitale, che fa abbandonare l'uomo dal seguire Dio perchè lo sovrastano l'indifferenza e la noia nel cercare

Dio , la tristezza e la malinconia .
La frase di Marx va anche contro i principi basilari dei chakra sopratutto verso il settimo (il sahasrara)che per quanto abbiamo visto (vedi chakra ) la sua chiusura è dovuta a delusioni , nel caso di Marx, è una chiusura verso la spiritualità . Insomma una frase detta alla leggera ,poiché alla fine nel campo della filosofia Marx non si è interessato alla metafisica ma solo ad una visione materialistica.

*22Karl Heinrich Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883) è stato un filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco
In italiano è spesso chiamato Carlo Marx, col prenome tradotto.

Il suo pensiero è incentrato, in chiave materialista, sulla critica dell'economia, della politica, della società e della cultura a lui contemporanea. Teorico del socialismo scientifico e della concezione materialistica della storia, è considerato tra i filosofi maggiormente influenti sul piano politico[1], filosofico ed economico[2] nella storia del Novecento.

ZEITGEIST NON C'è COME STORIA è QUELLA LA BUFALA SOCIALE DEL CONTROLLO

Zeitgeist*23 è un documentario che presume di andare contro il cosìdetto controllo sociale ,vi parlo del documentario incentrato sulla
religione ,ma gli interessi, secondo me lo hanno portato ad essere esso stesso un controllo sociale ; per controllo sociale intendo dire che il documentario grazie a delle prove ;vuole far capire che il cristianesimo, essenzialmente, è una copia delle antiche religioni indigene quali quelle dell'antico Egitto . C'è da

precisare ,innanzitutto , che chi ne capisce un minimo di religione sa che ci sono varie analogie, sia storiche che astrologiche tra tutte le religioni e credo del mondo , ma da li a dire che Gesù Cristo come persona non fosse mai esistito ce ne vuole , a parte i vangeli canonici e quelli apocrifi ; alcuni studi dicono che Gesù all'età di 12 anni si allontanò dal tempio e di lui non ci sono più notizie per quanto riguarda la Bibbia ma non per quel che ne concerne altri testi rinvenuti a

noi ,tramite l'Oriente ,di fatti di testimonianze

dello studio di Gesù su altre sacre scritture ce ne sono un sacco ,vanno dall'India fino al Giappone dove si dice che Il Gesù ragazzo fosse stato in viaggio per studiare ed apprendere la pienezza spirituale.

Poi pure se fosse vero che il cristianesimo sia un controllo sociale è anche vero che ; fin dai più vecchi abitanti della terra in poi il nostro
pianeta ,abbia passato delle ere dove Dio si è manifestato in tanti modi (Tra l'altro io non escludo che non fossero veri) : in Grecia vi era Giove , in Egitto Horus , in India Krisna a così via ....sono avvenuti tanti miracoli, guarigioni e magie ,con tanti testimoni dalla loro parte ,che in generale l'essenza della metafisica e della spiritualità ,tra cui quella cristiana ,non la si può negare .

Ci vuole un briciolo di fantasia nelle cose ,se
no ,queste non accadono. Senza la fantasia , i miracoli ,le magie ed un minimo di attributi propri del mito ;le nostre domande sul perchè siamo al mondo ,finirebbero. Ed
ecco che si può spiegare l'esistenza di una vergine che è solo un Dio che feconda un'altra Dea ,in un'altra dimensione e la trasferisce sulla Terra ;con questa frase voglio dire che l'essenza di Dio è ovunque nell'universo , può stare nei

sogni , in altre dimensioni o in altri pianeti perciò io credo o almeno provo ad intuire che; una vergine può avere un figlio .

*23 Zeitgeist: the Movie è un web film non profit basato su teorie del complotto del 2007, diretto, prodotto e distribuito da Peter Joseph; è uscito in lingua inglese sottotitolato in diverse lingue, tra cui l'italiano e successivamente doppiato anche in italiano. Del film sono stati fatti due sequel: Zeitgeist: Addendum e Zeitgeist: Moving Forward.

È un documentario diviso in tre parti, apparentemente distinte ma rivolte verso un unico messaggio:

  • La prima parte tratta della religione cristiana come mito, comparando la storia del Cristo con quella di diverse religioni precedenti, in particolare con il mito di Horus. Così facendo propone una lettura astrologica della Bibbia.

  • La seconda parte rivisita gli attentati dell'11 settembre 2001 in chiave cospirazionista, i possibili artefici dell'attentato, chi possa averne tratto beneficio e se potevano essere evitati.

  • La terza parte traccia un filo conduttore tra i grandi conflitti bellici che hanno coinvolto gli Stati Uniti,

partendo dalla prima guerra mondiale sino alla seconda guerra del golfo, riconducendo il tutto alle logiche affaristiche dei maggiori cartelli bancari statunitensi e al ruolo principale della stessa Federal Reserve.

Nella prosecuzione dell'ipotesi sul mito di Gesù, questa parte del film sostiene, su studi storici non comunemente accettati in ambito accademico, come quello sostenuto da D. M. Murdock nel suo libro The Christ Conspiracy, che il Cristo della storia sia un ibrido letterario ed astronomico e che la Bibbia si basi su principi astronomici documentati da molte antiche civiltà, specialmente pertinenti al movimento del Sole attraverso il cielo e le costellazioni. Il film specificamente menziona i collegamenti storici tra Gesù Cristo e la divinità egizia solare Horus. Secondo questo film, la religione ed i miti in generale possono essere impiegati per indurre le persone ad osservare principi di bontà o a ricordare eventi astronomici importanti e ricorrenti, ma in fin dei conti, se la maggior parte delle persone crede in qualcosa di fittizio, possono cadere nel pericolo di sopprimere la propria coscienza critica ed essere controllati (oppure oppressi).

Il film evidenzia tutte le narrazioni in comune riguardo alle principali divinità solari (Horus, Mitra, Dioniso, etc.), segnalando, ad esempio, come abbiano la loro data di nascita tradizionale fissata al 25 dicembre, tre giorni dopo il solstizio d'inverno.[1]

D'altra parte la data del 25 dicembre, che celebrava la festa

del Sol Invictus (istituita da Aureliano[2]), nell'anno 330 d.C. (dopo la battaglia di Ponte Milvio) venne scelta dall'imperatore Costantino I per accorpare la sua religione solare a quella cristiana.[3] Nell'anno 337 questa data venne ufficializzata da papa Giulio I. Questa decisione non è stata accettata dai cristiani copti e ortodossi, che celebrano la nascita di Gesù il 7 gennaio.

In base a calcoli di Clemente Alessandrino (libro Stromata d.C. 200 circa) si arriva a date che da novembre arrivano a gennaio;[4] in effetti Clemente colloca la nascita di Gesù «194 anni, un mese, 13 giorni prima della morte dell'imperatore Commodo (31 dicembre 192)», calcolandola al 3 a.C.[5] oppure al 2 a.C.[6][7][3][8][9]

Tramite le mie meditazioni trascendentali *24 e tramite il terzo occhio *25 ho avuto visioni e poteri che non mi sarei mai immaginato di avere prima di allora: per quanto riguarda i poteri del terzo occhio riesco ad avere delle visioni taumaturgiche ed effetti di pranoterapia *26 su un'altra persona , mi è capitato con degli amici di chiedergli se fossero mai stati operati in una parte o bassa o alta del corpo insomma dalla cinta in su o in giu , e spesso indovinavo vedendo se il mio terzo occhio era acceso nella parte

buona o spento nella parte operata ( ho notato che circa l'85% 90 % delle volte indovinavo) poi grazie alla frequenza del miracolo*27 che so riprodurre con la voce e grazie alle mie

mani ;riesco ad avere effetti taumaturgici su altri individui .
Durante le meditazioni invece ,con gli occhi chiusi ed il terzo occhio riesco ad avere delle

visioni :una volta vidi una divinità indiana che poi riconobbi in Gayatri , un altra volta vidi il volto di Gesù e di Maria mentre una volta mi è
apparso un ragno, lo stesso giorno , in seguito, ho letto delle pagine del libro la Matrix Divina di Gregg Braden che dicono...."l'esplosione del big bang si espande sotto uno schema energetico che diviene il progetto di ciò che esiste e di ciò che mai esisterà la rete di indra nei sutra buddisti o la ragnatela di Donna Ragno della tradizione degli Hopi*28" ed eccomi spiegato il ragno della mia meditazione.

*24La meditazione trascendentale è una tecnica mentale per lo sviluppo delle potenzialità umane la cui origine è da

ricondursi alla tradizione vedica. È stata introdotta in occidente nel 1958 da Maharishi Mahesh Yogi. La meditazione trascendentale non è un brand soggetto a copyright ed è praticata da milioni di persone in tutto il mondo appartenenti a varie scuole o stili.

Pratica

La MT si basa sulla ripetizione per alcuni minuti, due volte al giorno, di uno specifico suono (mantra), che permetterebbe alla mente di raggiungere uno stato naturale di "consapevolezza senza oggetto" o "senza pensieri" chiamato "trascendenza", il quale rilasserebbe profondamente il corpo e rinfrescherebbe la mente stessa, apportando vari benefici al praticante.

Secondo la filosofia tantrica, la ripetizione del mantra personale (dato cioè all'atto della iniziazione dal Maestro o da un suo emissario autorizzato) unita ritmicamente alla respirazione, porta verso uno stato in cui si può ottenere il compimento del Dharma e la liberazione dai cicli di morte e rinascita e quindi di unione con il Divino.

Ricerche scientifiche

Nel 1970 vengono pubblicati i primi articoli scientifici sugli effetti della MT: i risultati indicano una riduzione di ansia e tensioni nei praticanti[1]. Il "quarto stato di coscienza" o di "trascendenza" sarebbe stato individuato nel 1971 nelle ricerche di tre medici di Harvard, che l'hanno definito "stato di veglia ipometabolico"[2] e l'hanno considerato differente dai tre ben noti stati di veglia, sonno, sogno (REM).

Negli anni settanta vengono pubblicati molti altri articoli del genere, non solo di fisiologia, ma anche di neurologia e psicologia tra cui uno su Le Scienze, in italiano[3].

[senza fonte]. Intorno al 1990 due meta-analisi confermano che è la MT

significativamente più efficace delle altre tecniche note di rilassamento e meditazione[4][5].

*25 Terzo occhio Il "terzo occhio" è il presupposto dell'"intuito" e della "chiaroveggenza". Esso è situato nel centro della fronte leggermente sopra le sopracciglia. E' collegato al sesto chakra e alla ghiandola pituitaria o ipofisi, anche se è comune credere che la ghiandola pineale o epifisi sia la ghiandola del terzo occhio. Attualmente possiamo dire che la pineale è una ghiandola in letargo, dovuto al suo inutilizzo negli ultimi millenni da parte dell'uomo.

L'attivazione del sesto chakra comporta l'emancipazione

resterà l'unica tecnica di meditazione ad ottenere riscontri

scientifici fino agli anni '80

La MT

dell'intuito personale. L'intuizione è la capacità di captare una verità senza l'uso della logica mentale. Essa fa parte della sfera irrazionale dell'uomo. Una forte intuizione porta alla "divinazione", della quale la più comune e popolare pratica è la cartomanzia.

Un essere in evoluzione passa dall'iniziale intuizione alla piena attivazione del terzo occhio e così alla veggenza. Divinazione, terzo occhio e veggenza rientrano sempre nella sfera dei talenti personali.

Quando il terzo occhio è totalmente aperto è possibile vedere e fare molte cose. E' possibile vedere dentro ad un corpo umano sia nel macro (organi, ghiandole, ecc.), sia nel micro (sangue, cellule, ecc.), tanto da poterne fare dei check-up particolareggiati. E' possibile vedere anche altre realtà, oltre a quella fisica, come ad esempio le entità disincarnate, l'aura, i chakra. Tramite di esso è possibile rivivere in pieno una propria vita passata, ma anche vedere quella di altri. E' possibile sapere e vedere che cosa fanno, pensano e dicono le altre persone, restando però nella più completa discrezione. E' possibile fare un "volo astrale". Con il terzo occhio è inoltre possibile praticare la magia nera, come malocchio, fatture, malefici, stregoneria, ecc., e la magia bianca, come sciamanesimo, guarigioni miracolose sia fisiche che astrali, esorcismi, ecc. Il suo uso non sempre però necessita di un essere pienamente consapevole, a volte il soggetto opera usando l'intuizione unita alla grande pratica acquisita nel tempo. Una coscienza involuta usa la veggenza per operare la magia nera, altresì,

una coscienza evoluta la usa per operare quella bianca. Nella simbologia la veggenza è la sfera di cristallo dei maghi, dove guardando dentro si vedono cose lontane e segrete.

Il grande Theophrast Bombast Von Hohenheim, conosciuto con il nome di Paracelso (1491/3-1541/4) scrisse sul terzo occhio: "L'intima natura di ogni cosa può essere conosciuta mediante la magia in generale e mediante i poteri della vista interiore, o seconda vista. Sono questi i poteri da cui possono essere scoperti tutti i segreti della natura. Ed è necessario che un medico conosca bene questa arte e sappia capire molto di più da questa sua intima percezione circa le malattie dei pazienti, che non interrogandoli. Finché l'uomo rimase in uno stato naturale riconobbe i segni delle cose e capì il loro vero carattere. Ma quanto più si allontanò dal sentiero della natura, e quanto più si lasciò catturare dalle illusorie apparenze esterne, tanto più questo tipo di potere scomparve."

Anche nel Vangelo vi è un accenno al terzo occhio. "La lucerna del tuo corpo è il tuo occhio. Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà luminoso. Ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo (astrale) sarà nelle tenebre. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande e nera sarà la tenebra!" (Matteo 6,22-23)

*26 La pranoterapia è una pratica di medicina alternativa che consiste nell'imposizione delle mani in corrispondenza della parte malata allo scopo di permettere il passaggio di prana (un supposto "soffio vitale") tra il corpo dell'operatore e quello del paziente. Chi pratica la pranoterapia è chiamato pranoterapeuta o pranoterapista. Essendo il prana un concetto religioso mutuato dall'Induismo, tale pratica dovrebbe essere utilizzata per il benessere spirituale. Tuttavia alcuni operatori e associazioni di operatori propongono la pranoterapia come pratica terapeutica, che però ad oggi non ha ancora avuto alcun riscontro scientifico riguardante l'efficacia ad eccezione dell'effetto placebo.

In Italia da alcuni anni, allo scopo di tutelare sia la qualità dei trattamenti ricevuti sia la professionalità dei praticanti, alcune associazioni di operatori collaborano con il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) per definire limiti e competenze e regolamentarne la professione; per questo motivo, non essendo la pratica una terapia in senso medico, sono stati proposti i termini alternativi prano-pratica e prano-tecnica.[1] Ad oggi la professione della prano-pratica è regolamentata solamente nella regione Toscana come disciplina bionaturale.[2]

La pranoterapia si differenzia dalla pratica simile del reiki, al di là della terminologia utilizzata (prana e ki sono concetti paragonabili), in quanto nella pranoterapia si presuppone un passaggio di prana tra il corpo dell'operatore e il corpo del paziente mentre nel reiki

l'operatore è considerato un mezzo per il presupposto passaggio di ki tra l'Universo e il paziente. La pranoterapia non va confusa con il Pranic Healing, che è una disciplina spirituale complessa, basata anch'essa sul prana, ma che utilizza il concetto in modo differente ed elabora diverse tecniche oltre alla semplice imposizione delle mani.

* 27Frequenze Meditative
Utilizzando determinate frequenze in un ambiente silenzioso si possono effettuare sedute di meditazione, training autogeno, E.F.T, pranoterapia e altre tecniche di ricerca interiore. Ad esempio un suono con frequenza a 528 Hz, può essere utilizzato prima di andare a dormire per ri- armonizzarsi o anche per cancellare le "basse frequenze" derivanti da pessime situazioni vissute o emozioni provate. Queste frequenze possono riparare e riprogrammare il nostro DNA
Esistono frequenze sonore vitali, circa 6, che hanno un potere straordinario e benefico sulla fisiologia umana.

Queste sono:

396 HZ - Liberi dal senso di colpa e ansia
417 HZ - Cambiamento, lasciare andare il passato 528 HZ - Riparazione e armonizzazione DNA

639 HZ - Apertura e connessione nei rapporti umani 741 HZ - Stimolare il risveglio interiore
852 HZ - Ritorno all'ordine spirituale

ascoltate ripetutamente nell'arco della giornata per la meditazione il training autogeno, EFT, pranoterapia e altre tecniche di ricerca interiore.

Può essere utilizzato prima di andare a dormire anche per cancellare le "basse frequenze" derivanti da pessime situazioni vissute o emozioni provate.

In queste 6 frequenze (Do 396 HZ, Re 417 HZ, Mi 528 HZ, Fa 639 HZ, SOL 741 HZ, LA 852 HZ) la proporzione che ne deriva crea ottave superiori corrispondenti alla geometria sacra del Codice da Vinci.

È l'inizio di una nuova scienza, la Cimatica, che studia le onde e i suoni che creano forme geometriche armoniose.

I suoni e la luce saranno gli strumenti delle medicina del futuro.
Nikola Tesla diceva che i tre numeri principali che costituiscono l'universo sono 3,6,9. - La frequenza 528 Hz (5+2+8=15 1+5 =6) è definita la frequenza 'Miracolo' ed è la stessa delle eliche del DNA...

- Nei canti Gregoriani, queste frequenze basiche sono

espresse continuamente e ripetutamente. Da questo deriva il senso di armonia e di beatitudine.

- Un istituto giapponese (I.H.M Research Institute), ha condotto una ricerca su queste frequenze vitali, fotografando a -25 gradi i cristalli dalla geometria perfetta che ne derivava. La tecnica è quella di Masaru Emoto.

- Altre ricerche con la kinesiologia sui chakra ha dimostrato il potenziamento della forza vitale in presenza di tale frequenze.

- Tutti i pezzi di musica classica composte da Ottave superiori posseggono alcune di queste frequenze specifiche.

- Nel padiglione auricolare è presente la proporzione del Codice da Vinci.

- I suoni che posseggono queste frequenze hanno un potere straordinario sulla fisiologia umana grazie appunto alla forma che accoglie informazioni coerenti alle leggi della creazione universale.

Il corpo umano è composto di sostanza genetica ed è dotato di un trasmettitore e un ricevitore estremamente evoluto di frequenze. Durante sperimentazioni scientifiche, si è osservato che inserendo il DNA in un contenitore particolare di elettroni, questi ultimi si dispongono creando

una struttura uguale al DNA. Se si rimuove il DNA, gli elettroni ritornano ad occupare le precedenti posizioni. Questa è la prova certa che il patrimonio genetico dell'essere umano interagisce di continuo con l'energia circostante; siamo noi, le nostre condizioni emotive, a influenzare il mondo di continuo.

Dentro un essere umano ci sono delle microantenne, conosciute con il nome di amminoacidi, connesse e collegate con il DNA. Inoltre, esistono 64 codici genetici, fatti per inviare o ricevere frequenze più elevate collegando ogni persona ad una coscienza più elevata. Le ultime ricerche scientifiche dicono che solo 20 di queste antenne sono funzionanti, mentre le rimanenti 44 rimangono "spente". 20 antenne sono insufficienti a collegare un essere umano con le frequenze più elevate. Ne deriva che ogni essere umano usa solo una piccola parte del proprio potere cerebrale.

Le nostre emozioni hanno una funzione determinante sull'attivazione di queste microantenne, come dimostrato da Bruce Lipton nel libro La biologia delle credenze. Una situazione di paura che deriva da tutte le nostre emozioni a bassa frequenza, può attivare solo alcune di queste "antenne" perché produce una lunghezza d'onda lunga e lentissima.

Invece l'amore, espressione di tutte le nostre emozioni di

elevata qualità spirituale, riesce ad attivare un numero elevato di "antenne Effettori' perché genera una lunghezza d'onda veloce e corta.

*28 Gli Hopi (chiamati anche Moki, o Moqui), sono una popolazione Amerinda che vive nel Sud-Ovest degli USA. Contrariamente agli altri popoli Pueblo, che risiedono tutti in Nuovo Messico (gli Zuni al confine tra Nuovo Messico e Arizona), la riserva degli Hopi si trova in Arizona, all'interno della grande nazione Navajo.

La sua economia si basava essenzialmente sulla coltivazione del mais, della zucca, dei fagioli e del melone.

In base alle testimonianze archeologiche, durante il periodo Pueblo IV che va dal 1300 sino all'arrivo degli spagnoli nel 1598, alcune tribù dell'antico popolo degli Anasazi abbandonano il loro territorio e scendono dal nord verso il sud per unirsi agli indiani Hopi e agli Zuni. L'architettura dei villaggi Hopi ricorda i pueblos dell'antica cultura degli Anasazi.

La cultura Hopi è simile a quella Pueblo e anche i loro villaggi sono costruiti come quelli dei Pueblo, cioè con abitazioni che possono raggiungere i cinque piani.

I loro insediamenti furono descritti dal frate Marcos de Niza come delle grandi città colme d'oro e furono (per questo motivo) punto di passaggio della violenta spedizione di Francisco Vásquez de Coronado (1540).

5-Il Mondo Non è Solo Ideale ma Anche Natura e Rapporti Umani Verso L'ambiente Verso, Ciò Che Circonda , Verso Le Energie Che Ci Dà E Che Noi Diamo, Verso Il Rispetto Per La Propria Terra E Radice

Il Mondo è pieno di energie i rapporti umani altrettanto

....avere rispetto verso la propria Terra è il massimo che si possa dare alla vita sembra strano ma è tutto concatenato è sempre una causa effetto,secondo il buddismo tibetano*29 esiste una forza che si chiama Aura sciamanica tibetana*30 , questa fa si che quando siamo tutti felici ed il mondo ci sembra felice ,ai nostri

occhi ,tutti sembrano felici ed infatti lo sono mentre quando siamo un po cupi e tristi questo si riversa sugli altri ,come ho detto prima ,lo

spazio tra le cose è pura energia e si manifesta nel campo elettromagnetico tuo e degli altri.

*29 Buddismo Tibetano
I Lignaggi del Buddhismo Tibetano sono le principali correnti di trasmissione degli insegnamenti del Buddhismo in Tibet e nelle aree in cui si è storicamente diffuso il Buddhismo Tibetano.

I Lignaggi hanno come base determinati monasteri (usualmente ogni monastero afferisce ad un Lignaggio, anche se vi sono monasteri che ne accolgono più di uno) dove gli insegnamenti sono ripartiti e trasmessi secondo linee diverse. Non sono però insegnamenti esclusivi: i riti di una scuola possono essere assunti anche da altre, così come particolari culti di divinità tantriche o di particolari Yidam o determinati cicli tantrici.

Il Lignaggio contiene una serie di dottrine da praticare con una serie di esperienze fisiche e mentali guidate da uno o più Lama qualificati i quali abbiano ricevuto da altri Lama le specifiche Trasmissioni, Iniziazioni e autorizzazioni.[9] ha la possibilità di impartire quelle Iniziazioni (Wangkur), Trasmissioni Orali (Lung / Ka-Lung) insegnamenti generali e istruzioni specifiche di meditazione da cui trarre autonomamente delle conclusioni e con cui conseguire i propri fini. Un esempio è la meditazione Dzogchen, sviluppata in ambito Nyingmapa avendo come origine

Guru Rinpoche, Vimalamitra e altri, e poi diffusasi principalmente nel Lignaggio Kagyupa

[senza fonte] e poi in molti Lignaggi esistenti in Tibet e nella regione himalayana, forse un po' meno nel Lignaggio Gelugpa.

Sempre nel lignaggio Nyingmapa esiste tuttora, a partire da Guru Rinpoche (Guru Padmasambhava dell'Uddiyana) il lignaggio dei Terma, Testi di insegnamenti o oggetti sacri di particolarissimo valore, scritti o comunque prodotti a beneficio delle generazioni successive immerse nelle difficoltà e sofferenze del Kaliyuga comunemente tradotto come "era delle cinque degenerazioni" insegnando tecniche, rituali, meditazioni e procedimenti di ogni tipo per beneficiare gli esseri senzienti nel Kaliyuga, sottoposti a grandi sofferenze e difficoltà di ogni tipo.

*30 Aura sciamanica tibetana

Tra le innumerevoli specializzazioni della scienza occulta, una delle più interessanti è lo studio
dell’aura. Parlando in termini scientifici, l’aura è una emanazione magnetica e impalpabile generata da forze eteriche e di vario altro genere, provenienti dagli esseri umani e dagli oggetti con i

quali si entra in contatto.

seguito all'attività del 3o Karmapa Rangjung

Dorje

specialmente in

Ogni cosa in natura è atmosfera e magnetismo (tutta la materia organica e inorganica riflette questa
energia). Ciò vale tanto per il più semplice dei cristalli o degli organismi viventi, quanto per gli

esseri più evoluti e dotati di una coscienza.
Il Webster’s New World Dictionary definisce l’aura come una particolare atmosfera o esalazione
che sembra circondare una persona o un oggetto.
È chiaro, quindi, che tutta la materia riflette un campo energetico......
Il Carbonio-7 è composto da:
. 6 protoni
. 1 neutrone
. 6 elettroni = 616.

E' stato scoperto che il carbonio-7 è auto-cosciente. Questo significa che possiede intorno a sè una proprietà elettromagnetica. Questa proprietà elettromagnetica, quando si estende più ampiamente, è conosciuta come AURA.

Gli scienziati al momento non capiscono perché il sole è determinato ad emettere queste radiazioni che trasformano il carbonio-12 in carbonio-7.

L'occultismo qui può rispondere:
Il sole trasforma il carbonio-12 (essere umano "standard") in carbonio-7 (essere umano realizzato/completo)

Fuoco trasforma_Fuoco brucia la tua virtù _fuoco brucia la tua viltà.

Questa massima l'ho tirata fuori perchè dal fuoco che forgia e trasforma che può essere un fatto del tutto materiale ,si passa al fuoco che brucia la tua virtù ; in maniera allegorica e che diviene qualcosa di metafisico fino ad arrivare al fuoco che spero brucerà la viltà di tutti noi ,

infatti non basta essere dei virtuosi in questa vita ma bisogna essere anche bravi moralmente , secondo me un individuo può essere di qualunque schieramento politico o religioso, oppure un virtuoso della fotografia o della musica, ma la differenza la fa sempre chi è elevato moralmente e spiritualmente.

Il fine di questa esperienza è stato quello di illuminare me stesso il più possibile , spero di avervi fatto riflettere e perchè no illuminare

anche voi lettori.......... in questo universo, che è come una porta che si attraversa ............e che

come direbbero gli aborigeni australiani “Siamo tutti i visitatori di questo tempo, questo luogo.

Siamo solo di passaggio. Il nostro scopo è quello di osservare, imparare, crescere, amare, e poi torniamo a casa.”

Amen _ Namastè

E Buona Utopia di Pace Eterna A Tutti DOLPHIN OMEGA

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CAPITOLO 2
Pierre Shaffer e “Les traites des objeux musicaux”

2.1 Biografia Pierre Saheffer Pierre Shaeffer.

È stato tecnico e dirigente presso l'ente radiofonico francese, dove svolgeva attività di ricerca assieme al G.R.M.C.(gruppo di ricerca sulla musica concreta) nell'ambito della musica concreta, da lui teorizzata, praticata e illustrata nel suo trattato sugli oggetti musicali del 1966. Tra il 1949 e il 1950 Schaeffer compone la Symphonie pour un homme seul, in collaborazione con Pierre Henry (una sorta di poema concreto sulla giornata di un uomo, con respiri, passi, porte sbattute), nel primitivo Studio d'Essai, dove la rudimentalità delle apparecchiature (tre giradischi) non permette di de-naturare i rumori che mantengono così tutta la loro originaria pregnanza semantica.

Nella musica concreta pura il materiale di base è sempre precostituito: i suoni e rumori provenienti da qualsiasi contesto, cioè ricavati dalla quotidianità, dalla natura, nonché da voci e strumenti tradizionali, vengono registrati con il magnetofono (registratore a nastro), immagazzinati e successivamente elaborati e denaturati mediante varie tecniche di montaggio.

Al contrario la musica elettronica pura si avvale soltanto di suoni generati direttamente dalle apparecchiature elettroacustiche, nelle quali le vibrazioni elettriche divengono vibrazioni sonore. I suoni che ne derivano sono dunque totalmente nuovi, sintetici.

La notorietà di Pierre Schaeffer presso la critica e il pubblico internazionale è dovuta quasi esclusivamente alla sua intensa attività di teorico e compositore di musica elettroacustica e, in particolare, all'introduzione di un nuovo modo di concepire l'arte dei suoni (registrati e non) che egli stesso battezzò musica concreta'. Meno conosciuti sono gli altri numerosi ambiti coperti dalla ricerca schaefferiana che, lungo l'arco di un cinquantennio, lo portò a confrontarsi con una moltitudine di tematiche cruciali per la cultura contemporanea, anche al di fuori dell'ambito prettamente artistico, muovendo sempre da posizioni originali e irrompendo spesso in modo fortemente polemico nei più accesi dibattiti della cultura internazionale. All'interno di questo variegato panorama non poteva mancare, e occupa anzi un ruolo centrale, un'approfondita riflessione sull'impiego creativo delle tecnologie di registrazione e riproduzione audiovisiva, delle quali Schaeffer esaltava primariamente la capacità di istituire un anello di congiunzione fra «due termini tanto irriducibili: il corso torrenziale del tempo attraverso ogni spazio e la durata, come cristallizzata, di una coscienza immobile».

Pur accompagnando l'intera parabola schaefferiana, l'indagine sulla componente audiovisiva all'interno delle cosiddette arts-relais - termine di ardua traduzione, che potrebbe forse essere reso con la locuzione arti di collegamento' o indirette (Palombini 1998) - non si è mai cristallizzata in una teoria uniforme e, a eccezione di una manciata di scritti esplicitamente consacrati a tali problematiche, la maggior parte degli spunti proposti dal teorico si trova integrata a digressioni di argomento più generico (teoria dei mass-media e politiche culturali) o più specifico (radiofonia e analisi delle tecnologie di riproduzione mono-mediale), che saranno brevemente ripercorse nelle pagine che seguono.

1. Fra estetica e tecnica: le arts-relais

L'interesse di Schaeffer in materia di audiovisione precede di molto la nascita della musica concreta e può essere ricondotto alla seconda metà degli anni Trenta, all'epoca delle prime collaborazioni del teorico con le strutture della radiofonia francese. La sua doppia formazione di musicista e ingegnere contribuì a offrirgli un punto di osservazione privilegiato e, all'epoca, pressoché unico, sulle problematiche connesse alle nuove arti basate sulla ripresa diretta di immagini visive e sonore - e in particolare al cinema e alla radio - che egli vedeva come accomunate da molteplici aspetti, estetici prima ancora che tecnologici. Proprio a questi temi è dedicato il primo saggio di ampio respiro redatto dall'autore fra il 1941 e il 1942, Esthétique et technique des arts relais, in cui prende forma un nucleo teorico destinato ad informarne le riflessioni degli anni a venire, dalla ricerca musicale a quella sui mass-media, alla sociologia e alla semiologia dell'audiovisione.

Una delle peculiarità del pensiero schaefferiano, in controtendenza rispetto alla maggior parte delle proposte teoriche coeve (e di molte di quelle attuali), consiste nella volontà di mettere in questione l'importanza comunemente accordata al mero dato tecnico della produzione audiovisiva (la riproduzione meccanica dell'immagine e del suono), negando che l'apporto delle nuove tecnologie rappresenti una condizione necessaria per il conio di categorie epistemologiche diverse da quelle già impiegate dalla critica d'arte. A questo scopo, il teorico

propone un'analisi del processo che conduce alla nascita di una nuova forma artistica, sia essa diretta' (come pittura, scultura e musica) o indiretta' (le arts-relais), identificando tre fasi in cui, rispettivamente, lo strumento deforma, trasforma e informa l'arte. Viene così definito un percorso di progressiva acquisizione di consapevolezza circa i limiti e le possibilità dei mezzi espressivi di cui ogni manifestazione del pensiero artistico si serve: a un primo periodo di apprendistato, in cui «[... ] si perdona tutto allo strumento perché se ne ammira la novità», segue uno stadio di perfezionamento tecnico, caratterizzato dalla necessità di riproporre modelli già sperimentati in altri campi.

È il caso, per esempio, dei numerosi cliché teatrali riproposti in ambito cinematografico e delle opere pittoriche moltiplicate dalla fotografia, emblemi per Schaeffer di una deviazione arbitraria, ancorché provvisoriamente necessaria, delle specificità della nuova forma d'arte: «[... ] si chiede allo strumento [... ] non solo ciò che non può dare, ma ciò che non è nella sua natura di dare». Viene infine una fase classica', quando tutti i principali problemi pratici sono stati risolti e si verifica compiutamente la conquista di modalità espressive autonome per la produzione di opere originali (si veda anche Palombini 1998). Come si vede, è solo abbandonando ogni velleità di addossare ai vari espedienti tecnologici la responsabilità di ampliare la sintassi di linguaggi già consolidati che le nuove arti scoprono la propria essenza. Quella che affiora è dunque l'ipotesi di una corrispondenza di principio fra l'idea, messaggio o contenuto, e le procedure che permettono la sua attuazione, le quali a loro volta appartengono al contesto sociale in cui si sviluppano.

Se è tipico dell'arte in sé, e non solo della radiofonia e della cinematografia, il servirsi di determinati strumenti al fine di generare oggetti dotati di particolare significato, è vero però che la rappresentazione del reale promossa dalle arti indirette trascende il comune concetto di verosimiglianza per dar vita a emulazioni talmente aderenti da essere scambiate per il reale stesso. Nell'ottica di Schaeffer il processo imitativo dell'opera d'arte rivela, grazie ai processi rappresentativi attivati da cinema e radio, il proprio carattere puramente illusorio: le immagini visive e sonore che i dispositivi di ripresa trasducono in segnali depositati su un supporto fisico non sono altro che simulacri della realtà di cui l'artista si serve, manipolandoli, per comporre la propria opera. Ne consegue che, anche da questo punto di vista, non esiste nessuna differenza di principio fra un dipinto raffigurante un volto e una fotografia dello stesso soggetto: entrambi si distanziano inesorabilmente dall'originale e, raffigurandolo, ne pongono in luce alcune caratteristiche occultandone altre.

Semmai, la rappresentazione diretta e quella indiretta si distinguono per l'uso che l'artista fa di tali simulacri: se nel primo caso la riproduzione è l'opera, nel secondo essa corrisponde piuttosto al materiale di cui l'opera si compone, analogamente a ciò che il colore rappresenta per il pittore, il marmo per lo scultore o la nota musicale per il compositore. «Il cinema - dirà in seguito Schaeffer - si presenta come produzione di opere a partire da tali simulacri [... ]. Il pubblico, ma anche molti professionisti, hanno misconosciuto questa evidenza. Mettendo tutto l'accento sulla fedeltà della ―riproduzione, hanno accantonato il paradosso secondo cui la realtà così trattata era allo stesso tempo assai simile e assai differente». Si profila dunque una concezione dell'opera d'arte audiovisiva fortemente sbilanciata verso un'interpretazione formalista, che intende l'essenza dell'opera stessa come costrutto di elementi preesistenti', secondo una definizione che diverrà classica negli ambienti della musica elettroacustica.

Lo iato che separa le arti classiche da quelle moderne non può dunque essere individuato nelle tecnologie impiegate né nelle forme della rappresentazione; qual è dunque la caratteristica che accomuna le arts-relais distanziandole da tutte le altre forme espressive? Secondo Schaeffer la risposta a questa domanda è da cercarsi in una maggiore predisposizione di cinema e radio a valorizzare l'aspetto più immediato ed evanescente del fenomeno rappresentato, mentre le altre arti manifestano una tendenza comune a muovere dal particolare per guadagnare quanto più possibile una dimensione universale. Tutte le forme di rappresentazione del passato recano, secondo Schaeffer, la traccia indelebile di una vocazione logocentrica, imposta dal bisogno di superare le contingenze della quotidianità per definire ed esprimere concetti assoluti.

Tale necessità è però sconosciuta al cinema e alla radio i quali, al contrario, si giovano di una straordinaria facilità nella descrizione immediata e nell'evocazione; al posto di raffigurare un'idea, essi carpiscono dalla continuità del flusso temporale bagliori unici e irripetibili, cogliendo e offrendo allo spettatore l'aspetto vivente del reale: il linguaggio delle cose. Il punto di vista di Schaeffer s'inscrive apparentemente nel solco di quella tradizione critica che, fin dalla nascita del film sonoro, si oppose all'eccessivo impiego della parola, e che Sigfried Kracauer sintetizza così: «[... ] tutti i tentativi riusciti d'integrazione del linguaggio parlato hanno una caratteristica comune: cercano di diminuire l'importanza del dialogo allo scopo di aumentare quella delle immagini visive».

Rispetto a questa tradizione, però, Schaeffer compie un ulteriore passo avanti giungendo a rifiutare in toto la logica argomentativa come supporto della costruzione audiovisiva in favore di un'organizzazione analogica' dei materiali: «Questo gioco è il vero e proprio scontro che evochiamo e che potrebbe essere chiamato la battaglia fra logos e kosmos: linguaggio realista affinché l'astratto si sforzi di raggiungere il concreto. L'idea che l'uomo si fa del mondo, le parole con le quali nomina le cose si compongono insieme e tendono a creare un mondo che sia reale. Le arts-relais apportano delle immagini, dei suoni, che sarebbero tanto informi quanto il mondo stesso, se non ci sforzassimo di far dire loro qualche cosa e di ricondurre ad esse le Il contributo di Pierre Schaeffer alla teoria dell'audiovisione. Incontrare il concreto a partire dall'astratto, questa è la grande invenzione del linguaggio elaborato; incontrare il pensiero a partire dalle cose, questa è l'invenzione del cinema e della radio».

È opportuno sottolineare che l'aggettivo 'concreto' non indica per Schaeffer un rimando diretto agli eventi del mondo, i quali, come si è detto, non possono che essere emulati in modo imperfetto; esso riguarda piuttosto tutta quella serie di aspetti marginali' di un'opera che non appartengono direttamente all'espressione di un'idea ma che, non per questo, partecipano meno alla definizione complessiva delle forme sensibili dell'artefatto. Le numerose precisazioni su questo punto che si possono rinvenire nella teoria musicale schaefferiana valgono a pieno titolo anche per le arti indirette: la sfumatura, il gesto, il respiro, il tocco, ma anche l'imprecisione, l'esitazione e, in generale, ogni aspetto che contribuisce a caratterizzare l'immanenza di un particolare oggetto della rappresentazione rispetto al suo corrispettivo ideale sono tutti tratti potenzialmente espressivi, a patto che lo spettatore sia predisposto a coglierne le sottigliezze.

I materiali delle arti 'indirette’ sono dunque oggetti estetici (immagini e modulazioni) organizzati secondo una sintassi basata sulle loro qualità sensibili; tali qualità sono poste in risalto, rivelate dalla macchina da presa e dal microfono. È la caratteristica che Walter

Benjamin indicava come riduzione della lontananza' dell'opera d'arte riprodotta (categoria entro cui faceva rientrare di diritto anche il cinema) e che Adorno definiva come 'cosalità'.

Ma, significativamente, per i due filosofi, quest'aspetto eminentemente ostensivo dei prodotti audiovisivi è da interpretare come limite delle arti meccaniche, rappresentando per il primo il motivo principale della decadenza dell' aura' e sancendo per il secondo l'impossibilità di una costruzione assoluta in cui gli oggetti della scomposizione possano essere manipolati come valori puri. La soppressione del dominio del logos, invocata a più riprese da Schaeffer, è dunque vista dai due filosofi come una rinuncia al linguaggio e al senso; nelle parole di Adorno, «[... ] che dal materiale riprodotto come tale - nella rinuncia a qualsiasi significato, soprattutto, nella rinuncia, fondata sul materiale, alla psicologia - scaturisca un senso appare illusorio». È per questo che per entrambi i pensatori l'immagine riprodotta finisce inevitabilmente coll'evocare un rimando alla società o alla politica, intese in un certo senso come complemento o antidoto all'eccesso di realismo consegnato allo schermo.

Al contrario, nel sistema concettuale di Schaeffer, le caratteristiche morfologiche del colore, della luce, delle altezze e delle intensità, sono i tratti semantici elementari di un secondo linguaggio, senz'altro vago e imperfetto, ma capace di sostenere comunque il peso di costruzioni formali e di veicolare altri livelli di senso. È all'interno di questa ambivalenza fra la necessità di una costruzione architettonica basata sulla manipolazione di oggetti e la nobilitazione della concretezza dell'effimero che risiede l'identità caratteristica dei prodotti delle arti meccaniche, grazie alla quale queste ultime si separano definitivamente dal romanzo, dall'opera, dal concerto e da tutte le forme di teatro filmato o radiotrasmesso per affermarsi finalmente come linguaggio indipendente, tanto singolarmente nel campo delle immagini in movimento e del suono riprodotto, quanto, a maggior ragione, in quello dell'audiovisione.

2. Frammenti di una teoria: il contrappunto fra suono e immagine Il cinema degli esordi e l'arte radiofonica anticipano e predispongono l'avvento dell'era audiovisiva. Il processo evolutivo innescato da queste due creature del XX secolo è visto a posteriori da Schaeffer come una sorta di laboratorio in cui si pongono i presupposti per la fondazione di un nuovo linguaggio propriamente intermediale: muta (e sorda) la prima, cieca la seconda, entrambe impongono ai propri adepti il duplice sforzo di liberarsi dalle pastoie dell'imitazione pedissequa di altre forme artistiche (soprattutto pittura, teatro, narrativa) ed elaborare modalità espressive originali che trasformino le rispettive menomazioni' in altrettanti punti di forza. Conseguentemente, la lettura schaefferiana del cinema sonoro e delle altre forme d'interazione fra suono e immagine evidenzia in primo luogo l'importanza di una compenetrazione non superficiale fra le proprietà di quelle arti. Tuttavia, l'analisi della comunicazione audiovisiva si spinge ben oltre il semplice computo di una sommatoria di caratteristiche importate dai singoli media, sforzandosi di pervenire a soluzioni interpretative spesso intrecciate a prese di posizione di natura squisitamente poetica.

Gli scritti che Schaeffer consacra all'incontro fra suono e immagine appartengono tutti a momenti di svolta della sua carriera: il già citato saggio sulle arts-relais, ad esempio è il frutto di un periodo di astensione forzata dall'attività radiofonica e precede di pochi mesi l'inaugurazione del Club d'Essai, laboratorio di ricerca e sperimentazione da cui discenderà il più noto Groupe de Recherches Musicales, tuttora in attività. Quattro anni più tardi, subito dopo la conclusione del colossale radiodramma La Coquille à Planetes, saranno pubblicati due

contributi, Propos sur la coquille dedicati, rispettivamente, all'estetica della radiofonia e allo studio della componente sonora in ambito cinematografico.

Quest'ultimo, in particolare, riprende ed approfondisce quella visione costruttivista del documento audiovisivo secondo la quale, indipendentemente dal soggetto narrato, il messaggio estetico sarebbe interamente veicolato dall'organizzazione formale degli oggetti, immagini visive e modulazioni sonore. Procedendo alla consueta tripartizione della traccia sonora in rumore, voce e musica, Schaeffer giunge a dimostrare come tutto il decorso acustico sia in realtà riconducibile alla prima categoria, dal momento che la parola altro non è che il rumore prodotto dagli uomini: «[... ] si può dunque affermare che il testo ha molta meno importanza dell'intonazione delle frasi, la grana delle voci e il grado di intelligibilità [...].

Così, esso rende per giunta l'azione esplicita, ma né più né meno di quanto non lo sia la realtà, il più delle volte ellittica e ambigua». Rumori verbali e ambientali appartengono dunque a un unico ambito della composizione audiovisiva, perfettamente adeguato all'immagine nella misura in cui questa non può far altro che mostrare delle cose'. Inoltre, essendo il risultato di un movimento fisico, tali eventi sonori testimoniano la presenza di un'azione, di un cambiamento, e alimentano pertanto la dinamica della scena complessiva.

Il discorso sulla musica, decisamente più complesso, parte da una constatazione apparentemente contraddittoria: non godendo di alcun nesso causale con le immagini, essa si discosta in primo luogo dalla realtà della cosa rappresentata e non intrattiene nessun legame di necessità con la struttura della rappresentazione stessa; allo stesso tempo però la musica gode della capacità di porsi spontaneamente in relazione con l'immagine, prima ancora di ogni considerazione di tipo formale e di ogni possibile contenuto emozionale specifico. Nell'ottica di Schaeffer, infatti, l'aspetto visivo e quello acustico tendono a formare un legame semantico immediato indipendentemente dalle scelte autoriali, le quali possono senz'altro potenziare e guidare tali relazioni, ma mai sopprimerle: ne è prova la possibilità storicamente dimostrata di adattare ogni repertorio precostituito di motivi musicali a qualsiasi sequenza di immagini ed istituire collegamenti o fratture all'interno del decorso filmico. Ciò non significa però che la musica intrattenga inevitabilmente un rapporto di subordinazione rispetto all'immagine.

Qualora il regista sia in grado di immaginare e organizzare la propria opera in termini sonori, oltre che visivi, la scelta degli elementi musicali cesserà di rapportarsi al tutto in modo fortuito per assumere un ruolo paritetico rispetto a tutte le altre componenti. In questi casi, precisa Schaeffer «[... ] siamo lontani dalla musica-illustrazione. Si tratta di musica-materiale.

Dalla congiunzione nel tempo di due materiali originali di carattere forte, l'uno musicale, l'altro visivo, nasce un complesso di impressioni particolarmente ricco [...]. Esso procura quella soddisfazione propriamente artistica che consiste nel percepire la diversità nell'unità, il divergente nel simultaneo: è la fioritura dell'istante nel tempo». Rumore, parola e musica intrattengono con l'immagine relazioni di tipo differente, che degradano in linea di principio dall'ineluttabilità della corrispondenza fisica fra l'azione e il suono ne proviene all'arbitrarietà della costruzione artistica di unità audiovisive complesse. Non bisogna però dimenticare che l'organizzazione della pista sonora è pur sempre una composizione e che, anche laddove un evento acustico si coordini perfettamente con un fenomeno visivo (ad esempio il rumore di passi abbinato a una scena di marcia), non si può mai parlare, a rigore, di realismo'. Osservata

attraverso la lente della concezione epistemologica di Kracauer, pertanto, la teoria schaefferiana si collocherebbe in netto contrasto con il principio estetico fondamentale del cinema - ossia la rivelazione della realtà fisica - e abbraccerebbe piuttosto una tendenza 'creativa', che si discosta progressivamente dalla realtà per dar luogo a costruzioni fantastiche, anche se basate su simulacri di oggetti reali.

Sulla scorta di questo assunto di base, l'indagine di Schaeffer affronta il tema dell'incontro fra suono e immagine rimuovendo dal concetto di sincronizzazione il ruolo di primo piano normalmente assegnatogli dalle teorie della comunicazione audiovisiva: per il teorico francese la sincronizzazione non deve essere vista come un problema di significati più o meno concordanti (consonanza e dissonanza), ma come un'opportunità di gestire stimoli sensoriali di pregnanza variabile nella loro successione temporale. A tale proposito, l'autore si serve di una metafora presa a prestito dalla fisica acustica, descrivendo la sintesi audiovisiva come un fenomeno di maschera. Così come la sovrapposizione di due eventi sonori può originare sensazioni acustiche assai differenti (che vanno dalla chiara percezione di due entità distinte alla loro fusione in un unico oggetto), così suoni e immagini hanno facoltà di coprirsi gli uni con gli altri, di essere percepiti simultaneamente in modo distinto, di fondersi in elementi complessi o ancora di generare sensazioni estranee alla mera sovrapposizione degli stimoli. Particolarmente interessante è la differenza sancita dal teorico fra sincronismo' e sintonia': nel primo caso, una perfetta aderenza ritmica fra ciò che si vede e ciò che si sente genera «[... ] un'emozione sensoriale particolarmente viva, euforica e il più delle volte comica».

Le interpunzioni sonore che commentano pedissequamente il flusso delle immagini godono solo raramente di efficacia drammatica, laddove è invece nell'incrocio di ritmi differenti che «[... ] impressioni di uguale forza auditiva e visiva reagiscono le une sulle altre per fornire una sensazione risultante che è utile paragonare a quei suoni differenziali o addizionali dell'acustica» (ibidem). Immagini e musica forti', per esempio, intervengono in modo incisivo sull'esperienza temporale del soggetto percipiente, organizzandola in modo opposto e complementare. Si tratta di un vero e proprio 'contrappunto' di suono e immagine, espressione che nella prospettiva di Schaeffer acquista un significato tutt'altro che metaforico ed esprime quel principio di complementarietà degli eventi che si verifica in musica sovrapponendo più linee melodiche indipendenti. Vale la pena forse ricordare che proprio su questo punto si produce lo scarto maggiore fra l'impostazione schaefferiana e quella del suo allievo più prolifico in materia audiovisiva: Michel Chion. Quest'ultimo si scaglia infatti con veemenza contro la metafora contrappuntistica sostenendo che nel cinema «i rapporti armonici e verticali (siano essi consonanti, dissonanti o né l'uno né l'altro, alla Debussy) sono assai più pregnanti: vale a dire, nella fattispecie, i rapporti tra un suono dato e ciò che accade contemporaneamente nell'immagine» (Chion, [1990] 2001, p. 42).

Non si tratta di una contraddizione di principio fra i due approcci, quanto piuttosto di una differenza di vedute a livello estetico: mentre Chion privilegia l'aspetto più propriamente narrativo del discorso cinematografico (ciò che succede sullo schermo), Schaeffer parla invece di architetture formali, quasi non curandosi della presenza di un eventuale argomento narrato. Rumori, voci e musica sono elementi del discorso sonoro, distribuiti nel tempo secondo una logica sintattica che non può non tener conto degli oggetti visivi posti in campo dalla scansione filmica.

La differenza diviene peraltro ancora più palese se si considera che per Chion non esiste, sui piani sintattico e semantico, un complesso unitario chiamato colonna audio'; al contrario, Schaeffer afferma perentoriamente che il flusso sonoro deve essere organizzato come una partitura musicale, dosando sapientemente analogie e differenze, densità e stratificazioni, accelerazioni, riprese, variazioni e cadenze. Si evidenzia qui tutta l'originalità dell'approccio schaefferiano che, contrariamente a quello di molti studi coevi e posteriori, conferisce un peso determinante a forme di composizione sperimentali del tessuto audiovisivo, parzialmente svincolate dagli obblighi imposti dalla narrazione filmica e conseguentemente più aperte a soluzioni dettate da principi di libera organizzazione formale.

Le contrepoint du son et de l'image (Schaeffer 1960) è appunto il titolo di un successivo saggio, pubblicato a distanza di quasi quindici anni dai precedenti (e subito dopo la conclusione ufficiale dell'esperienza concreta), che affronta la correlazione fra la dimensione visiva e quella acustica procedendo dalla descrizione dei processi psicofisiologici della percezione. Alla base di questo scritto sta l'idea che immagini e suoni siano accomunati da un medesimo meccanismo di eccitazione degli organi sensoriali da parte di fenomeni vibratori organizzati in scale di frequenze.

Interpretando tali sollecitazioni, l'individuo riconosce i contorni di oggetti che perdurano nel tempo, secondo modalità di apparizione ed estinzione analoghe. La durata degli oggetti è dunque il secondo livello di correlazione fra i due campi sensoriali e, anche in questo caso, può manifestarsi tanto in termini di perfetta aderenza quanto come totale discrasia. L'esempio citato da Schaeffer è quello di una bolla di sapone sovrapposta a una nota di pianoforte - 10 Nicola Bizzaro: entrambe le immagini nascono dal nulla, evolvono nel tempo, ma le loro modalità di estinzione sono differenti, repentina la prima, graduale la seconda. Sulla base di questo tipo di considerazioni diviene dunque possibile organizzare una fitta rete di relazioni oggettuali attraverso cui creare testure filmiche più o meno complesse in cui gli elementi della rappresentazione possono interagire per dar vita a sequenze più ampie dotate di decorsi ritmici autonomi. Si ritorna ancora una volta al concetto di contrappunto, la cui specificità compositiva risiede più nella stratificazione degli impulsi che non nella perfetta sovrapposizione verticale.

Osservata nel suo complesso, anche solo in base ai pochi elementi di cui si è dato conto in queste pagine, la teoria di Schaeffer si segnala per un duplice orientamento, epistemologico e poetico, che fa sì che la decifrazione dei meccanismi audiovisivi sia sempre vista come occasione per sollevare spunti operativi immediatamente applicabili alla realizzazione di opere. Calata nel contesto dell'esperienza creativa schaefferiana, quest'ultima considerazione invita a riprendere in esame la feconda attività di produzione audiovisiva svolta e promossa dal teorico-compositore sin dai primi anni di attività del Groupe de Recherche de Musique Concrète (fondato nel 1951); un'indagine tuttora incompiuta che promette, per la quantità di documenti e l'originalità del substrato estetico su cui si fondano, esiti particolarmente felici per l'ampliamento e l'approfondimento di un moderno approccio teorico ai fenomeni audiovisivo.

La forza della premessa teorica

Sottolineiamo per prima cosa l'importanza e la forza della premessa teorica di Schaeffer, esplicitata ampiamente nel Traité des objets musicaux ma già presente negli scritti e nell'attività pubblica, radiofonica e musicale dell'autore.

Schaeffer ritiene che la produzione musicale del Novecento ci porti inevitabilmente alla necessità di una revisione, di un ripensamento di tutto il sistema musicale occidentale, polveroso e ormai sclerotizzato, incapace di condurre gli artisti su strade nuove: un sistema che non è più in grado di sfruttare i materiali con i quali è costruito ma è solo capace di riflettere sulla propria sintassi.

Questa crisi profonda del musicale è fortunatamente accompagnata da tre fatti nuovi, che possono portare spunti di riflessione e quindi la possibilità di un rinnovamento: una novità di tipo estetico, una di tipo tecnico e la nascita dell'antropomusicologia.

Per quanto riguarda l'estetica Schaeffer sostiene che assistiamo a una libertà sempre più grande e che questa libertà reclama regole, ma non c'è ancora stata un'operazione che abbia messo ordine in questa nuova estetica.

«Il secondo fatto è l'apparizione di tecniche nuove. Poiché le idee musicali sono prigioniere, più di quello che si creda, dell'apparecchiatura musicale, come le idee scientifiche lo sono dei dispositivi sperimentali. (... ) Invece di allargare le possibilità della creazione, come ci saremmo potuti aspettare, le apparecchiature moderne sembrano suscitare degli specialismi, o delle eccentricità al margine della musica vera e propria»[1].

Il terzo fatto riguarda «una realtà molto antica, in via di estinzione sulla superficie terrestre. Si tratta delle vestigia delle civiltà e delle geografie musicali diverse da quella occidentale. Questo fatto non sembra ancora aver l'importanza che merita presso i nostri contemporanei»[2]. Questi linguaggi, non ancora compresi e decifrati dalla musicologia occidentale che utilizza schemi e sistemi di notazione occidentali inadeguati alla comprensione di una musica diversa, potrebbero darci la chiave di un universalismo musicale.

Le tre impasse della musica occidentale secondo Schaeffer sono quindi l'inadeguatezza del sistema di notazione a rendere conto della generalità del mondo musicale; la scomparsa delle fonti strumentali con l'avvento del nastro magnetico; la nostra ignoranza del linguaggio musicale. Il Traité cerca di rispondere proprio a questi tre punti: tenta di creare una notazione che possa rendere conto della generalità dell'universo sonoro (ossia dei suoni e dei rumori); insegue il miraggio di un ritorno all'importanza dello strumento musicale, non in quanto oggetto o fonte da cui proviene il suono, ma in quanto momento indissolubilmente legato alle scelte del comporre, momento in cui la natura peculiare di un certo strumento musicale interagisce con la volontà creatrice dell'artista; ricerca una definizione di musica che non escluda il problema dell'universalismo del linguaggio musicale.

Dalla riflessione sull'ascolto all'oggetto sonoro

Il secondo spunto che vorremmo raccogliere riguarda la riflessione di Schaeffer sull'ascolto. L'autore prende le mosse da uno strumento novecentesco, l'unico veramente nuovo: l'invenzione della registrazione musicale, l'invenzione più rivoluzionaria di tutti i tempi. La possibilità di registrare il suono apre orizzonti mai intravisti prima in tutta la storia della musica, ma le attenzioni dei contemporanei sono invece rivolte all'aspetto tecnico piuttosto che alle applicazioni generali.

La prima cosa che ci deve meravigliare è il fatto che si possa trasformare un campo acustico a tre dimensioni in un segnale meccanico a una dimensione che ci permette comunque, anche se realizzato in modo grossolano, di riconoscere il contenuto semantico del messaggio. Abbiamo per esempio la possibilità - anche nella registrazione più distorta - di riconoscere il timbro di una voce umana o di uno strumento musicale.

Ma esaminiamo più da vicino alcuni aspetti della riproduzione del suono: immaginiamo un'orchestra che suona in una sala. Più tardi, incisa su disco, risuona nel salotto di un ascoltatore cui è stato fatto credere, per ragioni commerciali, che con quell'impianto è come se l'orchestra suonasse nel salotto di casa sua. L'attenzione è puntata sulla fedeltà, e non si è fatto alcun cenno al fatto che la registrazione musicale è una trasformazione, la sostituzione di un campo sonoro a un altro.

Proviamo a chiarire l'equivoco partendo da un paragone che potrebbe essere illuminante per il problema dell'ascolto: tentiamo un confronto tra acustica e ottica. Due grandi differenze separano l'esperienza dei fenomeni luminosi da quella dei fenomeni sonori. Per prima cosa, gli oggetti visivi non sono fonti di luce ma oggetti che vengono illuminati dalla luce. Per il fenomeno sonoro non è così: il suono proviene da una fonte e l'attenzione è tutta rivolta a questa fonte[3]. Il suono è sempre stato legato al fenomeno energetico che lo faceva nascere, tanto da essere confuso con lui. Inoltre questo suono è fugace, evanescente, ed è percepibile da un unico senso, l'udito. L'oggetto visivo invece è un fenomeno più stabile: non può essere confuso con la luce che lo illumina, è percepibile da più sensi, non svanisce. Con la registrazione del suono ci troviamo davanti a un nuovo fenomeno, quello della materializzazione del suono: in questa nuova esperienza il suono non è più evanescente e prende le distanze dalla sua causa, acquista stabilità, può essere sottoposto a manipolazioni.

Ma nemmeno questo avvenimento della registrazione sembra aver spostato l'attenzione dal suono segnale al suono vero e proprio. Inoltre nessuno si è mai posto la domanda più ovvia ma che è anche quella più essenziale: che cosa succede quando ascoltiamo un suono registrato invece di un suono dal vivo? Che cosa è successo al suono durante la registrazione?

Per prima cosa, durante una registrazione ha luogo una trasformazione di uno spazio acustico a quattro dimensioni (tre dimensioni spaziali più l'intensità) in uno spazio a una dimensione (monofonia) o a due dimensioni (stereofonia).

«Supponiamo un solo microfono: è il punto di convergenza di tutti i raggi che arrivano dai

punti sonori dello spazio circostante. Dopo le diverse trasformazioni elettroacustiche tutti i punti sonori dello spazio iniziale si troveranno condensati nella membrana dell'altoparlante. Questo spazio è sostituito da un punto sonoro, il quale genererà una nuova ripartizione sonora nel nuovo spazio del luogo d'ascolto»[4].

La disposizione degli strumenti nello spazio iniziale non è più percepibile nel punto sonoro se non sotto forma di intensità: nell'altoparlante il suono non è più o meno lontano, più o meno a destra o a sinistra, più o meno forte. Questo fenomeno, puramente fisico, va collegato allo spazio soggettivo dell'ascolto: l'ascoltatore diretto, quello che siede davanti all'orchestra in una sala da concerto, ascolta con le sue due orecchie e il suo ascolto è accompagnato anche da altre percezioni concomitanti. L'ascoltatore indiretto, seduto nel suo salotto davanti ad un apparecchio in grado di produrre suoni, ascolta anche lui con le sue due orecchie, ma tutti gli altri fenomeni di contorno sono assenti.

Ci troviamo quindi davanti a due ascolti profondamente diversi di cui vogliamo sottolineare in particolare due aspetti:

a) un aspetto soprattutto fisico: nell'ascolto indiretto appare una riverberazione apparente non riscontrata nell'ascolto diretto;

b) un aspetto psicologico: la messa in valore nell'ascolto indiretto di suoni che non avrebbero mai colpito la nostra attenzione durante l'esecuzione dal vivo e, d'altra parte, la confusione che si crea nel riconoscere gli strumenti musicali quando non abbiamo la possibilità di osservare gli esecutori.

Vediamo di spiegare meglio che cosa intendiamo con riverberazione apparente: il nostro ascolto è dotato di un potere di localizzazione. Nell'ascolto diretto il suono viene percepito in due modi: viene localizzato dall'ascolto diretto (il suono proviene dalla fonte da cui è emesso), ma a questo si somma il suono riflesso (o suono riverberato) che proviene da tutta la stanza. Il nostro ascolto fa la somma tra suono localizzato e suono riflesso: il suono riflesso aumenta il volume del suono, ma non impedisce all'ascoltatore di identificare la direzione della fonte sonora, e inoltre le riverberazione amalgama e arricchisce i suoni.

Ma se sostituiamo le nostre due orecchie con un microfono, questo capterà indistintamente il suono diretto e quello riflesso, li sommerà e inoltrerà così nell'altoparlante un prodotto che non è stato selezionato come lo sarebbe stato dal vivo.

Proviamo ora a esaminare il secondo aspetto, quello psicologico: in una registrazione sentiamo molte cose che non avevamo sentito nell'ascolto diretto: rumori di fondo, rumori parassiti, errori dell'orchestra, la tosse del vicino, ecc. La macchina ha registrato tutto, le nostre orecchie non lo avevano fatto nella sala da concerto: durante l'ascolto hanno selezionato tra migliaia di informazioni diverse quelle che ritenevano interessanti.

Dopo tutto questo possiamo ancora parlare di fedeltà della registrazione? Dopo le prove che abbiamo appena portato sulla trasformazione che subisce un brano musicale quando viene

registrato, pensiamo ancora che il concetto di fedeltà sia corretto? Eppure, la riproduzione ci sembra perfetta.

Come è possibile? La verità, dice Schaeffer, è che i musicisti non hanno orecchio: sono abituati a fare musica, a pensarla, a scriverla, a immaginarsela, ma non sono abituati a rivolgere la loro attenzione all'oggetto sonoro in quanto tale. Schaeffer sostiene che gli unici in grado di ascoltare l'oggetto sonoro sono i tecnici del suono. La registrazione di un brano musicale non è in realtà una riproduzione fedele, ma una ricostruzione: è il risultato di una serie di scelte, di interpretazioni che i dispositivi di registrazione rendono possibili e necessarie. Il tecnico del suono è quello che esegue questa ricostruzione e che deve quindi in continuazione comparare il piano della realtà (il suono diretto) con il piano della riproduzione, in certo senso dunque con il piano della finzione, e per riprodurla deve porsi delle domande su com'è questo suono vero, reale, che deve essere riprodotto artificialmente.

Il discorso di Schaeffer sul potere della registrazione ci porta a considerare il problema dell'oggetto sonoro, problema che emerge grazie alle tecniche di registrazione e alla possibilità di ascoltare un suono senza vederne la fonte. Questa riflessione sul suono in quanto tale non è però appannaggio solo del tecnico del suono - si tratterebbe di un'élite - ma è alla portata di tutti attraverso un'invenzione diffusa in tutte le case del ventesimo secolo: la radio. E per questo nuovo tipo di ascolto che la radio ci propone abbiamo già pronto un nome, un antico neologismo: acusmatica.

Acusmatico era il nome dato ai discepoli di Pitagora che ascoltavano le lezioni del maestro da dietro una tenda, senza vederlo[5]. Questo termine lo possiamo utilizzare per la radio e per la registrazione del suono che «restituiscono all'udito la totale responsabilità di una percezione che normalmente si appoggia ad altre testimonianze sensibili.» [6].

La situazione acusmatica rinnova il modo di intendere: isolando il suono dal complesso audiovisuale di cui faceva inizialmente parte, crea delle condizioni favorevoli per un ascolto che si interessa al suono in se stesso. Una precisazione è necessaria: non si tratta di sapere come un ascolto soggettivo interpreti la realtà, ma l'ascolto stesso diventa il fenomeno da studiare. La domanda che dobbiamo fare a colui che ascolta il suono senza fonte è: “Che cosa senti?” e con questa domanda gli chiediamo di descrivere la sua percezione.

Cerchiamo ora di capire quali sono le caratteristiche di un ascolto acusmatico che si verifichi nelle condizioni attuali, ossia che cosa succede quando ci poniamo di fronte a un impianto stereofonico e ascoltiamo i suoni senza poterne vedere la fonte, proprio come i discepoli di Pitagora ascoltavano il maestro nascosti dietro la tenda.

Di norma, anche se non ce ne rendiamo conto, riconosciamo la fonte sonora con l'aiuto della vista: nell'ascolto acusmatico questo soccorso viene meno e confondiamo i timbri dei diversi strumenti, scoprendo che quello che pensavamo di ascoltare, in realtà lo vedevamo.

A forza di ascoltare oggetti sonori le cui cause sono occultate, siamo inevitabilmente portati a

disinteressarci delle fonti per rivolgere esclusivamente la nostra attenzione agli oggetti sonori in quanto tali. Il segnale lascia il posto all'oggetto sonoro.

Abbiamo inoltre la possibilità di riascoltare l'oggetto sonoro nelle stesse condizioni fisiche e in questo modo possiamo comprendere meglio la soggettività del nostro ascolto: abbiamo cioè la possibilità di osservarci ascoltare e possiamo studiare come l'oggetto sonoro cambia in funzione della mutata intenzione d'ascolto.

Abbiamo la possibilità di manipolare l'oggetto sonoro attraverso il nostro apparecchio: registrarlo più volte, ascoltarlo con maggiore o minore intensità, dividerlo in pezzi, ecc.

Comincia a delinearsi una definizione di oggetto sonoro: è ogni fenomeno e avvenimento sonoro percepito come un tutto coerente e ascoltato in una situazione acusmatica, indipendentemente dalla sua provenienza e dal suo significato.

Quello che Schaeffer si propone di fare è di mettere tra parentesi ogni riferimento alle cause strumentali e a ogni significato musicale già dato, dunque ogni forma di condizionamento culturale, per consacrarsi esclusivamente all'ascolto. Per lui il magnetofono ha per prima cosa la virtù della tenda di Pitagora: crea dei fenomeni nuovi da osservare, soprattutto crea delle condizioni nuove di osservazione. La nuova tecnica musicale del Novecento legata alle apparecchiature elettroniche serve molto più ad ascoltare i suoni che a produrli.

Abbiamo fornito una seppur vaga definizione di oggetto sonoro ed ora dobbiamo mostrare come si arriva alla percezione di questo misterioso oggetto sonoro. Cerchiamo di costruire un percorso ideale di ascolto:

Il silenzio è rotto da un avvenimento sonoro: io ascolto l'avvenimento, cerco di identificarne la fonte. Il suono è indice di qualcos'altro. Ci troviamo di fronte a un ruolo molto primitivo della percezione: capire qual è la causa di un evento sonoro può aiutarmi a individuare un pericolo o guidarmi in un'azione.

Io capisco, ossia nel suono cerco un contenuto. Metto in atto, in questo modo, un confronto con delle nozioni extra sonore: il suono non è altro che un segno che mi rinvia a un senso. Non ascolto l'oggetto sonoro, ma decodifico un linguaggio.

Ma se io abbandono sia gli indici sia il senso, che cosa rimane? Se noi non accettiamo di dividere l'ascolto in avvenimento e senso, allora posso percepire ciò che costituisce un'unità originale, cioè l'oggetto sonoro che è rappresentato dalla sintesi di percezioni solitamente dissociate.

Si tratta quindi di abbandonare l'atteggiamento naturale e di adottarne uno artificiale: l'ascolto acusmatico che ci guida verso l'ascolto dell'oggetto sonoro si delinea allora come un ascolto

ridotto in senso husserliano, un ritorno alle fonti, una liberazione dai condizionamenti derivati dal contesto culturale o dall'abitudine a una certa pratica. La realtà viene ridotta a un campo di dati fenomenologici.

Fenomenologia dell'oggetto sonoro

Abbiamo più o meno definito che cos'è l'oggetto sonoro: si tratta ora di trovare i criteri che ci possano aiutare a descrivere e definire l'universo dei suoni. Per adesso abbiamo solo isolato un concetto: tutta la difficoltà sta nel creare la grammatica che ci permetterà di descrivere questo oggetto sonoro.

Secondo Schaeffer alla base della nostra attività percettiva si trova la coppia oggetto/struttura. Per oggetto utilizza una definizione di Husserl tratta da Logica formale e logica trascendentale:

«L'oggetto è il polo d'identità immanente ai singoli vissuti, ed è peraltro anche il polo trascendente nell'identità che li sovrasta» [7].

Per struttura utilizza una definizione tratta dal Vocabulaire technique et critique de la philosophie di Lalande. È la definizione di forma: «Le forme sono degli insiemi, che costituiscono unità autonome, manifestano una solidarietà interna e hanno leggi proprie. Ne consegue che il modo di essere di ogni elemento dipende dalla struttura dell'insieme e dalle leggi che la governano. Né psicologicamente né fisiologicamente l'elemento preesiste al tutto».

Si tratta ora di applicare questo concetto di struttura alla musica. Schaeffer ci fornisce tre esempi: Un esempio classico di forma (o di struttura) è quello della melodia, che non è possibile ridurre alla successione della note che la compongono. Le note possono essere considerate gli elementi costitutivi ma se rivolgo una particolare attenzione alla nota isolata, mi rendo conto che questa può apparirmi a sua volta una struttura, in quanto possiede una sua organizzazione interna. La diversità che esiste tra una melodia e una nota quando vengono considerate in quanto strutture, dipende dal livello di complessità.

Pensiamo adesso a una macchia di colore che campeggia su un foglio bianco. Trasportiamo la metafora figura-sfondo nel campo musicale: tutte le volte che faccio delle scelte di ascolto, le faccio a partire da un campo molto vasto che è rappresentato da tutto il mondo che mi circonda con i suoi rumori in cui io ritaglio (o circoscrivo) solamente quello che mi interessa. Ma questo binomio figura-sfondo è a sua volta una struttura i cui elementi sono legati indissolubilmente, e non solo: sono in antagonismo. Posso scegliere di ascoltare una conversazione che si svolge con una musica in sottofondo: se ascolto la musica non potrò più ascoltare la conversazione. E questo antagonismo lo ritroviamo anche nella coppia nota/ melodia: se ascoltiamo la melodia, non cogliamo le note come fatti isolati e se ci concentriamo

sui singoli elementi-note, la melodia si dissolve.

Prendiamo infine un caso molto particolare di melodia, quello della scala musicale. Ascoltiamo una scala, la percepiamo come una melodia. Ma nel caso in cui, per esempio, all'interno di un brano in tonalità di sol maggiore dimentichiamo di eseguire l'alterazione in chiave, percepiamo una stonatura, qualcosa di anomalo all'interno della melodia. La scala musicale è una struttura che condiziona la nostra percezione anche se noi non percepiamo direttamente la scala: è una struttura di riferimento, rappresenta il codice attraverso il quale io ascolto e decodifico la melodia.

Ci troviamo così di fronte a una catena infinita oggetto/struttura che caratterizza tutte le nostre percezioni: ogni oggetto è percepito come oggetto soltanto in un contesto che lo ingloba, in una struttura; ogni struttura è concepita come struttura di oggetti costituenti; ogni oggetto della nostra percezione è contemporaneamente un oggetto percepito come unità in una struttura, ed è struttura in quanto è composta da più oggetti. Questa catena ha però un limite ben definito nel sistema musicale occidentale: la nota è l'oggetto, il più piccolo elemento significativo. Schaeffer si rifiuta di considerare la nota come punto d'arrivo poiché vuole affrontare la catena oggetto/struttura dal punto di vista puramente percettivo e non da quello culturale.

Ma se rifiutiamo la nota, dobbiamo comunque affrontare il problema del reperimento di unità sonore all'interno della totalità del mondo sonoro, di un criterio che ci permetta di segmentare il flusso dei suoni. Schaeffer si rivolge alla linguistica e in particolare alla fonologia.

Come è possibile reperire delle unità sonore all'interno di un discorso? La prima suddivisione a cui pensiamo è quella delle parole che nella nostra lingua ci appare evidentissima. Ma se ascoltiamo una lingua straniera, allora non ci è possibile distinguere una parola dall'altra: la lingua ci appare come un flusso di cui non siamo in grado di cogliere la minima articolazione. Siamo in grado di farlo solo quando possiamo ricorrere al senso. Non saremo in grado nemmeno di cogliere i fonemi, poiché essi sono, proprio come le parole, relativi alla loro funzione nell'insieme del sistema di una lingua.

Come nella lingua i parlanti sono in grado di riconoscere un certo fonema, così i membri di una particolare civiltà musicale sono in grado di riconoscere i tratti pertinenti (quelli che hanno una funzione nella struttura, cioè quei fonemi che vengono riconosciuti perché hanno una funzione rispetto al significato) e di essere sordi a quelli non pertinenti. Schaeffer ricorda, per esempio, come noi non sentiamo il rumore dell'attacco in un suono, che a volte è molto più forte del suono stesso. L'esempio dei fonemi ci conferma così l'insensibilità a delle variazioni acustiche, a volte veramente notevoli.

Cerchiamo ora di applicare questo discorso al nostro problema musicale: i tratti pertinenti saranno quei valori che emergono da più oggetti raggruppati in una struttura e costituiscono gli elementi del discorso musicale astratto; gli altri aspetti, non pertinenti nella struttura musicale ma che costituiscono per così dire la sostanza concreta, prendono il nome di caratteri.

Il valore, naturalmente, comincia a esistere in quanto tale solo nel momento in cui ci sono più

oggetti e questi oggetti si differenziano in base alla variazione di una proprietà comune. Questa relazione valore/carattere postula che il valore non è una proprietà fissa degli oggetti ma piuttosto una funzione che può variare a secondo del contesto, del sistema, delle regole compositive, ecc. Quindi quando ascoltiamo dei caratteri, possiamo sempre immaginare che essi abbiano la possibilità di trasformarsi in valori in un'altra struttura, proprio come una variante fonetica diventa, in un'altra lingua, un fonema distinto.

Su queste basi teoriche prenderà l'avvio il progetto del solfeggio sonoro generalizzato, un tentativo di descrivere l'intero mondo sonoro a partire dal campo dei dati fenomenologici a cui Schaeffer ha tentato di ridurre l'universo musicale.

Si tratta di cercare di descrivere un suono senza utilizzare l'analogia o la sinestesia, ma costruendo un vero e proprio vocabolario tecnico peculiare che traduca fedelmente la trama, il materiale, il corpo del suono e che possa rendere conto della generalità dell'universo sonoro.

Il progetto, non completamente realizzato e con dei difetti strutturali profondi, verrà utilizzato nelle classi di musica elettroacustica ma non sarà mai considerato nella sua portata 'universalistica', cioè come nuovo alfabeto in grado di far scaturire una musica nuova.

Conclusioni di Nicola Bizzarro

Ci si aspettava da quest'opera un grande dibattito: nel 1966, l'anno della sua uscita, gli argomenti che affrontava erano di grande attualità e la discussione sulla musica contemporanea era estremamente vivace. Il Traité invece lascia dietro di sé un grande silenzio: non riceve critiche aspre, ma non suscita neppure adesioni, non fa proseliti. I motivi possono essere molteplici e noi vogliamo citarne solo alcuni: la mole del trattato, la difficoltà di lettura, l'approccio interdisciplinare, la lentezza dimostrativa, l'uso di dottrine filosofiche ormai in decadenza in Francia nel periodo di uscita del libro.

Neanche la musica di Pierre Schaeffer ha avuto, proprio come il Traité e il suo autore, una grande fortuna: dopo il relativo successo dei primi concerti di musica concreta agli inizi degli anni Cinquanta, dovuto soprattutto alla novità e all'aspetto rivoluzionario dei suoi propositi, la musica concreta è sparita dalle scene europee senza lasciare eredi.

A Schaeffer si pensa come a un musicista legato a un certo tipo di musica d'epoca. Eppure noi crediamo nel Traité compaiano temi che sarebbe valsa la pena di non lasciar cadere.

Pensiamo per prima cosa al problema della percezione musicale: quando Schaeffer lavora alla sua monumentale opera la psicologia della forma era già stata quasi completamente abbandonata e prima di Schaeffer poco applicata al campo musicale. Quello che sembra rilevante, non è tanto l'applicazione della Gestalt alla percezione musicale, ma il significato che questa operazione comporta in Schaeffer.

Alla base della ricerca dell'autore c'è il desiderio di una rifondazione del musicale che consenta alla musica del Novecento di superare il momento di grave crisi in cui versa: l'accusa principale dell'autore è un'accusa di intellettualismo, di una ricerca rivolta solo alle strutture astratte in dimenticanza dell'aspetto percettivo, l'aspetto concreto del fenomeno musicale. Questo intellettualismo è il primo responsabile secondo Schaeffer di una incomprensibilità della musica: solo un'attenzione nei confronti delle strutture musicali percepite permetterà alla musica di 'parlare' agli uomini, di comunicare di nuovo con essi. Il tema della Gestalt ci sembra rivolto proprio a questo: un'analisi della struttura di percezione può portarci a capire come costruire la musica del futuro, una musica che deve prendere le mosse dalle capacità del nostro orecchio, dalla nostra possibilità di individuare le strutture d'ascolto.

Vogliamo anche raccogliere i temi dell'ascolto ridotto e dell'oggetto sonoro: queste sono le due nozioni-cardine di tutto il Traité, le nozioni dalle quali prende avvio la riflessione e attraverso le quali Schaeffer costruisce il suo edificio teorico. Sono in certo senso due concetti originali, anche se dichiarano apertamente la loro filiazione da Husserl e dalla fenomenologia.

Cominciamo dall'ascolto ridotto: nel suo significato generale, legato all'esperienza acusmatica, è un'immagine di grande fascino e che inizialmente sorprende favorevolmente il lettore. Sembra aprire prospettive mai intraviste fino ad ora, un approccio al mondo non solo musicale ma anche sonoro che non avevamo mai immaginato.

Se però ci avviciniamo a questa tematica con un occhio un po' più analitico, scopriamo subito che non siamo in grado di dire che cosa sia questo atteggiamento dell'ascolto ridotto.

Secondo Schaeffer consisterebbe in un’operazione di decondizionamento dal nostro atteggiamento naturale (l'atteggiamento naturale consiste nell'attenzione verso il senso e verso gli indici): ma questo decondizionamento non sappiamo in che cosa consista. Come possiamo fare astrazione del senso e del riferimento alla causa energetica? Attraverso quale operazione? Che cosa dovrei'sentire'? Come faccio a sapere quando sono in presenza di un oggetto sonoro? E se per caso non riuscissi a “sentirlo”, Schaeffer ha creato una parola nuova, ma non ha saputo spiegarci che cosa la parola descrive, non ci ha messo in grado di imparare che cosa la parola descriva.

La nozione di ascolto ridotto non è però semplicemente un concetto vuoto, inutile, ha una sua funzione, più evocativa che logica o metodologica. Schaeffer, sempre in bilico tra molte discipline, alla fine ci appare come un inventore di storie, di suggestioni, un letterato, più che un filosofo. Infatti se l'ascolto ridotto dal punto di vista metodologico non spiega quello che dovrebbe spiegare, ci spinge comunque a prendere in considerazione il problema, sposta la nostra riflessione sulle modalità di ascolto. La sola evocazione dell'ascolto ridotto ci fa assumere un atteggiamento nuovo nei confronti del suono: un atteggiamento di attenzione maggiore, di stupore, di curiosità, come se ci trovassimo davanti a qualcosa di inesplorato, qualcosa di mai udito prima. «Un parola nuova è come un seme fresco gettato nel terreno della discussione»[8].

Anche la nozione di oggetto sonoro sottoposta ad analisi mostra ampiamente le sue falle:

infatti l'oggetto nella sua prima definizione designa una relazione con il soggetto. Nella sua seconda accezione il concetto viene fissato invocando la pregnanza delle forme: l'oggetto viene definito a seconda della sua capacità di isolarsi rispetto a uno sfondo, di costituire un'unità percettiva. Nel passaggio dal sonoro al musicale, l'oggetto subisce un'altra trasformazione: l'oggetto sonoro acquista una funzione musicale, diventa un'unità funzionale. I tratti distintivi diventano pertinenti, l'oggetto sonoro diventa oggetto musicale. Ma nella nozione di oggetto, la pretesa era proprio quella di descrivere l'organizzazione percettiva senza tener conto della funzione nella catena sonora: nel momento in cui l'oggetto diventa oggetto musicale, non può essere più considerato come unità percettiva, ma diventa unità funzionale. Malgrado questo la nozione di oggetto sonoro, come quella di ascolto ridotto, sposta la nostra attenzione, ci apre nuove prospettive: il suono, da sempre considerato come qualcosa che rimanda ad altro', si libera dal suo legame con l'evento energetico che lo genera per diventare oggetto della nostra percezione e in quanto oggetto è analizzabile e descrivibile.

Prendiamo infine in considerazione il progetto del solfeggio generalizzato: ci troviamo in grande imbarazzo nel dare un giudizio su un progetto che non è stato portato a termine e che a noi risulta di difficile comprensione a causa della mancanza totale di ascolto e pratica.

La morfologia e la tipologia degli oggetti sonori vengono considerate dai musicisti che si occupano di musica elettroacustica di grande utilità: noi però crediamo che il progetto di Schaeffer non voglia limitarsi ad essere una tecnica di descrizione adatta a un certo tipo di musica che si produce al di fuori di ogni notazione come quella prodotta in studio dal Group de Recherches Musicales (GRM). Pensiamo di poter affermare che la ricerca di Schaeffer fosse rivolta a un ripensamento molto più generale del sistema musicale occidentale e che il fine del solfeggio generalizzato, come lui stesso d'altra parte dichiara più volte nel corso del libro e nella sua lunga carriera di scrittore e ricercatore, sia quello di poter rendere conto di ogni tipo di musica, di poter descrivere la musica al di là della sua provenienza, della sua notazione particolare. Sembra che ci troviamo davanti alla ricerca di un linguaggio musicale universale, che precede i linguaggi musicali particolari. Per esprimerci utilizzando il dualismo caro a Schaeffer, un linguaggio che sia più vicino al polo naturale che a quello culturale. Se così fosse, dovremmo chiederci se si tratterebbe ancora di un linguaggio o se ci troveremmo in uno stadio prelinguistico. Ma questa domanda rimane senza risposta poiché Schaeffer non ha definito che cosa sia il linguaggio (cosa che ci sembra fondamentale nel momento in cui si vuole istituire un parallelismo) né ha risolto in modo esaustivo la comparazione tra musica e linguaggio.

Il Traité dunque è una costruzione disseminata di incompletezze, incongruenze, problemi mal posti o irrisolti. Certamente l'ambizione del progetto e la pretesa di interdisciplinarità sono tra le cause di una, più volte lamentata, mancanza di chiarezza: uno dei problemi di questo libro è che è troppo lungo, troppo vasto, troppo ambizioso.

Malgrado tutti questi rimproveri, siamo convinti che il lavoro di Schaeffer non debba essere dimenticato da coloro i quali affrontano la riflessione teorica sulla musica: le problematiche proposte dall'autore hanno in certo senso acquisito oggi maggiore attualità di quanto fossero al tempo della pubblicazione del Traité. Sicuramente il lettore degli anni Novanta troverebbe

molto invecchiate le parti di psicoacustica e anche quelle sul lavoro in studio: i mezzi tecnici a nostra disposizione sono enormemente cambiati. Ma non crediamo che il Traité debba essere letto come un manuale che guidi la composizione di opere elettroacustiche, né pensiamo che possa essere in generale un manuale che possa interessare il compositore, sempre più rivolto verso gli aspetti artigianali, legato alla prassi compositiva, operazionale. Crediamo invece che l'ipotetico lettore degli anni Novanta possa essere il filosofo, il teorico della musica, colui al quale insomma è affidata la riflessione teorica sull'universo musicale.

Nel Traité troverà non solo un'importante testimonianza storica di quello che è stato il movimento concretista in Francia e tutta la temperie culturale di quegli anni, comprese le problematiche legate alla nascente musica elettronica, ma anche e soprattutto una grande voglia di rinnovamento, al di là della musica che in quegli anni Schaeffer componeva. Un rinnovamento che prescinde dalle circostanze storiche in cui il progetto è stato pensato e realizzato. Un'opera quindi che è nello stesso tempo molto datata e fuori dal tempo.

Per quanto riguarda le accuse di nostalgia e di reazione che sono state fatte a Schaeffer dagli stessi membri del GRM, non possiamo trovarci d'accordo. Il grande amore di Schaeffer per Bach e per la musica del passato in generale non hanno niente a che vedere con la sua riflessione sul rinnovamento del musicale. Se Schaeffer parla ancora di scale musicali, non è a causa di nostalgie nei confronti del passato musicale: siamo piuttosto inclini a credere che questo insistere sulle scale, cioè sulla struttura di riferimento, derivi da una convinzione teorica profonda che ha cercato di mostrare nel Traité ricorrendo alla psicologia della forma e alla nozione di campo percettivo naturale dell'orecchio: la musica, secondo Schaeffer, deve essere per prima cosa verificata dall'orecchio, dall'attività percettiva, che ha delle leggi di strutturazione dalle quali non possiamo prescindere.

2.4 - Considerazioni di Paolo Ippolito su Pierre Sheaffer

L'arte diretta e l'arte indiretta sembra essere questo il postulato teorico di Pierre Shaeffer.

Arte diretta cioè la musica, la pittura, il teatro

Arte indiretta ossia la radio (quindi il fonogramma), la fotografia e il cinema. Per arte indiretta Pierre Shaeffer intende l'arte supportata dal mezzo tecnologico.

L'ARTE DIRETTA

Nonostante l'avvento dell'era tecnologica Pierre Sheaffer notò che, nonostante si fossero fatti passi in avanti grazie alla tecnologia applicata all'arte, non si fosse passati avanti nelle idee che stanno alla base dell'opera d'arte. L'esempio traspare nel cinema con il rifacimento cinematografico di alcune opere teatrali.

Ma la cosa più importante che nota Shaeffer è che il mezzo audiovisivo non arriverà mai a riprodurre la realtà...facciamo un esempio: il quadro del pittore Vincent Van Gogh “Notte

stellata” si potrà fotografare e riprendere con le nuove fotocamere/telecamere più tecnologiche possibili (oggi siamo al 5k) ma non si arriverà mai ad eguagliare ciò che vede l'occhio nudo umano di fronte all'opera!

Da questo si può discorrere tanto in ciò che avviene nell'audio, dalla registrazione su nastro di Pierre Sheaffer ed altri ingegneri/musicisti degli anni 30, alle moderne tecnologie digitali che misurano frequenze di campionamento e potenza in bit avendo a disposizione un materiale numerico (il digitale... digitus in latino significa numero).

Gli ingegneri del recente passato (l'era del digitale 70/90) hanno pensato: lasciamo la frequenza di campionamento a 44.100 HZ tanto l'orecchio umano non può udire le frequenze al di sopra di queste, al massimo può sentire i battimenti e tutto ciò per imitare il più possibile la realtà che non sarà mai reale come la natura, come l' origine. A noi tecnici del suono, in realtà, ci danno delle nozioni specifiche a riguardo, ad esempio:

la voce deve essere naturale in un brano di musica pop/rock leggera o addirittura metal, oppure il suono di una band deve imitare il suono della stessa band che esegue i propri brani in un campo aperto nell'aria. Tutto questo per imitare la vibrazione nell'aria senza reverberi e battimenti, la natura e ciò che è reale. Un esempio lampante è ascoltare la propria voce nel parlato, essa quando viene registrata non risulta reale nel nostro inconscio: ”ah ma sono io che ho questa voce cosi stupida ? Non la riconosco!” Proprio perché la conosciamo sin da bambini, da appena nati. Puoi urlare e parlare animatamente e/o con dolcezza con qualcuno, mentre lo fai sei naturale ma se qualcuno la registra e senti che è la tua... non ti risulta naturale e per come l'hai generata gli dai un ascolto oggettivo e un giudizio soggettivo.

I migliori cantanti odiano la propria voce e sono soggetti ad autocritiche e autosvalutazioni (vedi John Lenon, Jim Morrison).

L'ARTE INDIRETTA

Ciò che secondo Pierre Shaeffer si può fare con l'arte indiretta: è l'abbellimento, la decomposizione, la ricomposizione il rifacimento di un opera d'arte (un po' come succedeva e succede nel restauro)......quindi dell'audio/visivo si può fare il nuovo mastering di un brano dei Beatles, un remix dei Kraftwerk, una nuova videoinstallazione di Karl Heinze Stockhausen, il remake di un film...

Sempre riguardo l'arte indiretta è vero che la registrazione di un orchestra dal vivo viene sentita diversamente IN CASA, nel salotto, con degli altoparlanti, soprattutto se rapportiamo la musica classica d'orchestra (a cui si riferisce la fonte) alla musica odierna; ossia leggera, rock o elettronica, il pubblico in questo caso iper-contestualizza molto l'ambiente sonoro e quindi la sua immanenza e in seguito, anche, la scelta dell'autore: sono usciti tanti live, dopo il trattato, di Pierre Shaeffer si è passati dalla provocazione del “Live in Pompei" dei Pink Floyd (dove non c'erano spettatori) e la registrazione era fatta in un anfiteatro greco...ai famosi live in Japan cosi evoluti tecnologicamente... è un peccato dire che Pierre Shaeffer non ha proseliti... lui ne dovrebbe avere di più, proprio oggi, che siamo nell'era della post produzione; ed il tecnico del suono ha un ruolo fondamentale e non sempre così ambizioso come all'epoca

di Pierre Shaeffer, di fatti molti tecnici e molte apparecchiature sembrano mostrare delle lacune soprattutto dal vivo, si passa dal palco dell'Ariston di Sanremo al concerto del primo Maggio e si scopre che non tutti i tecnici se la passano bene e di conseguenza anche il musicista; che si trova in un contesto non più classico ma mediatico.

È anche vero che quello che dice Pierre Shaeffer mostra delle contraddizioni se rapportate ai giorni nostri ad esempio i piccoli rumori di fondo della musica da camera (di cui dice questa fonte) sono diventati cori, applausi o fischi quindi iper-contestualizzano il prodotto finale.

Deve essere bello ad esempio per un cantante che i propri fan conoscano a memoria la propria canzone e la cantano insieme a lui semmai nel ritornello dal vivo significa che l' hanno sentita in radio o in streaming, su internet o abbiano comprato il cd. Tutto questo è dovuto proprio all'invenzione del fonogramma il cosiddetto oggetto sonoro di cui parla Pierre Shaeffer.

Fu monumentale Pierre Sheaffer nell'affermare che nel fonogramma (la registrazione) vi sia sempre un artificioso riverbero irreale che ancora non riusciamo ad eliminare in fase di post produzione il musicista suona lo strumento o canta ma l'esecuzione la sente diversa da come la ha interpretata, si sono fatti dei passi in avanti (da relativamente poco) per quanto riguarda la voce con l'avvento delle schede audio digitali, ma non oso immaginare chi doveva lavorare negli anni 30 come nel caso del nostro Shaeffer... .e come dice la fonte è solo un fatto fisico il cosiddetto ritardo (delay latency)... la latenza che ancora oggi (con software sempre più elaborati non riusciamo ad eliminare (siamo nel quasi nel 2020).

D'accordo ancora con Pierre Sheaffer nella scomposizione da armonia a nota singola di un brano che sembra essere un analogia tra atomi e nuclei; fa bene a dare la colpa a “noi” occidentali di esserci fossilizzati nella nostra struttura di canzone e quindi di spartito musicale che si ferma a Wagner e che viene poi spazzata via dall'avvento dell'oggetto sonoro (la registrazione audio) dove sin dall'inizio il suono sintetico ha mostrato grande versatilità e dissonanza a dispetto del nostro cosiddetto suono occidentale facendo diventare veramente la musica un qualcosa di universale, senza muri o frontiere.

Dal punto di vista tecnico è vero che anche noi ascoltiamo in tre dimensioni e che i microfoni REGISTRANO IN MONO o al massimo registrano in stereofonia quando sono in coppia, attraverso le tecniche di registrazione (tipo con il panning e la tecnica di microfonazione X/Y).

Però è anche vero che dal punto di vista degli altoparlanti quindi della sorgente sonora siamo migliorati grazie all'avvento del dolby sorround. dal 3.1 in poi.

 

 

 

 

CAPITOLO 3

Pitagora

I Pitagoroci furono i primi a cercare una connessione tra teoria musicale e matematica. Essi affrontarono il problema della consonanza e della dissonanza tra coppie di suoni emessi simultaneamente dal monocorde, uno strumento che li portò anche a cogliere direttamente il nesso tra l'altezza del suono e la lunghezza della corda, che lo emette nonché a studiare la relazione tra altezza e tensionamento della corda. Lo strumento possiede un'unica corda a estremi fissi, posta sopra una cassa di risonanza, ed è dotata di un ponticello mobile che può scorrere da un piolo all'altro nella corda un punto fisso. Grazie a esso, la corda viene suddivisa in due parti le cui lunghezze sono variabili a piacere e ciò permette l'esecuzione di accordi formati da coppie di suoni che stanno fra di loro in una gamma di rapporti. Un'altra variabile è la tensione della corda: essa la corda viene suddivisa in due parti le cui lunghezze sono variabili a piacere, e ciò permette l'esecuzione di accordi formati da coppie di suoni con altezze che stanno fra loro in una gamma di rapporti. 

Un'altra variabile è la tensione della corda: essa può essere alterata appendendo dei pesi ad un estremo della corda, la quale, anziché essere fissata ad un piolo, può scorrere su una carrucola. 

Il primo risultato che Pitagora ottenne, a tensione fissa, fu che l'altezza del suono si mostra inversamente proporzionale alla lunghezza di corda che viene eccitata.

Quindi si è detto che la lunghezza d'onda del tono fondamentale della nota emessa è pari al doppio della lunghezza della corda vibrante, mentre le lunghezze d'onda degli ipertoni o armoniche superiori corrispondono a sottomultipli interi della prima. Il secondo risultato importante è che l'esecuzione simultanea dei due suoni presenta caratteri di gradevolezza quando il raccordo tra le due lunghezze delle due parti della corda corrisponde a una frazione dove numeratore e denominatore sono dati da numeri interi piccoli (rapporti semplici) altrimenti, secondo i greci, l'accordo diadico produce, in misura minore o maggiore, una sensazione di non gradevolezza. 

Così, dagli studi pitagorici emersero gli intervalli cosiddetti consonanti, che diedero l'impronta 

alla musica per i millenni a seguire. I Pitagorici stabilirono innanzitutto che, fin tanto che si mantiene costante il rapporto tra le lunghezze delle corde oscillanti, o ciò che è lo stesso (in termini oggi preferibili) il rapporto inverso delle rispettive frequenze generate, l'intervallo musicale non varia. Tanto per esemplificare, nella scala diatonica pitagorica, il do maggiore (sette note DO RE MI FA SOL LA SI), l'intervallo che separa il quinto grado SOL dal primo DO, è lo stesso di quello che separa LA dal secondo RE, o il settimo SI dal terzo MI. Esaminiamo in dettaglio gli intervalli consonanti.

In ordine crescente dei numeri interi che formano il rapporto di intervallo, sia innanzitutto l'ottava, corrispondente nel monocordo ai suoni emessi l'uno dalla corda senza ponticello, l'altro delle corda dimezzata, ossia con il ponticello mobile posto al centro della stessa: dunque con un rapporto delle lunghezze delle corde vibranti è uguale a 2: 1 (ovvero alle frequenze 2: 1) le due metà della corda a destra e a sinistra del ponticello emettono due note all'unisono.

La parola ottava nasce dal fatto che, nell'andare da un DO a quello della scala superiore si contano 8 note separate da 7 intervalli, dei quali nella scala pitagorica 5 misurano un tono intero e due un semitono (MI FA e Si DO) in scala di DO maggiore. Tutte le culture musicali basano le loro scale sul raddoppio della frequenza nel passare da una scala alla superiore come per l'ottava anche se poi in alcuni casi la scala viene divisa in modo differente dal nostro. Nel nostro caso, si hanno 12 note nella sala cromatica, che ne include 5 accidentate (I tasti neri del pianoforte, note necessarie, come vedremo, per consentire di suonare in tutte le possibili tonalità salvaguardando le giuste spaziature), e ben 17 in quella cromatica e armonica, che tiene distinti i diesis e i bemolle (alla scopo di poter suonare in diverse tonalità naturali, Handel si era fatto costruire appositamente un orango con 17 tasti per l'ottava 7 bianchi per le note diatoniche e 10 neri per le note accidentate!)

Il secondo intervallo che i Greci giudicarono di capitale importanza per l'armonia è quello di quinta perfetta, che corrisponde a un rapporto 3: 2 tra le lunghezze delle 2 parti della corda vibrante (DO SOL).Viene poi l'intervallo di quarta perfetta (DO FA) Con il rapporto di lunghezze 4: 3 seguito da quelle di terra maggiore (DO MI, due toni interi, con rapporto 5: 4) Di sesta maggiore (DO LA con rapporto 5: 3) di terza minore con un rapporto (RE FA un tono più un semitono con rapporto 6: 5) e infine di sesta minore (MI DO con DO nell'ottava superiore, co rapporto 8: 5) Dette consonanze sono coerenti con le previsioni dette fatte in ambito di “scienza degli armonici “ già presente presso i pitagorici, in termini di proporzioni armoniche.

È Interessante notare che, malgrado la riconosciuta consonanza delle terze e delle seste, la sala che porta il nome di Pitagora fu costruita escludendo questi rapporti di intervallo e basandosi soltanto sull'ottava e sulla quinta; ciò perché i numeri 5, 6, 8 esulano dalla quaterna che va da 1 a 4, ossia quella che dai numeri che sommati danno 10, il numero perfetto, cui è associato il quadrato magico.

Come si vedrà, soltanto parecchi secoli più tardi Tolomeo utilizzerà anche il 5 e proporrà la scala che porta il suo nome, detta altresì naturale o giusta di intonazione (scala che tuttavia dovette attendere, per entrare nell'uso generale, addirittura fino XVI secolo). La corrispondenza tra rapporti semplici e consonanze fece annunciare a Pitagora la celebre frase “il segreto dell'armonia sta nel magico potere dei numeri”. Frase che suona molto suggestiva, ma poco a che vedere con la realtà delle cose, in quanto i numeri soltanto nel limite in cui sono espressione di grandezze e comportamenti fisici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 4 

 

John Cage

 

Spesso le invenzioni più folgoranti avvengono quasi per caso, o perlomeno si compiono partendo da cause banali. Quante volte abbiamo appreso di scienziati che hanno rivoluzionato la loro disciplina, ma che in realtà cercavano un'altra cosa. Il loro genio sta proprio nell'enorme duttilità di chi segue in un attimo la nuova pista, e la segue fino in fondo. Anche nella musica a volte succede così.

Prendiamo ad esempio John Cage: negli anni intorno alla Seconda Guerra Mondiale egli era soprattutto un brillante compositore e pianista dedito alla musica per la danza contemporanea. Avrebbe voluto scrivere musica per sé stesso al pianoforte e per un nutrito set di percussioni, ma i luoghi in cui si svolgevano gli spettacoli di danza erano troppo piccoli per soddisfare i suoi desideri: le percussioni non ci entravano! Così, come uno scienziato che fiuta una nuova pista, egli decise di risolvere il problema modificando il pianoforte e compendiando in esso i suoni di quelle percussioni che non riusciva a far entrare nei teatri.

Come si poteva intervenire su una machina così perfetta come il pianoforte? Come si poteva “profanare” il tempio, distorcendo quel suono che era sinonimo di poesia ed emozione? Cage non tentennò nemmeno un istante; armato di chiodi, puntine, gomme, pezzi di legno e di altri materiali lavorò direttamente sulle corde all'interno dello strumento. Ogni corda assume così un suono diverso (e anche l'altezza stessa dei suoni viene spesso interessata): è il pianoforte preparato. I puristi non si spaventino: la preparazione è reversibile, basta qualche minuto per sparecchiare e tornerà il fidato strumento che conosciamo. Viceversa la “preparazione” è lunga e meticolosa, almeno un paio d'ore di lavoro.

Il risultato è affascinante: una serie di nuovi colori il cui accostamento genera infinite combinazioni. Molti sono i rimandi all'oriente, al gamelan indonesiano o al sitar indiano. Difatti in quegli anni, ben prima che diventasse di moda, Cage era molto interessato al pensiero orientale, specialmente al Buddismo Zen. E in questa musica questo legame si sente molto, non solo nelle sonorità che scaturiscono dai vari materiali inseriti nella cordiera, ma anche dall'atmosfera contemplativa che i brani possiedono. C'è pace, c'è uno sguardo profondo, anche quando la musica è in pieno movimento.

Il ciclo di brani più significativo per pianoforte preparato è quello chiamato Sonate e Interludi, 20 brani. Curioso che il titolo rimandi al mondo accademico, ma non casuale. Innanzitutto c'è un'estrema geometria nella costruzione: un interludio ogni quattro sonate, tranne un interludio in più posto esattamente a metà ciclo, quindi una struttura chiasmica. Poi le sonate sono tutte divise in due parti, ciascuna con ritornello (come nelle sonate di Domenico Scarlatti, il grande clavicembalista del 1700). Pur nell'uniformità della costruzione ogni brano possiede il suo carattere ben definito, si pensi che nel pianoforte preparato la scelta delle note determina anche la scelta timbrica (è come se in orchestra affidassimo una melodia alla tromba invece che al violino). Alcune sonate spiccano per la genialità dell'invenzione: ad esempio la n.5, con il suo incedere implacabile e le scelta dei timbri più stranianti, ci ricorda le più riuscite “computer music” degli anni a venire. Sì perché in fondo questi suoni, che più manuali e artigianali non si può, spesso sembrano quelli elettronici che vengono creati seviziando sinusoidi e logaritmi.

Un'ultima annotazione: all'inizio di questo scritto avevo parlato di rischio per la poesia. Nessun rischio, anzi, questa musica ne è intrisa. Piena di candore ed emozione. I puristi se ne faranno una ragione, del resto non siamo obbligati a scegliere tra Chopin e Cage, possiamo prenderli entrambi.

John Cage e il Bosone di Higgs di Nicola Cisternino 

Non era certo immaginabile un evento 'sincronicistico' nell'accezione quantistica più esplicita - ovvero quella psicofisica elaborata da Jung e da Pauli - più rivelatore e casuale, per ricordarci quest'estate il centenario della nascita (ma anche della morte) di John Cage (Los Angeles 5 settembre 1912 - New York 12 agosto 1992). La scoperta del bosone di Higgs, senza scomodare espressioni ed orpelli linguistici del marketing scientifico ci ricorda che per John Cage, come lui stesso insistentemente ci sottolineò fino ai suoi ultimi giorni, riprendendo l'amato Ananda K. Coomaraswamy, l'arte cambia perché cambia il nostro concetto sul modo in cui opera la natura. 

La prospettiva organica (quella ispirata da Thoreau e spazializzata nell'architettura da Wright per stare all'animus statunitense, di cui Cage fu fra i più fertili promotori ma che rimanda alla connessione 'sistemica' di Leonardo da Vinci) sposta completamente l'orecchio, oltre che lo sguardo, alle processualità (anche del suono come parte del tutto organico) della materia in quanto intelligenza prima che all'uomo si svela e dialoga, nel suo pieno senso relazionale, con le facoltà umane prime, ovvero quelle dell'intelligenza corticale e sistemica specifiche della nostra specie. Se il nostro modo di guardare sarà costituzionale della nostra visione, il nostro modo di ascoltare lo sarà della musica, così l'immagine della realtà sarà frutto della nostra mente. 

Dall'uno al tutto, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande passando innanzitutto per l'apertura (accoglienza) al diritto di tutti i suoni ad essere ascoltati' (J.C.) secondo nessi e relazioni principalmente casuali. L'apertura al caso nella puntuale differenziazione operata da Cage tra Alea (apertura agli infiniti possibili di qualsiasi evento in connessione spaziotemporale) da lui perseguita […] Il silenzio non è acustico, è un cambiamento della mente, un mutare direzione. Dedicai la mia musica al silenzio. Il mio lavoro divenne un'esplorazione della non intenzione. 

Per portarlo avanti fedelmente avevo sviluppato un complicato modo di comporre utilizzando le operazioni casuali dell'I-Ching, facendo sì che la mia responsabilità consistesse nel porre domande invece che nel fare scelte. […] Il silenzio non esiste. Il silenzio è una diversa condizione mentale. Nel silenzio ci sono tutti i rumori che ci sono. L'ascolto con molta cura. In generale mi piace ascoltare, mi piace così tanto che non smetto mai. 

Penso che a chiunque piaccia il suono ami il silenzio che è pieno di suoni. (John Cage) John Cage, 1992 (foto di Steven Speliotis) 88 finnegans e Improvvisazione (la riproposizione più o meno conscia di stereotipi e schemi ripetitivi), rappresenta quell'apertura, vero e proprio cambio di fase paradigmatico, che apre l'esperienza umana all'indeterminato, ovvero a quel processo che nella fisica quantistica (un mondo nel quale le particelle non sono sferette che si muovono, come vorrebbe continuare a farci credere una rappresentazione deterministica della materia, ma relazioni statistiche fra eventi e flussi energetici) Werner Heisemberg formulò nel suo celebre principio, d'indeterminazione appunto, che recita: «Nell'ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l'accadere (all'interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso». 

Ovvero, dovendo descrivere con termini classici il mondo atomico, possiamo farlo solo con l'interconnessione di coppie concettuali che non possono essere definite precisamente nella loro simultaneità. Quanto più insistiamo su una polarità della coppia, tanto più l'altra sarà incerta, indeterminata, per cui, a seguire, l'interconnessione quantistica si completa con la nozione di complementarietà di Niels Böhr in cui la manifestazione corpuscolare e ondulatoria, fino ad allora considerate contrapposte, della materia sono descrizioni complementari della stessa realtà. Principi fondanti dell'arte di Cage a cui egli vi arriva con la settima stella dell'immaginazione', come direbbe Paracelso, promuovendo la pratica della musica come disciplina per quietare la mente e disporla agli influssi divini', secondo l'insegnamento della musica indiana rivelatogli da Gita Sarabhai. “Quando viene formulato un giudizio di valore, questo non esiste al di fuori ma unicamente all'interno della mente che lo crea. 

Quando si dice che qualcosa è buono e qualcos'altro non lo è, di fatto viene presa una decisione allo scopo di eliminare certe cose dall'esperienza. Secondo Suzuki, lo zen richiede che questo tipo di attività dell'Io diminuisca a favore di un incremento dell'attività che accetta il resto della creazione. Io decisi - piuttosto che intraprendere il percorso prescritto nella pratica formale del buddismo zen, cioè la postura a gambe incrociate, la respirazione, e tutto il resto - che la disciplina a me congeniale sarebbe stata quella a cui già mi dedicavo: fare musica. 

E che l'avrei fatto con mezzi altrettanto rigorosi quanto la posizione a John Cage a Venezia (foto di Roberto Masotti) John Cage e David Tudor in Giappone, 1960 (John Cage Trust) 89 Sonopolis gambe incrociate, ovvero l'uso delle operazioni casuali e lo slittamento delle mie responsabilità dall'atto di fare delle scelte a quello di formulare delle domande ” (J. Cage). Se sui processi casuali ispirati all'IChing Cage ha parlato lungamente poiché, e non poteva essere altrimenti, altrettanto lungamente frainteso, molto si è rielaborato sul piano critico-musicale, dovendo riportare comunque in un orizzonte linguistico de-finito - quello dei suoni e della musica - processi e comportamenti' esecutivi (a cominciare proprio dalla pratica del concerto, ad esempio) dei nostri modelli sociali. 

La coincidenza dell'interesse di Cage per il libro sapienziale cinese, originatosi dalla vicinanza a Daisetz Suzuki giunto tra il'46-47 alla Columbia University, corrisponde, per rimandare allo spunto 'sincronicistico' iniziale, all'interesse che lo stesso libro ricoprì nei processi di consapevolezza collettiva' archetipica iniziali che Carl Gustav Jung ritrovò nelle pratiche simboliche de Il segreto del fiore d'oro a cui seguì l'I-Ching, la cui edizione in occidente riporta una sua illuminante prefazione da noi tradotta nell'edizione Adelphi. 

Lo spostamento paradigmatico dalla causalità degli eventi, in quanto rigida ideologia costituzionale dell'orizzonte deterministico nel quale continuiamo ancora ciecamente a muoverci e a pensare, a quello a-causale delle connessioni non locali - direbbe David Bohm con Krishnamurti - vede l'azione, oltre che l'opera sociale di Cage attraverso i suoni, votata a quei processi auto-generativi e di autogoverno fondati sulla ricerca di livelli di coerenza (e dunque compatibilità) interni ai sistemi che la fisica quantistica definisce come boatstrap, vocazione che in Cage assume i caratteri di un profondo e disciplinato rigore anarchico dell'individuo. 

Vocazione ancor più profetica e illuminante nell'anno di questo suo centenario, poiché con il suo iconico e sonoro sorriso Cage ci invita ad uno scatto neuronale evolutivo che riporti la specie umana a rientrare nella sua attitudine prima, quella dell'esercizio e della disciplina mentale, ed evitare, per dirla con il titolo dato al suo diario ripreso da una storiella di Chuang-tzu, di continuare a pensare a: 'Come migliorare il mondo (Peggiorerai semplicemente le cose)'. […] Ho i miei dubbi sulla comunicazione. Spesso una domanda o un'affermazione nel trasmettersi da una persona all'altra cambia completamente. […] Ancora non abbiamo scoperto il modo giusto di comportarci. L'atteggiamento che funzionerà sarà caratterizzato dall'intelligenza, dall'umanità e dal rispetto della natura; non solo rispetto, ma comprensione e cooperazione con il modo in cui opera la natura. 

Bisogna, in altre parole, pensare al mondo in cui viviamo come un posto non da distruggere ma con cui collaborare (J. Cage, 2012). * Sonopolis è il nome di un progetto di rete sulla musica contemporanea realizzato a Venezia dal 1990 al 2001, ideato e curato dall'autore in co-produzione tra l'Associazione Sonopolis e il Gran Teatro La Fenice ed altre istituzioni del territorio Omaggio di Luciano Berio a John Cage... lo pensavo intoccabile, come il rumore del vento, degli aeroplani, del mare, del traffico e degli uccelli, perché l'ho sempre amato e ammirato, e perché mi lega a lui una vasta e quasi soffocante quantità di ricordi, grandi e piccoli, pubblici e privati. Con John Cage muore un santo, un giocoliere, un eroe, un inventore, un umorista, muore cioè uno dei grandi uomini di questo secolo, che ha potuto combinare e sublimare con rigore e purezza i segnali e le impronte di percorsi tanto diversi. Sorridendo. Luciano Berio (da La Stampa del 14).

 

 

 

 

CAPITOLO 5 

IL VOLO INTERIORE 

Questo brano è scelto dalla seconda e per ora ultima suite di jazz fuori luogo sotto intitolata “Il volo interiore” il testo e le liriche originarie sono del 2012, ma vocalmente sono reinterpretate e re-improvvisate, nel 2017, aggiungendo l'elemento del volo; la storia di questo lp forma un concept album che narra di un uomo che viene isolato dalla società e dalla sua ragazza, finché nel momento più difficile della sua vita, trova un libro segreto che prometteva al protagonista di volare (prendendo chiaramente spunto dal film americano Birdman, anche se con qualche differenza).

Tecnicamente il brano è un'improvvisazione su una batteria jazz molto dinamica 
dove vi sono parecchi stacchi e parecchi tempi dispari sia sciolti che di polso... per il basso è stato usato un basso fatto in liuteria (da un venezuelano amico di un mio amico precisamente) il basso è stato registrato in presa diretta con una scheda audio Motu MKII 828 Made In Japan, via jack dall'input all'output, qui ho usato un plug in molto famoso per gli strumenti a corda elettrica e non: Guitar Rig della Native Instruments, ho modificato il preset container che non è altro che un ampio reverbero... per quanto riguarda la chitarra ho usato una eco acustica economica che con il cambio delle corde rende molto di più in quanto a dinamica del suono, vi è molta improvvisazione dentro la traccia come dovrebbe essere nel jazz (anche se rispetto alla prima suite di jazz fuori luogo sotto intitolata estasi divina risulta avere un suono più dark/jazz tendente alla musica classica e meno jazz rock fusion) tutto ciò sempre con Guitar Rig, usando questa volta il preset psycotika, proprio per usare la psichedelia: un fondamentale e chiaro elemento degli strumenti a corda.


La voce, infine è la parte più elaborata dei miei brani prima di tutto ho usato un microfono AKG a condensatore semi economico: il PERCEPITION 120, non uso né asta e né antipop per la registrazione, non perché non sappia montare il microfono su un'asta ma per un fatto di comodità delle corde vocali e dei muscoli diaframmatici, io mi devo sentire libero di saltare e muovermi come voglio per intonare le mie liriche... come effetti ho messo dentro un compressore un equalizzatore grafico ed uno parametrico, un po' di eco e tanto reverbero, ma la cosa più importante che mi differenzia da altri gruppi e il modulatore di frequenza sulla voce... che può essere il chorus o il flanger..da un po' di tempo, uso l'ensemble (SEMPRE UN MODULATORE DI FREQUENZA) di Logic PRO X che mi da più modi di modulare la frequenza del suono;cambiandogli l'impostazione se non addirittura (nel limite del possibile l'intonazione) da far notare che tra i tanti effetti ci sono anche tante tracce messe in fase con una traccia semplice senza effetti o almeno con un semplice compressore il risultato è la canzone “il volo verso il sole” la traccia, finale di jazz fuori luogo 2 con video 4k annesso.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 6 

IL CAMPIONE

 

Il Campione è una cover di Franco Califano (Il Prèvert di Trastevere), artista famoso per la sua vita piena di eccessi, la canzone è stata ideata e scritta nella fine degli anni 70 e riproposta nell'album che andò a “Sanremo 2005”: NON ESCLUDO IL RITORNO.

Non avendo un file originale midi (un karaoke midi che ti da TRACCE SEPARATE) del brano ed essendo quasi del tutto autodidatta è stata difficile per me idearla: per prima cosa ho acquisito la canzone originale in file wav poi l'ho passata in Ableton Live 9 e dico il 9 cioè l'ultimo perché è l'unico che ti dà la possibilità di trasformare un file wave in un file midi cosi ho esportato l'armonia in file midi; (cosa che ti fa solo ableton live 9 per MAC o altri programmini dedicati per windows)dopo di che la traccia midi dell'armonia l'ho importata in Logic Pro X e l'ho duplicata in varie tracce: una che fa il basso, una che fa la melodia E COSI VIA... ma il risultato ancora non mi soddisfaceva, quindi ho tentato qualcosa di più originale, miscelando vari file midi con la traccia audio con cantato annesso, il tutto sopra le varie tracce midi. Tuttavia, il problema in quel momento era la voce di Califano che si sarebbe sovrapposta alla mia, allora ho azzardato il tutto per tutto con gli effetti della fase, di fatti questo era un problema che mi affliggeva da tempo come fare una cover senza saperla suonare in note ma “ingegnerizzata matematicamente” avevo sentito parlare di preset di plug in che ti eliminano la voce di un brano cantato come audition e audacity, ma non funzionavano un granché; difatti la canzone rimaneva uguale quindi ho usato l'effetto phase distortion di Logic Pro X cercando di eliminare la frequenza fondamentale della voce di Califano e il gioco è stato fatto... a quel punto mi è bastato aggiustare i synth midi e cantare con la mia voce il brano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 7

14th AVRIL

IL Brano di Aphex Twin: Avril 14th è stato registrato su un Disklavier Yamaha: un pianoforte acustico Yamaha;predisposto per accettare dati MIDI, il che significa che puoi scrivere sul computer e far eseguire un piano acustico: al giorno d'oggi (siamo quasi nel 2020), sembra una cosa normale... il fatto è che Aphex Twin, ha basato la sua carriera, proprio, su questo tipo di studio… di fatti se sentiamo 14th Avril possiamo ascoltare tutta la sua tecnica e bravura acquisita dagli anni 80 ad oggi nel programmare dal computer e remotare sullo strumento… il brano risulta scorrevole e pop come se lo avesse studiato ed eseguito un ragazzino di 13 anni che inizia a studiare il piano... Aphex Twin è famoso proprio per questo... si dice che sin da piccolo avesse l'istinto di far suonare i rumori poi con il tempo e gli studi di ingegneria, ha cominciato dalla sua Inghilterra a studiare la musica ambient di Brian Eno, il silenzio e lo studio del piano preparato di John Cage e il maestro Karl Heinze Stockausen che ha anche incontrato davanti alla stampa a confermare il fatto che lui non è solo un dj ma un pioniere della nuova musica elettronica.

Passando al mio lavoro ho cercato di eseguire l'accompagnamento sia vocale che violinistico di 14th Avril... il mio risultato è un canto mistico quasi da chiesa per quanto riguarda la voce... mentre per il violino ho usato un microfono dinamico a pulce da attaccare manualmente alla cassa armonica dello strumento... quindi la microfonazione è stata semplice… ma la buona ripresa di un violino applicato alla musica elettronica dipende molto dal software... ho usato Ableton Live poiché dopo tentavi con il Logic con i più disparati plug in, non riuscivo proprio ad ottenere un violino frizzante e allo stesso tempo dinamico.

Questa è la mia seconda versione di 14 Avril, nella mia carriera, dove ci sono ben due tracce di violino separate più quella della voce non presente nell'originale di Aphex Twin... gli effetti usati sul violino sono stati il Simple Delay di Ableton con un wet del 33% e un feedback del 66 % con tempo di rilascio di note dispari 3/8… equalizzatore grafico e compressore multibanda... in questo modo il suono del violino si dilata e si espande fino a creare un ambiente magico che si incastra con la voce che passa dalle cripto-melodie infantili degli studi di Demetrio Stratos al quasi canto gregoriano nelle basse frequenze vocali. 14th Avril rimane una delle cover più ambita non solo di Aphex Twin ma tra tutti i compositori e dj di musica elettronica Post Kraftwerk / Brian Eno /Jean Michelle Jarre la si esegue dal jazz, alla musica classica per orchestra, fino al “semplice remix”. 

Io l'ho voluta fare sul lavoro originale con appunto il violino e la vocalità senza testo un po' come i lavori di Ennio Morricone con Edda dell'orso: basati su scale vocali ma senza testo… solo espressività e interpretazione che suscita spazio alle emozioni più immanenti. senza dare un ma o un perché al testo poiché il brano originale è senza testo… cercando di rispettare l'idea d'origine di Aphex Twin dandogli in più l'elemento romantico e pitagorico della corda del liuto. Creando, quindi, un giusto compromesso tra storia e innovazione tecnologica.

 

 

 

CAPITOLO 8

IL POETA DALL'INFERNO - CHE TUTTO SIA COME IL CAOS

Il Poeta Dall'Inferno è il mio ultimo progetto metal: molto innovativo perché cantato in italiano... di band italiane che fanno metal ce ne sono, ma, tutte hanno lo stesso “problema” cantano in inglese… io ho voluto cantare in italiano dopo che ho sentito una nuova band toscana: “I Colonnelli”... anche se rispetto a loro il mio cantato è ancora più metal... i Colonnelli di fatto hanno una linea vocale abbastanza melodica... ho già pronti 10 brani per questo progetto... quello che presento in questa tesi è “Che tutto sia come il caos” un pezzo metal grindcore; la batteria è programmata in 220 bpm quindi velocissima, anche se sappiamo che i numeri: in matematica come in musica sono relativi perché con un computer o drum machine puoi arrivare a 220 Bpm di metronomo ma per aggiungere più trigger o meno trigger basta dimezzare o raddoppiare i bpm tramite un semplice calcolo matematico... la batteria è piena di stacchi ed è veloce all'inverosimile, non so se un batterista vero ci riuscirebbe... mentre per la chitarra ho usato l'Electric Guitar EKO DV 20... accordata ad orecchio ma molto bassa di tonalità, con una logica ben precisa non l'ho accordata con il tuner in RE... ma abbassando ancora di più le accordature con 2 preset in tempo reale di guitar rig: il mezone sarebbe l'emulazione del pedale analogico della boss chiamato appunto metal zone usato molto dagli anni 80 fino ad oggi.

Quindi la chitarra suona in maniera secca, distorta e poderosa. Per il basso ho usato sempre il mio basso di liuteria facendogli lo slapping in molte delle sue note (soprattutto nel finale)… per gli fx di sottofondo ho usato una tastiera controller midi: la m-audio air mini (2 ottave) più una altra master keyboard sia midi che audio a 5 ottave... la voce è, come sempre, la cosa più elaborata: ho usato il neewer 700 come microfono a condensatore... anche se economico quest'ultimo risulta avere un suono molto graffiante: adatto alle distorsioni che si usano nel metal... come effetti ho usato il delay designer di logic pro x con il ritardo di 1/8, più il distortion 2 per la distorsione, il modulatore di frequenza ensemble con otto voci in chorus in effetti di fase, ed infine il pitch shifter solo sulla traccia di voce effettata... lasciando come al solito un canale con voce normale quindi compressore ed equalizzatore proprio per far capire il testo, cosa molto importante nel metal soprattutto se cantato nella tua lingua.

All'inizio è stato difficile cantare metal in italiano (molto di più dell'inglese dove si usano parole molto contratte e meno vocali)..non penso ci sarei riuscito 5 o 6 anni fa... ma le cose cambiano le corde vocali sono muscoli che più le alleni più diventano potenti... poi per il resto dell'album ho cantato, con sempre meno difficoltà e stancandomi sempre di meno (usando le tecniche dei monaci tibetani)... .sono contento di questa canzone e di questo progetto perché sono stato uno dei primi a suonare metal italiano ma soprattutto a cantarlo nella nostra lingua... perché a differenza dei Colonnelli la mia voce va sia in growl (ciò è urla basse di frequenza) che in screaming (Alte di frequenza... più l'altra tecnica usata dagli slipknot di urla secche e distorte che vengono sia dalla gola che dal diaframma.

 

 

 

CAPITOLO 9

Donnie Il Gioielliere

Donnie il Gioielliere (il nome è un chiaro riferimento all'epoca della fine del proibizionismo) è il mio primo brano con la tromba, il mio nuovo strumento classico e lo suono da circa 2 mesi ma, complessivamente l'ho provato a registrare 4 o 5 volte... questa è la mia prima registrazione in assoluto con la tromba... tutto è nato dal jazz e dalla voglia di fare un brano con la chitarra acustica; mi serviva l'ultimo brano per jazz fuori luogo 2, la prima cosa che ho fatto è stata quella di scaricare una batteria che non mi desse problemi di copyright (quindi con delle percussioni che fossero a note indeterminate). Navigando su Youtube mi sono imbattuto in alcuni assoli di batteria e alla fine ho trovato un’esibizione live molto impressionante, di una leggenda del jazz (almeno per quando diceva Youtube e quando in effetti ho potuto apprezzare anche io):  Gadd Weckl Colaiuta… ho scaricato l'assolo di batteria... sembrava impossibile mettere una chitarra acustica lì sopra, almeno accordata in MI, di fatti non ci riuscivo... quindi ho cercato di cambiare l'accordatura, ad orecchio, è un po' difficile da spiegare come l'ho accordata; purtroppo io seguo una certa logica uditiva (è come se il mio orecchio fosse assoluto quando voglio accordare qualcosa, ma essendo quasi del tutto autodidatta con gli strumenti a corda finisco per dimenticare tutto se non uso un accordatore (tuning per segnarmi le note - questo mi accade anche per la chitarra elettrica, basso e violino). Ma oramai secondo il mio orecchio, l'accordatura era definita ed ho incominciato a suonare sulla batteria. Durante l'esecuzione non avevo plettri (alla fine sono stato soddisfatto dell’esecuzione così come l’ho realizzata), ha richiesto molto impegno, arrivando a suonare con tutte e 5 le dita della mano destra per 5/6 minuti.. 

Il pezzo mi piaceva ma non era assolutamente completo: così passando per un negozio di strumenti musicali mi soffermo su alcuni strumenti a fiato: gli ottoni. Era da un po' che sognavo di acquistare questi strumenti, attraverso i quali intendevo completare e dare una coloratura Jazz Fuori Luogo 2. La tromba mi piacque e la comprai. La suonai in Donnie Il Gioielliere. Non fu così difficile microfonare la tromba, un equalizzatore grafico con molte basse frequenza ed un delay con ritardo “slow” di 1/8... più il solito compressore... ho notato in seguito in altre registrazioni che una buona microfonazione della tromba la si può avere anche con degli effetti di modulazione di frequenza della fase (come l'ensemble di Logic Pro. Alla fine sono stato contento di quell'acquisto, del brano e di essere passato ad un altro strumento classico, dopo il violino che suono da circa 2 anni. 

 

 

 

 

 

 

 

CONCLUSIONI

“Un Gioco Antico Diventato Calcolo Moderno” 

Che cosa accomuna Pitagora (di cui si dice essere una divinità equiparabile a Gesù, Mytra o Krishna) a quello che ora è diventato un computer (un calcolatore)? L'amore per la musica e per la sapienza che ogni cuore ha! Ma tutto ciò ha portato la musica in un ruolo ambiguo e contraddittorio, poiché si è passati da divinità (quindi da un essere immortale e che quindi ha l'anima, o quanto meno crea i presupposti per conservare l'immortalità dell'anima) ad una “cosa” che non ha cuore e quindi neanche anima, come il computer, il calcolatore. 

Allora è reale l'incubo che le macchine finiranno per possederci? 

Secondo me possiamo correre questo rischio: Pitagora ha dato a noi questa sapienza che è ancora più antica di Lui (infatti tutte le sacre scritture dicono “vi fù il verbo” e cosi nacque l'universo) 8.000-5.000 AC (i Veda e l'Antico Testamento)! Ma l'uomo non è contento per indole, o almeno è deluso e inappagato della propria esistenza e ha sempre avuto voglia di “nuovo”:  ha voluto coltivare la terra, poi il teatro e la musica, le leggi, i grandi filosofi e i rivoluzionari, i poeti, i santi e i navigatori, le guerre. Ora nel nuovo millennio le macchine. 

Ma la situazione è peculiare negli ultimi decenni, i computer sembrano dare impulso ad una nuova rivoluzione industriale. Procedendo di questo passo, con le nuove tecnologie, da 5 miliardi di persone sulla terra, nel giro di 28 anni siamo passati a 9 miliardi di persone. Siamo in tanti ma le macchine potrebbero non consentire a tutti di avere un lavoro e di poter sostenere la propria vita come si poteva presagire in passato. Le macchine avrebbero dovuto liberarci dai compiti di fatica e dai tempi e ritmi esasperanti di lavoro, mentre al contrario ci relegano ad un ruolo marginale nel sistema produttivo, quasi superfluo. Tuttavia - come sottolineato in precedenza - non sembra condivisibile la proposta di Bill Gates di tassare i robots.

Squarepusher e Aphex Twin che programmano la musica non eseguendola - se non tramite le macchine - sembrano fomentare questo tipo di marginalità dell’esecutore: tutto ciò ci fa pensare che stiamo assistendo alla seconda rivoluzione industriale. 

La fisica quantistica - una scienza che io reputo più vicina alla musica e all'arte in generale - afferma che il tempo non esiste e che il vuoto è energia, quindi frequenze. Ma ora rischiamo di oltrepassare il limite consegnando la ragione ad uno strumento - il calcolatore - che di per sé appare ancora piuttosto “ottuso” nel confronto con l’intelligenza e con l’animo umano.

Per Steven Awking le macchine finiranno per “impazzire” o ribellarsi, il calcolo – finalizzato al raggiungimento di obiettivi per lo più commerciali - diventa sempre più veloce, inanimato, privo di profondità o di remore (ne sono esempi i social network, la creazione di fake news, il caso Anonymous e il caso Blue Whale).

Non consegniamo la musica agli ingegneri, ai fisici, ai matematici o agli scienziati che pensano di appropriarsi del verbo primordiale creando una macchina che fa musica: esso non è un essere vivente, ma un qualcosa di inanimato, privo di emozioni, che non può valutare il pericolo dei suoi stessi calcoli matematici applicati all’espressione artistica o alla vita. 

La musica è ciò che veramente ci fa stare bene: difatti, la risposta alla domanda di Piergiorgio Odifreddi da parte di Karl Heinze Stockhasuen è emblematica, nel momento in cui parla della celeberrima sequenza di Fibonacci, che sta tanto a cuore sia al maestro che a me (1 – 1- 2 – 3 – 5 – 8 – 13 …). Questa sequenza - ricavata addizionando sempre il numero che precede partendo da uno - sta alla base dell’architettura naturale, la così detta “sezione aurea”, da cui si ricavano molteplici geometrie: dalla conchiglia alla galassia, dal tempio greco al disegno – non solo o semplicemente artistico - della Gioconda. 

È da questa sapienza antica e naturale che dobbiamo trarre la nostra forza, il quale, al pari della musica, ha una natura “universale”, trae origine dal verbo dei primordi (un suono) di cui ci parlano tutte le culture antiche, cioè il “non io” che dice:  “io esisto e quindi creo” (che scientificamente può essere definito il big bang) al più piccolo suono ricavato in uno spettrogramma di frequenza.

Col tempo si è passati dall'assoluto al relativo, poiché in ogni nostra singola cellula e/o cuore vi è una fiamma pitagorica, una fiamma divina che ci rende unici ed eterni, che distingue la nostra essenza e la nostra arte musicale da quella prodotta dai robot e dalle macchine. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scheda tecnica microfoni, strumenti e software usati per la composizione

 

Strumenti per la composizione

 

Acoustic Guitar

EKO Ranger Cv 20 EQ

 

Basso 

Liuteria 

 

Electric Guitar 

EKO DV 20

 

Violin

 

Keyboard /Controller Midi

Air mini 32 M-Audio

 

Microfono per voce a condensatore

AKG Perception 120 Condenser Microphone Specifications: 

Capsule: .667-inch true condenser 

Polar pattern: Cardioid 

Frequency range: 20 - 20, 000 Hz 

Sensitivity 18 mV/Pa 

Preattenuation pad: 0 dB, -20 dB 

Bass-cut filter: 12 dB/octave at 300 Hz 

Max. SPL for 0.5% THD: 135 dB / 155 dB (0 / -20 dB) 

Impedance: 1, 000 ohms 

Powering: 48 V phantom power 

Current consumption: < 2 mA 

Output connector: Gold-plated 3-pin XLR-type 

Finish: Metallic blue 

Dimensions: 2.1" W x 6.3" L (53 x 160mm) 

Net / Shipping Weight: 525 g (18.5 oz) / 955 g (33.7 oz) 

Standard accessories: Metal screw-on stand adapter

 

Microfono A Condensatore Per Strumenti e Live

 

Neewer NW-700 Professional Studio Broadcasting & Recording Condenser Microphone Set Including: (1)NW-700 Condenser Microphone + (1)Metal Microphone Shock Mount + (1)Ball-type Anti-wind Foam Cap + (1)Microphone Audio Cable (Black)

 

Due Neewer 700

 

 

 

Bullet Points: 

 

The Set Includes: (1)Black NW-700 Professional Condenser Microphone + (1)Metal Microphone Shock Mount + (1)Ball-type Anti-wind Foam Cap + (1)Microphone Power Cable.

 

The professional condenser microphone adopts the completely new audio circuit. Capture rich, full-bodied sound from sources that are directly in front of the mic. The cardioid pick-up pattern minimizes background noise and isolates the main sound source.

 

The metal shock mount features an angle adjustment with locking knob and can effectively reduce handling noise.

 

The ball-type anti-wind foam cap can protect microphone against wind interference and singers' spit.

The set can be used for karaoke, in sound reinforcement or recording, to pick up voice or instruments, indoors or outdoors.

 

NOTE: 

 

1.The Condenser Microphone only works with the device that could provide enough power(Voltage Required: 5V) for it.

When connected with desktop computer, the Microphone could be used alone;

When connected with laptop computer, please connect the laptop to electrical outlet, or use a 48V phantom power to get enough power if the sound is not clear and high enough.

2.If your device could not provide enough power(when used with Amplifier or Mixer, etc.), the sound volume recorded might be low, and please use a extra 48V phantom power adapter to connect it.(phantom power adapter is not included).

3.The microphone can not be used with mobile phone and tablet computer. NOTE: It cannot work with Mac.

4.If you want better sound effect, a sound card should be used.

5.When recording, please put the microphone away from the amplifier to prevent recording noise due to amplifier.

 

 

(1)Condenser Microphone: 

 

The professional condenser microphone has a cardioid pick-up pattern that isolates the main sound source and minimizes background noise, highlighting the performance with smooth frequency response range for best vocal.

Gold-sputtered diaphragm for accurate sound reproduction.

Low noise, wide dynamic range and high sensitivity output. Widely used in recording studios, radio, stage performances.

Fashionable design. Noble and elegant appearance.Sturdy and durable.

Body Weight: 11oz/316g

Color: Black

Material: Metal

 

 

 

(1)Metal Mic Shock Mount: 

Isolate most studio condenser mics from physical vibration, floor, and stand noise.

(1)Ball-type Anti-wind Foam Cap: 

 

Reduce the occurrence of wind, breath sounds and popping noises.

Keep your microphone clean and help extend it's lifetime.

(1)Power Cable: 

 

Length: Approx. 2.5m/8.2feet

 

Audio frequency bandwidth70 - 20000 Hz

Sensitivity2.6 mV/Pa

 

AKG D5 DYNAMIC

 

Electrical impedance600 Ohms

Recommended load impedance2000 Ohms

Polar PatternSupercardioid

Dimensions

Length185 mm

Diameter51 mm

Net Weight320 g

Design

BodyMetal

Finishdark stage blue

Audio Output

TypeBalanced XLR

GenderMale

Contacts3-pin

Application

Live VocalYes

Live InstrumentYes

Instrument

VocalsYes

Piano / StringsYes

Horns / Woodwinds

 

XXL XS 58

Transducer principle: Dynamic

Polar pattern: Hypercardioid

Capsule description: 25 mm (1?)

Frequency response: 50 Hz - 16 KHz ±2 dB

Sensitivity in free field: -50dB re. 1V/Pa

Total Harmonic Distortion: <0.5% up to 110 dB

Signal/noise ratio (A-weighted): 95 dB

Dynamic range: 130 dB minimum

Output Impedance: 600 Ohm

Connector: 3-pin male XLR

Dimensions: Ø 48 mm x 160 mm

Net weight: 300 g

Gross weight: 470 g 

 

 

JTS TM-989

Type Moving Coil Dynamic

Frequency Response 80~12, 000 Hz

Polar Pattern Cardioid, rotationally symmetrical about microphone axis, uniform with frequency

Sensitivity (at 1, 000Hz) -75dB*(0.18mV)*0dB=1V/μbar 

Impedance 600Ω

 

 

SOUNDCARDS 

 

Scarlet 2i2

44.1 kHz, 48 kHz, 88.2 kHz, 96 kHz, 176.4 kHz, 192 kHz

 

Microphone Inputs

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

Dynamic Range106 dB (A-Weighted)

 

THD+N<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Noise EIN < -128 dBu (A-Weighted)

 

Maximum input level+4 dBu

 

Gain Range 50 dB

 

Impedance 3k Ω

 

Line Inputs

 

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

 

Dynamic Range 106 dB (A-Weighted)

 

THD+N<0.003% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum input level 22 dBu

 

Gain Range 50 dB

 

Impedance 52k Ω

 

Instrument Inputs

 

Frequency Response 20 Hz - 20 kHz ± 0.1dB

 

Dynamic Range106 dB (A-Weighted)

 

THD+N <0.02% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum input level

 

+13 dBu

 

Gain Range

 

50 dB

 

Impedance

 

1M Ω

 

Line Outputs

 

Dynamic Range Outputs

 

106 dB (A-Weighted)

 

Maximum Output Level (0 dBFS) Balanced Line/TRS Outputs

 

+10 dBu

 

THD+N Outputs

 

<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Impedance (TRS Outputs)

 

94 Ω (Balanced)

 

Headphone Outputs

 

Dynamic Range

 

107 dB (A-Weighted)

 

THD+N

 

<0.002% (minimum gain, -1dBFS input with 22Hz/22kHz bandpass filter)

 

Maximum Output Level > +10dBu

 

Impedance10 Ω

Motu 828 mkII

Technicial Specifications

Converters 24-bit

Sample rates 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4, 192 kHz

Analog inputs 2 x XLR/TRS combo-style mic/guitar inputs 

8 x 1/4" TRS line inputs (balanced/unbalanced)

Analog outputs 2 x XLR balanced main out 

8 x 1/4" balanced TRS line out 

2 x 1/4" TRS stereo headphone

Digital I/O 16 channels of ADAT optical at 1x sample rates 

8 channels of SMUX optical at 2x sample rates 

2-channel TOSlink (optical S/PDIF) up to 96 kHz 

2-channel RCA S/PDIF up to 96 kHz

Total I/O 28 inputs and 30 outputs at 1x sample rates 

20 inputs and 22 outputs at 2x sample rates 

10 inputs and 10 outputs at 4x sample rates

Computer I/O 1 x Thunderbolt (compatible with 1 and 2) 

1 x USB 2.0 (compatible with 3.0)

Sync I/O 1 x SMPTE time code in (LTC) 

1 x SMPTE time code out (LTC) 

1 x word clock in 

1 x word clock out

Headphone output 1 x 1/4" TRS stereo phone (assignable) 

1 x 1/4" TRS stereo phone (mirrors main outs)

Phantom power 2 x individual +48V

Front panel 2 x XLR/TRS combo mic/guitar in 

2 x 1/4" TRS phone 

2 x digital rotary encoders • phone/main volume 

2 x digital rotary encoders • mic trim 

4 x switches • Pad and 48V Phantom 

4 x digital rotary encoders for LCD control 

2 x 16 character LCD 

8 x 4-segment ladder LEDs • 1/4-inch analog in 

8 x activity LED • 1/4-inch analog out 

2 x 4-segment ladder LEDs • RCA S/PDIF in 

2 x activity LED • RCA S/PDIF out 

2 x 10-segment LEDs • mic in with V-Limit 

2 x 5-segment ladder LEDs • main outs 

6 x LED • sample rate indicator 

1 x LED • LOCK/TACH indicator 

2 x activity LEDs • optical bank A/B 

1 x activity LED • MIDI in/out 

1 x AC power switch

Power International 100-240V autoswitching supply 

50-60 Hz • 20 Watts

Mac System Requirements

A Mac with an Intel processor

1 GB RAM; 2 GB or more recommended

Mac OS X version 10.6 or later required

Available Thunderbolt or high-speed USB 2.0 (or 3.0) port

USB cable included; Thunderbolt cable purchased separately

A large hard drive (preferably at least 250 GB)

Windows System Requirements

1 GHz Pentium-based PC compatible or faster

1 GB RAM; 2 GB or more recommended

Windows 10, 8, 7 or Vista, 32- or 64-bit; Vista SP 2 or later required

Available Thunderbolt or high-speed USB 2.0 (or 3.0) port

USB cable included; Thunderbolt cable purchased separately

A large hard drive (preferably at least 250 GB)

Included software

CueMix FX

MOTU SMPTE Console

AudioDesk (Mac only, optical CD drive required)

Operating Systems

 

 

 

SOFTWARE 

 

LOGIC PRO X

ABLEOTN LIVE 9.0

GUITAR RIG 5.0

REAKTOR 6.0

TRAKTOR PRO

DIGITAL PERFORMER

WAVES

FRUITY LOOPS

AU PLUGIN APPLE

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA 

 

INTERVISTA A KARL HEINZ STOCKHAUSEN di Pier Giorgio Odifreddi (Novembre 2004)

VARI TRATTATI ORIGINALI - Pierre Shaeffer

WAV: WORLD AUDIO VISION “Il contributo di Pierre Shaeffer alla teoria dell'audiovisione - di Nicola Bizzarro (Università Di Pavia)

www.johncage.it

I NUMERI DELLA MUSICA E LA FORMULA DEL COSMO di Alessio Di Benedetto

ARMONIA E DODECAFONIA CELESTE di Andrea Frova

MONDO MATEMATICO “LA SEZIONE AUREA” Edizioni RBA

LA MUSICA DI PITAGORA di Kitty Ferguson

LE SORGENTI DEL SUONO di Pierluigi Castellano

IL PESO DEL SUONO di Lelio Camilleri

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